Caro Operai Contro,
dal processo per lo scandalo del Mose a Venezia, le testimonianze rassicurano che la democrazia in Italia funziona. Tutti, politici di destra e di sinistra hanno avuto la loro mazzetta, nessuno è stato discriminato.
Dopo mafia Capitale a Roma e mafia Expo a Milano, un’altra certezza viene dunque dal Mose di Venezia: la par condicio delle mazzette funziona, non discrimina i politicanti di destra e neanche quelli di sinistra. Che bella la democrazia.
Saluti da un lettore
Articolo dal Mattino di Padova
VENEZIA. 08 luglio 2016. Scandalo Mose, parla Baita: «Soldi a tutti, destra e sinistra». Il grande accusatore in aula: aiuti a Orsoni, Brunetta, Cacciari e a tutti i presidenti di Regione da Bernini a Galan, da Cremonese a Zaia.
Finanziavano tutti: «Non c’erano grandi distinzione tra destra e sinistra, il Consorzio Venezia Nuova puntava sulle persone, sceglieva i candidati da appoggiare» ha spiegato uno dei due testimoni chiave del processo per la corruzione del Mose. Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani, è rimasto l’unico, visto che l’altro, Giovanni Mazzacurati, è negli Usa e ormai è stato giudicato incapace di intendere e volere.
Baita ha riferito soprattutto ciò che Mazzacurati gli raccontava, anche se in qualche occasione le tangenti è stato lui a consegnarle, «ma mi è capitato poche volte».
Ha parlato da mezzogiorno alle 18 con un breve intervallo, ma dovrà tornare nella prossima udienza, a settembre, per rispondere alle domande che porranno i difensori, soprattutto quelli dell’ex sindaco Giorgio Orsoni, dell’ex presidente del Magistrato alle acque Maria Giovanna Piva, dell’ex ministro Altero Matteoli, tutti imputati di cui ieri ha riferito ampiamente. Ma non si è tirato indietro e ha affermato che il Consorzio e le imprese associate hanno «dato una mano» anche a Massimo Cacciari per le elezioni a sindaco del 2005, e alla campagna elettorale di Renato Brunetta, candidato contro Orsoni nel 2010.
Nessun finanziamento al filosofo, ma «Cacciari ci chiese una mano per l’affidamento di lavori a due imprese veneziane all’Arsenale» ha sostenuto in aula, poi, durante una pausa, ha aggiunto che si trattava della «Icem» e della «Marinese». A Brunetta, invece, finirono ufficialmente e del tutto legalmente 50 mila euro per la sua campagna elettorale, poi ha rivelato un gustoso retroscena. Dato che Mazzacurati aveva saputo che la Lega Nord non avrebbe sostenuto Brunetta e che quindi non sarebbe riuscito a sfondare, il «padrone» del Consorzio decise di appoggiare e finanziare Orsoni, ma «dovevamo stare attenti a non farlo sapere a Brunetta» ha spiegato, perché lui appoggiava apertamente il Mose, mentre nello schieramento di Orsoni c’erano partiti che non vedevano di buon occhio i nostri interventi.
Su Orsoni, che in questo processo deve rispondere di finanziamento illecito al partito, Baita ha riferito che Mazzacurati gli aveva chiesto di portargli 80 mila euro da consegnare al candidato sindaco del centro sinistra perché aveva difficoltà per la campagna elettorale con i partiti che lo sostenevano: «Allora mandai Nicolò Buson il ragioniere della Mantovani, in Svizzera a prelevarli dal conto, ma tornò con solo 50 mila euro perché c’erano solo quelli. Portai a Mazzacurati i soldi: gli disse che avevo solo quelli e li consegnai alla sue segreteria, quella di Federico Sutto. Incalzato dalle domande del pubblico ministero Stefano Ancilotto, Baita ha precisato che i rapporti tra Orsoni e Mazzacurati erano ottimi e continui, il presidente gli disse che era più affidabile di Brunetta.
«Anche in seguito i rapporti sono stati ottimi, tanto che Mazzacurati ci espose anche a operazioni rischiose, come quella dell’acquisto da parte di Estcapital dell’Ospedale al Mare. La prima asta era andata deserta e allora Orsoni, che doveva chiudere il bilancio del Comune, convocò Mazzacurati all’Hotel Monaco, a cena, e gli disse che la seconda asta non dovevamo farla andare deserta, così offrimmo 80 milioni». Lo stesso sarebbe accaduto per la Coppa America, per la quale le imprese del Consorzio, sempre su richiesta di Orsoni, avrebbero sborsato e perso cinque milioni di euro. Ma Baita ha parlato anche degli stretti rapporti che Mazzacurati aveva con Gianni Letta e con tutti i presidenti della Regione, da Bernini a Galan, da Cremonese a Zaia.
Ha anche spiegato perché lo Stato ha speso almeno 100 milioni all’anno in più dei lavori per il Mose. Le 52 imprese consorziate erano pagate per le sperimentazioni, i lavori, la direzione degli interventi e i collaudi, ma c’era un 12 per cento in più sul prezzo complessivo di ogni intervento che andava al Consorzio, un 12 per cento che lo Stato versava «solo perché il Consorzio esisteva» ha sottolineato.
E quel 12 per cento è stato pagato anche per interventi che nulla avevano a che fare con il Mose, ad esempio per la messa in sicurezza di Marghera. Con quei soldi si formavano i fondi neri per pagare le tangenti, ma non solo, anche per le sponsorizzazioni, «in modo da creare un clima favorevole al Consorzio». Ha diviso le dazioni in fabbisogno sistematico, quello che veniva soddisfatto quotidianamente, e quello necessario per eventi particolari, come le campagne elettorali o per addomesticare una verifica fiscale della Guardia di finanza.
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