leggo con piacere che un operaio nell’articolo “Contro il lavoro”, ricordando il “Chi siamo” di Operai Contro, propone lo scritto di Lafargue: “Il diritto all’ozio” (1880). Un libro che come ampiamente descrive la prefazione (edizione 2015): “ripropone in tutta la sua centralità la questione del lavoro, del suo totale «non senso» se applicazione servile da scimmie del Capitale”.
Marx qualche anno prima col primo libro del Capitale (1867), svelava che tra quelle “scimmie”, gli operai vengono espropriate dal plusvalore che producono, e viene perpetrato il loro rapporto di sottomissione al modo di produzione e subalternità al Capitale.
Il tempo trascorso, ha riconfermato ed evidenziato la validità di quelle analisi.
L’articolo che allego pubblicato sulla Stampa l’8 ottobre 2016, dal titolo “Il lavoro uccide”, descrive i risultati del primo Libro bianco voluto dal governo giapponese. In esso non si parla di operai ma di “lavoratori” e “impiegati”.
Saluti O.V.
La Stampa 8 ottobre 2016
Il lavoro uccide
Un quinto dei lavoratori giapponesi a rischio suicidio per troppo lavoro.
Secondo un sondaggio il 23% di oltre 1700 aziende intervistate ha impiegati che fanno più di 80 ore di straordinari al mese, mentre il 12 per cento registra straordinari per oltre 100 ore.
280 pagine che dimostrano che di troppo lavoro si muore. Il primo libro bianco giapponese che esamina la situazione del karoshi, la morte per troppo lavoro, mette in luce una situazione preoccupante: un quinto della forza lavoro del paese è a rischio infarto o suicidio per troppi straordinari. È stato proprio il Giappone a scoprire il fenomeno, a studiarlo e, dal 1987, riconoscerlo in una diversa categoria di morte da lavoro.
Negli anni in cui il Giappone devastato dalla seconda guerra mondiale si rimetteva in marcia con l’obbiettivo di ricostruire la sua potenza, fu classificato addirittura come una “nuova epidemia”. Si dimostrò che era impossibile per un uomo lavorare dodici o più ore al giorno per sei o sette giorni alla settimana. Anno dopo anno, l’individuo comincia a soffrire di danni permanenti, fisici e psicologici, la cui soluzione estrema è appunto il karoshi, ovvero la morte per straordinari. Nell’aprile del 2008 il paese arrivò a una sentenza storica: un’azienda fu legalmente costretta a compensare un suo lavoratore caduto in coma per eccesso di lavoro con 200 milioni di yen. Dalla fine del 2014 del problema si è fatto carico persino il governo.
Il libro bianco governativo uscito ieri con l’appoggio del premier Shinzo Abe, si basa su un sondaggio tra oltre 1700 aziende e quasi 20mila impiegati realizzato a cavallo tra il 2015 e il 2016. Mette in luce come il quasi il 23 per cento delle aziende intervistate ha impiegati che fanno più di 80 ore di straordinari al mese, mentre il 12 per cento registra straordinari per oltre 100 ore. Le industrie più a rischio sono quelle delle telecomunicazioni e quelle legate alla ricerca accademica. Seguono trasporti e servizi postali. In media comunque il 21 per cento dei lavoratori del Sol Levante lavora 49 o più ore alla settimana contro, ad esempio, le 40 italiane. Lo stress da prestazione è troppo alto e da oggi è lo stesso governo che invita le aziende a migliorare le condizioni lavorative e a non chiedere ai loro impiegati di lavorare più del dovuto.
Ormai le morti per troppo lavoro nel paese sono centinaia ogni anno con conseguenti cause in tribunale e campagne di sensibilizzazione. Nel 2015 i famigliari di 93 morti per karoshi contro i 96 che hanno fatto causa sono stati compensati, ma si pensa che il numero sia molto più alto. Nello stesso anno, ad esempio, le forze dell’ordine hanno registrato 2159 casi di suicidio per problemi legati al lavoro. L’obiettivo dichiarato del governo per il 2020 è quello di fare in modo che solo il 5 per cento della forza lavoro superi le 60 ore a settimana e che gli impiegati usufruiscano almeno del 70 per cento delle ferie pagate a cui hanno diritto. Si vogliono anche promuovere nelle aziende consulente psicologiche e gruppi di auto-aiuto.
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