276.000 operai metalmeccanici hanno votato a favore del contratto nazionale sottoscritto da Fiom, Fim e Uilm. Una vittoria della democrazia e un voto cosciente, ci dicono i nostri dirigenti. Non abbiamo dubbi: i nostri colleghi hanno votato “sì” con coscienza. Il punto è che questa coscienza può essere cambiata.
Non solo perché le ragioni del “no” non sono arrivate in molte assemblee. Non solo perché ben presto saranno chiare le conseguenze negative del contratto. Ma anche perché da tempo veniva preparato nelle aziende il terreno perché un simile contratto potesse essere accettato.
Prima di sottoscrivere questo contratto con la penna, i dirigenti sindacali l’avevano da tempo sottoscritto nella pratica. Fim e Uilm l’hanno fatto con 8 anni di accordi separati, con la totale svendita dell’azione sindacale sull’altare degli enti bilaterali. La Fiom l’ha sottoscritto ogni giorno un pochino di più: non contrapponendo mai una vera strategia alternativa a quella di Fim e Uilm, interrompendo alle Officine Bertone la stagione di lotta contro Marchionne, abbracciando il testo unico sulla rappresentanza, capitolando crisi aziendale dopo crisi aziendale senza mai sviluppare un piano di lotta complessivo, con gli accordi sottoscritti all’Electrolux, in Fincantieri e così via.
276.000 metalmeccanici hanno votato in coscienza “sì” anche perché in fondo non hanno creduto di avere un’alternativa. E questo messaggio è stato ribadito loro in tutte le salse: “se non firmiamo questo, cosa facciamo?” Una vera e propria iniezione di debolezza. Un bagno di sfiducia che dopo solo 20 ore di sciopero in 12 mesi rischia di consegnare la categoria a Federmeccanica, a Ichino, Poletti, Renzi.
68.695 metalmeccanici hanno invece votato no. E l’hanno fatto con altrettanta coscienza. Soprattutto dove sono stati raggiunti dalla campagna per il no. Una campagna promossa con volantini e passaparola da delegati e lavoratori senza alcuna riconoscimento né legittimità da parte delle strutture. Anzi spesso duramente contrastata da esse. Hanno votato no alcune tra le aziende sindacalmente più forti e militanti. Quelle su cui un sindacato deve appoggiarsi se vuole dare vita a una stagione di mobilitazione. Quelle di cui la maggioranza della Fiom dovrebbe disperarsi per aver perso, perché non avere il loro consenso rende potenzialmente ancora più difficile una prospettiva di mobilitazione.
Abbiamo votato no e promosso una campagna di controinformazione coscienti di respingere non solo un pessimo contratto, ma un intero modello di relazioni sindacali. Se il Ccnl è passato, non passa per questo la nostra opposizione a quanto rappresenta. Non si tratta però semplicemente di prepararsi al prossimo congresso o referendum. Se il problema sono la pratica, l’alternativa e i rapporti di forza, è da lì che dobbiamo ripartire.
Al tecnicismo da amministratori e consulenti finanziari che caratterizza ormai la stragrande maggioranza dei nostri funzionari, noi dobbiamo rispondere con la semplicità e la freschezza di chi contrappone all’avversario di classe le proprie ragioni di vita e di dignità. E’ l’azione della stessa controparte a fornirci delle linee guida sommarie: aumenti salariali come forma di spostamento della ricchezza da profitti a salario, difesa della sicurezza e della salute sul lavoro, del diritto alla malattia, all’assistenza familiare e della sanità pubblica, opposizione ad ogni tentativo strisciante di ritorno al cottimo, riappropriazione del controllo dell’organizzazione del lavoro e dell’orario, con la riaffermazione di sabato, domeniche e festivi come giorni di riposo, comunque mai assimilabili a lavoro ordinario, opposizione agli enti bilaterali, alla cessione di pezzi di stato sociale direttamente nelle mani del mondo finanziario e assicurativo, lotta al precariato e riconquista dell’articolo 18, abbassamento dell’età pensionabile e aumento delle pensioni, rifiuto del testo unico sulla rappresentanza.
Alla rappresentazione delle aziende che piangono miseria, contrapponiamo la realtà dei profitti che hanno macinato un record dopo l’altro. Alle indiscusse e indiscutibili esigenze del mercato, contrapponiamo le imperative ragioni della vita di milioni di lavoratori. A un apparato sindacale che pensa di cavarsi dalle secche con quote contrattuali e con i proventi degli enti bilaterali, contrapponiamo un modello sindacale partecipativo guidato dalla fiducia di poter stimolare la partecipazione e organizzazione dei lavoratori.
Questo referendum ci consegna 69.000 ragioni per resistere e lottare. Per questo invitiamo tutti quelli che si ritrovano in queste ragioni a discutere insieme come farlo e con lo stesso spirito con cui abbiamo promosso l’assemblea del 6 dicembre per organizzare la campagna per il NO, diamo appuntamento a tutte e tutti di nuovo a Firenze il 24 gennaio, a partire dalle h 10 al Dopo Lavoro Ferroviario in via Alamanni (attaccato alla stazione di Santa Maria Novella).
Matteo Moretti, Michele Di Paola, Mauro Sassi, Luciano Morelli, Giuseppe Iapicca, Massimo Barbetti (RSU FIOM GKN)
Giorgio Mauro, Andrea Paderno, Matteo Carioli, Matteo Barbaro, Gianfranco Cannone, Roberto Rivoltella, Gianluca Paris, Alfonso De Martino, Jury Guerini, Alberto Vitali, Marco Fontanella, Franco Ruggeri, Luca Carlessi, Massimiliano Finardi, Massimo Mandelli, Rocco Vizzone, Daniele Gatti (RSU FIOM Same)
Massimo Cappellini, Antonella Bellagamba, Massimiliano Malventi, Adriana Tecce,Giorgio Guezze, Francesco Giuntoli, Simone Di Sacco (RSU FIOM Piaggio)
Giuseppe Faillace, Giuseppe Imparato, Ciro Palmieri (RSU FIOM Motovario)
Gianplacido Ottaviano, Giuseppe Principato (RSU FIOM Bonfiglioli)
Mario Viscido, Maurizio Mazza, Giuseppe Gomini (RSU FIOM Ducati)
Silvia Cini, Giada Garzella (RSU FIOM Continental)
Serafino Biondo (RSU FIOM Fincantieri Palermo)
Stefano Fontana (FIOM Fincantieri Marghera)
Gabriele Severi, Franco Batani (RSU FIOM Marcegaglia Forlì)
Comments Closed