Redazione di Operai Contro,
Speculazione immobiliare, denaro profuso nel sistema creditizio dalla banca centrale, riserve accumulate in 20 anni e che si riducono come neve al sole, svalutazione della moneta nazionale, sembra di vedere nuovamente tutti gli indizi della crisi del 2007 negli Stati Uniti. Quei segnali che poi divennero fallimenti bancari e successivo blocco della produzione nelle principali fabbriche multinazionali americane. Questa volta però all’attenzione dei giornalisti economici non sono gli Usa, ma la Cina, la seconda potenza capitalista al mondo. La presentano per una economia dal forte controllo statale, ma evidentemente anche questo controllo nulla può contro gli storici mali del sistema capitalista. Il Corriere della sera economia del 7 novembre scorso elenca i mali che affliggono la Cina e tra le altre cose scrive: «La sovrapproduzione dell’industria pesante prosegue ed i tentativi del governo di imporre dei limiti a livello regolamentare stanno cadendo nel vuoto. I dirigenti truccano regolarmente i numeri per ottenere fondi ed è probabile che la dichiarata riduzione del 36% della capacità produttiva di acciaio nel 2016 si riveli una bufala»
Significativamente l’articolo del Corriere parla di “ripresa (un po’) drogata” e dei timori delle autorità cinesi. Se si trovassero costrette a seguire il rialzo dei tassi di interesse annunciato dalla Fed, la montagna di debiti, con cui anche la Cina ha tentato di rinviare il giorno del giudizio, travolgerebbe l’intero sistema manifatturiero cinese. La “fabbrica del mondo” si accorgerebbe di aver anch’essa troppo prodotto, date le anguste regole del capitale.
Il giornalista presenta la questione come una faccenda tutta cinese, come se in Europa e Usa, dove non truccano i dati – sembra volerci dire, e ben abbiamo visto! – la crisi non ci fosse. Non gli sfiora la testa il pensiero che un tracollo adesso della Cina avrebbe sicuramente ripercussioni mondiali, e soprattutto che la Cina rappresenta l’altra faccia della medaglia della crisi generale di sovrapproduzione. In fin dei conti, se il capitale in Cina ha sovrapprodotto è anche perché sui mercati mondiali le merci cinesi non riescono a essere vendute con lo stesso trend di prima.
R.P.
L’articolo del Corriere della sera Economia: http://marcello.minenna.it/wp-content/uploads/2016/11/20161107_Corsera.pdf
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