C’è chi dice NO e paga per il suo coraggio

ilpasquino.net E’ una storia che racchiude un po’, al suo interno, tutte le contraddizioni e lo schifo di questo paese, uno schifo di cui sono protagonisti padroni e sindacati confederali tutti e di cui le vittime sono sempre e soltanto gli operai. C’è chi si fa pipì sotto pur di non dispiacere al padrone e chi, invece, contesta gli accordi sottoscritti dalla Fiom, che mettono a rischio la vita delle famiglie degli operai che lavorano all’ INNSE (Azienda meccanica della periferia Est di Milano) e per questo viene abbandonato immediatamente dal sindacato e perseguito dal padrone, tal Ludovico Camozzi, […]
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E’ una storia che racchiude un po’, al suo interno, tutte le contraddizioni e lo schifo di questo paese, uno schifo di cui sono protagonisti padroni e sindacati confederali tutti e di cui le vittime sono sempre e soltanto gli operai.

C’è chi si fa pipì sotto pur di non dispiacere al padrone e chi, invece, contesta gli accordi sottoscritti dalla Fiom, che mettono a rischio la vita delle famiglie degli operai che lavorano all’ INNSE (Azienda meccanica della periferia Est di Milano) e per questo viene abbandonato immediatamente dal sindacato e perseguito dal padrone, tal Ludovico Camozzi, che invece di spendere i suoi soldi per rilanciare l’azienda, li impiega in studi legali per denunciare quegli operai che si sono messi di traverso.
Appena 8 anni fa, nel 2009, il padre di Ludovico, Attilio, riuscì a salvare l’azienda che era sull’orlo del fallimento. Quattro operai, di quelli che non si fanno pipì sotto, salirono su un ponte a 20 metri di altezza e da lì scesero 8 giorni dopo solo quando Attilio Camozzi disse : “Ci penso io e vedrete che il gruppo si riprenderà”. Gli operai diminuirono da 48 a 38, ma l’azienda continuò ad andare avanti, benché sulla stessa gravasse l’onere di un’ ipoteca non pagata dai precedenti proprietari…e di cui sembra debbano farsi carico solo i lavoratori.
Purtroppo chi prese questi impegni ora non c’è più, al suo posto è subentrato Ludovico che pochi mesi dopo il suo insediamento ha subito precisato: “anche i dipendenti devono prendersi responsabilità precise”. Quelle “responsabilità precise” riguardavano flessibilità sui cambi di mansione e l’aggiunta del terzo turno, quello notturno.
Da 38 si è arrivati a 27 e poi al solito “programma di ristrutturazione” che prevede prepensionamenti e nuove assunzioni che superino il “Jobs act”, accordo subito firmato dalla “rivoluzionaria” Fiom di Landini senza passare per il vaglio degli operai, che, appena ascoltatolo, l’hanno bocciato.
Quei referendum, di cui vanno tanto fieri i nostri sindacati che annoverano nelle loro fila dirigenti pagati quasi quanto i nostri ministri, in questo caso non sono neanche stati ipotizzati, ed il diniego degli operai all’accordo ha scatenato la furia sia della proprietà, con denunce ed azioni legali contro gli operai, sia della Fiom del Landini furioso solo davanti alle telecamere, ma molto accondiscendente quando sta nelle stanze con i padroni.
Gli operai rispondono alla Fiom che li abbandonati in questo modo: “Ci è giunta inaspettata e inopportuna la vostra lettera aperta in una fase in cui la controparte padronale ci perseguita con provvedimenti disciplinari, denunce, guardie giurate che ci sorvegliano a vista mentre ci rechiamo a fare assemblea nella sala della Rsu, telecamere fuori e dentro l’officina. Voi, che dovreste difendere la nostra agibilità sindacale e la nostra incolumità di lavoratori iscritti da decenni alla Fiom, condannate le nostre iniziative sindacali, i nostri scioperi e le nostre assemblee dando di fatto, senza ombra di dubbio, il via libera e la copertura alle azioni disciplinari che l’azienda sta adottando nei nostri confronti. Una macchia nera nella storia della Fiom che nessuno potrà più cancellare”. La conclusione è inevitabile: “Con o senza il vostro permesso continueremo a svolgere assemblee e scioperi per aprire una vera trattativa”.
Questi operai ora ci chiedono una mano, un aiuto per continuare una lotta che non è solo la loro, ma di tutti quelli che vogliono affermare il diritto di valere, di contare, di essere considerati come persone, e non come macchinari da buttare quando non sono più buoni.
Questo il loro appello :

Giù le mani dalla INNSE

Il benevolo padrone Camozzi ci ha sommerso di denunce, lettere di sospensione, multe. Ci trascina da un’aula all’altra del tribunale del lavoro di Milano. Per vendicarsi della nostra resistenza allo smantellamento della fabbrica sta impegnando i giudici di Milano in un lavoro estenuante.
è arrivato sino a rifiutare l’arbitrato dell’ispettorato del lavoro e chiede al giudice di esaminare quasi 40 provvedimenti disciplinari, dalle multe ai 3 giorni di sospensione.
Come operai della INNSE, oltre alle iniziative sindacali in fabbrica, ci siamo attrezzati per rispondere legalmente, causa per causa, udienza per udienza ma tutto ciò ha un costo esagerato.
Il benevolo Camozzi ha tanti soldi da investire in studi legali, guardie, carte bollate, la sua potenza economica la usa contro di noi.
Noi dovremmo avere il supporto legale della Fiom di Milano, siamo tutti iscritti paghiamo la tessera in media da 30 anni. Ma la Fiom ci ha abbandonati da quando abbiamo votato tutti NO al loro schema di accordo inconsistente.
Non ci rimane nient’altro che la solidarietà degli operai come noi, dei sostenitori ed anche di chi non è qui, ma capisce che alla INNSE si sta combattendo una lotta fra prepotenza e giustizia sociale.
Vi ringraziamo anticipatamente per il vostro contributo.”
Un contributo che può essere versato collegandosi a :  http://www.giulemanidallainnse.it/2017/02/07/sottoscrivi/

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