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Trump presidente: Ancora una volta, «la legalità ci uccide» Il vero volto della democrazia
L’ elezione di Trump ha portato allo scoperto i nervi delicati della sinistra democratica, svelando la sua imbelle e imbecille presunzione.
La sinistra è il lato bello e impossibile della democrazia. Il lato oscuro è la destra che NON è democratica, dovremmo saperlo. Tutte le volte che il gioco si è fatto duro, la destra democratica ha detto: «La legalità ci uccide»[1]. E via un bel colpo di Stato! Lo hanno fatto nel 1881 in Francia, 1922 in Italia, nel 1933 in Germania, nel 1958 in Francia, nel 1973 in Cile …
E le sinistre stavano e stanno a guardare, conniventi obtorto collo. Per loro, è il meno peggio, di fronte a possibili insorgenze proletarie. Il conto della repressioni e dello sfruttamento, lo pagano i proletari. Così è e così è stato. Fino a oggi. Forse. Quanto sta avvenendo negli Stati Uniti, forse, segna un’inversione di tendenza.
Il 46,9 degli elettori Usa NON ha votato.
Hillary Clinton ha avuto il 25,6% dei voti, Donald Trump il 25,5%, Gary Johnson (Libertaria Party) il 1,7%. Altri partiti minori (una ventina) hanno avuto circa 2milioni di voti (meno dell’1%).
In poche parole i due soggetti in questione rappresentano ciascuno un quarto degli elettori statunitensi.
Per avere queste informazioni, basta Internet:
Ma pennivendoli e politologi in servizio permanente effettivo (soprattutto in Italia) non si abbassano a tanto … Preferiscono vivere nel loro magico mondo. Tanto qualche citrullo che abboccano lo trovano sempre. Finché dura.
Ragionando un po’ più alla grande, queste riflessioni mi piacciono:
c è un gran parlare degli operai che avrebbero votato trump, della classe dei salariati che in italia vota lega che è razzista e populista rozza ignorante. le aristocrazie le elite i ceti medi i politici di mestiere i giornalisti servi i leader politici riformisti hanno trovato il capro espiatorio per l ondata di reazione: la classe operaia, rozza sporca e cattiva! infatti questi soggetti condividono lo stesso disprezzo “borghese” verso il proletariato a partire dai suoi gusti o nn gusti culturali. è evidente che la classe operaia occidentale non sa bene cosa fare ma è altrettanto evidente che è stanca del “progressismo” di sinistra a cui è stato ridotto l agire politico. è così demonizzata la classe dei salariati che qualche illustre barone l ha pure sostituita con altri soggetti politici peccato che respirano solo sulla carta. però l opera di demonizzazione è completa. ha lavorato bene il capitalismo
È vero che le tendenze popolari irrazionali a volte esigono discrezione e ci impongono di prendere delle precauzioni. Ma per quanto possano essere potenti, non sono forze irresistibili. Esse contengono le loro proprie contraddizioni. Il fatto di aggrapparsi ad un’autorità assoluta non è necessariamente un segno di fede assoluta nell’autorità; al contrario, può essere un disperato tentativo di reprimere i propri dubbi crescenti (come la contrazione convulsiva di un’impugnatura scivolosa). Le persone che si uniscono a gangs o gruppi reazionari, o quelle che vengono adescate e coinvolte in culti religiosi o che cadono nell’isteria patriottica, cercano anche di provare un senso di liberazione, di partecipazione, di comunità, per trovare uno scopo e dare un significato alla loro vita, e per godere dell’illusione di avere un qualche potere sulla propria esistenza. Come lo stesso Reich ha mostrato, il fascismo dà un’espressione particolarmente vigorosa e drammatica a queste aspirazioni fondamentali, ciò spiega il motivo per il quale esso esercita con frequenza una potente attrazione e possiede un fascino più profondo rispetto alle esitazioni, ai compromessi e alle ipocrisie del progressismo liberale e del sinistrismo.
A lungo andare, l’unico modo per sconfiggere e dirottare la reazione è quello di esprimere più francamente queste aspirazioni, e di creare delle opportunità più autentiche per realizzarle. Quando i problemi basilari sono messi in luce e le questioni fondamentali vengono costrette a venir fuori allo scoperto diventando di dominio pubblico, le irrazionalità che sono fiorite sotto la copertura della repressione psicologica tendono ad indebolirsi, come dei germi portatori di malattie quando sono esposti alla luce del sole e all’aria fresca. In ogni caso, anche se non riusciamo a convincere nessuno, c’è almeno una certa soddisfazione a lottare apertamente per quello in cui crediamo veramente, ed è sempre meglio che rimanere sconfitti in una posizione di esitazione e di ipocrisia.
Esistono dei limiti sul grado di liberazione raggiungibile e sulla misura in cui una persona può liberarsi (o crescere dei bambini liberati) all’interno di una società malata. Ma se Reich aveva ragione nel notare che psicologicamente le persone represse sono meno capaci di immaginare la liberazione sociale, non è però riuscito a rendersi conto di quanto il processo di rivolta sociale possa essere psicologicamente liberatorio. (Si dice che i psichiatri francesi abbiano lamentato un calo significativo del numero dei loro clienti nel periodo successivo al Maggio 1968!)
L’idea di democrazia totale fa sorgere lo spettro di una “tirannia della maggioranza”. Dobbiamo riconoscere che le maggioranze possono certamente essere ignoranti e bigotte, su questo non c’è dubbio. Ma l’unica vera soluzione è quella di affrontare direttamente questa ignoranza e questo bigottismo e tentare di superarli. Mantenere le masse all’oscuro lasciandole nella loro cecità (affidandosi a giudici liberali per proteggere le libertà civili o a legislatori moderati per far passare discretamente alcune riforme progressiste) può solo condurre a delle reazioni popolari brutali quando queste questioni delicate vengono finalmente a galla.
Tuttavia, se esaminiamo più da vicino le situazioni in cui una maggioranza sembra aver oppresso una minoranza, scopriamo che nella maggior parte dei casi ciò non sia a causa del dominio della maggioranza, ma è dovuto al dominio mascherato di una minoranza in cui l’élite dominante gioca sulle differenze e su tutti gli antagonismi razziali e culturali possibili, qualunque essi siano, allo scopo di deviare le frustrazioni delle masse sfruttate dirigendole una contro l’altra. Quando le persone avranno finalmente ottenuto un vero potere sulla propria vita, avranno molte cose più interessanti da fare che perseguitare le minoranze.
Sono talmente tanti i potenziali abusi o disastri che vengono evocati all’idea di una società non gerarchica, che sarebbe impossibile rispondere a tutte le obiezioni relative al fatto che tali problemi potrebbero verificarsi nell’ipotesi eventuale di un avvento di tale società. Le persone che con rassegnazione hanno accettato un sistema che ogni anno condanna alla morte in guerre e carestie milioni di altri esseri umani e loro simili, e condannandone milioni di altri alla prigione e alla tortura, improvvisamente si lasciano trasportare dalla loro immaginazione e si scandalizzano al pensiero che in una società autogestita ci potrebbero essere alcuni abusi, qualche violenza o coercizione o ingiustizia, o anche solo un po’ di disagio temporaneo. Si dimenticano del fatto che non spetta a un nuovo sistema sociale risolvere tutti i nostri problemi; ma semplicemente si tratta di regolarli meglio di quanto faccia il sistema attuale — e fare ciò di sicuro non è un’impresa titanica ed impossibile.
Vedi anche:
Un feticcio di «working class»,
ovvero: il mito razzista
dei «proletari che votano Trump»
[1] La légalité nous tue. La frase è di Odilon Barrot, primo ministro francese, designato dal Presidente della Repubblica Luigi Bonaparte, che era stato eletto a suffragio universale con maggioranza schiacciante il 10 dicembre 1848. Barrot la pronunciò il 29 gennaio 1849, quando propugnò, innanzi all’Assemblea Nazionale Costituente, una serie di misure eccezionali, una vera e propria legge polivalente contro gli estremismi «di destra e di sinistra», monarchici legittimisti da una parte, socialisti estremisti dall’altra. La frase di Barrot è riportata da Federico Engels nella sua prefazione alle Lotte di classe in Francia, di Marx.
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