Redazione di Operai Contro,
Spesso, su questo telematico, si è parlato, giustamente, dei “salari di merda”, di paghe da fame di varie categorie operaie. Per gli stipendiati le cose non vanno meglio, soprattutto per chi non è ai vertici, non fa parte dei quadri dirigenziali, come gli insegnanti o altri stipendiati statali di livello basso, la paga non segue più il costo della vita: lo stipendio dei professori non viene rinnovato dal 2007 ed è scaduto dal 2009! Praticamente la busta paga di un docente, è rimasta ferma, attestandosi sui 1300 Euro, da quasi dieci anni. Non solo, negli ultimi tempi non sono stati adeguati gli scatti di anzianità previsti, con la scusa del debito pubblico e della crisi economica. In definitiva si sta assistendo alla proletarizzazione di quello, una volta, era il ceto medio per antonomasia. A mio avviso, però, il mancato rinnovo del contratto degli insegnanti nasconde problematiche ben più complesse, che coinvolgono l’intera organizzazione del pubblico impiego, ma anche di altri settori produttivi.
LA FINE DEI CONTRATTI UNICI NAZIONALI.
Da qualche tempo, ormai, si sta assistendo alla destrutturazione del salario unico e per categorie. Come ho detto anche in altre occasioni, si sta attuando una campagna mediatica martellante per la corresponsabilizzazione del lavoratore alle sorti delle imprese. Continuamente si è martellati da storie di gente che non compie il proprio dovere di scansafatiche che rubano lo stipendio, o il salario, si fanno generalizzazioni di casi isolati, soprattutto nel settore del pubblico impiego. In definitiva si vuole mettere in soffitta, in modo definitivo, la contrattazione nazionale centralizzata, la paga per il lavoro svolto deve seguire la produttività, non è giusto che lavoratori con produttività diversa ricevano la stessa paga. Dagli opinionisti irreggimentati sembra che la crisi sia stata anche dovuta alla retribuzione immeritata dei lavoratori. La borghesia ha una profonda nostalgia del lavoro a cottimo, della paga legata alla produttività. Tutti devono essere corresponsabili del processo produttivo. Le vicende del contratto dei metalmeccanici rientrano, a mio avviso in questa prospettiva. È chiaro che nel lavoro in fabbrica si possono obbligare i lavoratori ad adeguarsi al ritmo delle macchine, solo a queste condizioni può essere uniformata la paga, ma come si può valutare la produttività del lavoro intellettuale e che ruolo hanno i lavoratori intellettuali, come gli insegnanti, non direttamente coinvolti nei processi produttivi? Ebbene, gli intellettuali possono contribuire attraverso la formazione dell’opinione pubblica, oppure negli apparati burocratici, ma anche nella preparazione “corretta” delle nuove generazioni. Anche loro devono contribuire a sostenere questo sistema, e in questo si misura la “produttività” del lavoro intellettuale.
COSA STA AVVENENDO NELLA SCUOLA.
La BUONA SCUOLA di Renzi sta sdoganando il principio della paga differente e il superamento del contratto unico, un principio che, gradualmente, sarà esteso a tutti i settori produttivi. Allora il mancato rinnovo del contratto della scuola si pone in quest’ottica, differenziare la massa degli insegnanti, pagati con stipendi da fame, da un élite da premiare con integrazioni extra dello stipendio. In questo modo, tra l’altro, si divide la classe dei lavoratori della scuola che ha smesso di mobilitarsi per il raggiungimento di un unico, il rinnovo del contratto e la difesa della retribuzione unica. Gli sprovveduti potranno pensare che forse è giusto pagare di più chi è più preparato e lavora di più, ma i meccanismi per il calcolo del bonus di merito premiano, in realtà, chi è più integrato e più inquadrato, non certo l’insegnante che vuol far sviluppare il senso critico. Tanto per cominciare dal bonus sono esclusi, a priori, i docenti senza una sede fissa, a prescindere dai loro meriti didattici! Considerando che, a regime, saranno i presidi a scegliere il personale della scuola, è facile immaginare che i pochi insegnanti scomodi possono essere facilmente penalizzati anche dal punto di vista economico. Inoltre i bonus di merito sono distribuiti sulla base della produttività delle scuole, sulla loro capacità d’integrazione con il territorio. Allora nelle zone più ricche del Nord gli insegnanti potranno ricevere un’integrazione ben più consistente di quelli del Sud. Infine l’integrazione terrà conto dei progetti proposti, sempre nell’ottica di sostegno alle imprese e non di risoluzione dei problemi collettivi.
COME ANDRA’ A FINIRE?
La difesa del contratto unico della scuola sarebbe stata una lotta da sostenere, anche come principio, è veramente vergognoso che un contratto rimanga fermo per quasi dieci anni ma tra gli insegnanti manca una coscienza di classe e i sindacati di categoria fanno solo finta di attuare delle lotte. Tante volte mi sono trovato a scioperare in solitaria. Il prossimo passo sarà quello di abolire l’articolo 18 anche dal pubblico impiego, già si sta lavorando in tal senso. Solo un’organizzazione che si pone l’obiettivo del superamento del lavoro salariato, come il PARTITO OPERAIO può contrastare questa tendenza in atto.
PIETRO DEMARCO
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