A noi operai interessa solo battere l’uomo dei licenziamenti liberi
per questa ragione, al referendum, votiamo No
Non abbiamo nessun interesse a difendere la Costituzione, la Costituzione è la più bella del mondo perché è riuscita ad essere la base reale della Repubblica dei padroni e presentarsi come la Costituzione della Repubblica fondata sul lavoro. Così ogni lavoratore ha potuto sentirsi, illudendosi, rappresentato direttamente. Ora possiamo ben dire che si trattava del lavoro dei padroni per sfruttare più intensamente gli operai. Quello è il lavoro su cui si basa la bella Costituzione.
Ai padroni la libertà di iniziativa economica, la proprietà privata garantita e riconosciuta dalla legge, che sono la base dello sfruttamento. Per gli operai scrissero del diritto al lavoro, dell’uguaglianza di fronte alla legge e dell’impegno a rimuovere gli ostacoli che avessero reso questo diritto inapplicabile e tanti altri impegni formali. Nella Costituente, i cosiddetti rappresentanti dei lavoratori, si accontentarono di ambigue formulazioni, raccontarono in seguito che la Costituzione andava applicata, che sarebbe venuto il tempo di rendere reali alcuni impegni a favore dei lavoratori. Prendevano in giro gli operai, ciò che non si riuscì ad imporre nel momento di maggior forza degli operai che avevano condotto la Resistenza, non sarebbe più stato possibile conquistare.
Ora , dopo 60 anni abbiamo ancora il riconoscimento del diritto al lavoro ma siamo disoccupati, dobbiamo elemosinare un’occupazione a qualunque condizione. La Costituzione ci ripete che la libertà di espressione è garantita, ma provate ad esprimere pubblicamente un giudizio negativo sul vostro padrone e vi trovate licenziati. La Costituzione ha anche definito il diritto ad un salario per vivere dignitosamente, una presa in giro. La massa dei poveri aumenta sempre di più.
La Costituzione è la base della Repubblica dei padroni e non tocca a noi operai difenderla. La Repubblica degli operai si darà una nuova carta costituzionale ed avrà come suo pilastro l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la liberazione degli operai dalla schiavitù dei loro padroni.
Il referendum non riguarda i principi generali, quelli vanno fin troppo bene ai ricchi. In discussione c’è la gestione del potere politico e degli strumenti per attuarlo.
La crisi spinge in una direzione. La centralizzazione del potere. Ne hanno bisogno gli industriali e la grande finanza, rendere più rapide le decisioni vuol dire non doverle mediare con gli interessi particolari dei diversi settori borghesi medio piccoli colpiti anch’essi dalla crisi. La riforma costituzionale vuole dare più potere all’esecutivo.
E’ chiaro che chi poteva mercanteggiare i suoi interessi, la sua fetta di privilegi, di libertà d’azione attraverso una gestione del potere più larga ora grida alla svolta autoritaria, chiama alla mobilitazione popolare sul referendum. Per noi operai che il loro potere si centralizzi o si articoli localmente, rimane sempre il potere dei padroni sugli schiavi. Per affermare questo semplice dato di fatto non conviene schierarci con questa o quella forma del potere nemico, spargendo ancora illusioni. Ne abbiamo bevute tante.
Come operai siamo senza nessuna rappresentanza politica, divisi dalla concorrenza, presi da problemi concreti di sopravvivenza, in lotta, isolati fabbrica per fabbrica. Il dibattito accademico sul bicameralismo perfetto e sul nuovo senato ci è, in questa situazione, del tutto estraneo se non nel capire che sono entrambi forme del potere dei padroni per sottometterci. Ma anche in questa situazione possiamo far sentire il nostro peso, con lo strumento miserabile della scheda e dell’urna votando NO al referendum. Possiamo mettere in difficoltà il capo del governo dei padroni, il primo ministro che si fa grande nel mondo per aver introdotto in Italia la libertà di licenziare, possiamo mettere in difficoltà, anche se di poco, il suo principale signor Marchionne che si è apertamente schierato per il SI.
Non è un gran che, ma è quello che oggi possiamo concretamente fare, per vendetta.
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