“Nel 2016 le democrazie occidentali per colpa della crescente disuguaglianza e del terrorismo islamico non sono riuscite a cambiare leggi e Istituzioni allo scopo di fronteggiare le sfide di questo secolo alle società ed economie aperte a immigrazione, globalizzazione e tecnologia“.
Cosi scrive sul Corriere della sera Roger Abravanel e cita gli esempi. Cameron che voleva “riformare il rapporto tra Regno Unito e Ue” è stato bocciato dagli inglesi, convinti da spot razzisti in cui “un anziana signora malata andava all’ospedale e trovava un cartello <<completo>> e una lunga fila di immigrati”.
In Italia il fallimento di Renzi con la sonora sconfitta al referendum costituzionale, è dovuto secondo Abravanel, non a fattori quali il Jobs act, e l’abolizione della giusta causa nei licenziamenti. “Gli italiani sembrano aver apprezzato queste riforme anche se non sono mancate critiche ai voucher e alla “mancia” degli 80 euro”. Renzi continua l’articolista, sarebbe stato bocciato per il sospetto populismo dei seguenti provvedimenti: “riduzione tasse sulla prima casa; bonus cultura; buona scuola.
Ai “riformatori falliti del mondo occidentale” dice l’articolista, fanno da contraltare due “alternative populiste” molto diverse fra loro. Da una parte 5stelle, Podemos, (e Sanders, l’anti Hillary in America), che in modo diverso con le loro proposte “rivoluzionarie” bollano “inefficaci quelle dei riformatori oltre che ad essere “asservite agli interessi di non meglio specificati poteri e ovviamente incapaci di rendere la società più giusta. Questi rivoluzionari del 21° secolo”, continua l’articolista, vogliono “mandare a casa l’attuale classe dirigente e sostituirla con espressioni politiche che vedano la partecipazione diretta del popolo, attraverso la Rete, le piazze e forme di auto aggregazioni che superano i partiti”.
L’altra alternativa [ai riformatori falliti], è rappresentata dai Trump. Le Pen, Salvini, esponenti di interessi che l’articolista così sintetizza: “un amore utopico per il passato e i suoi valori, nazionalismo, purezza etnica, economia delle fabbriche pur se queste stanno diminuendo anche in Cina a favore dei servizi”.
“In questo scenario” prosegue l’artico, “l’unica strada possibile oggi per un riformista, è legittimare le riforme politiche e renderle attraenti agli occhi di chi vota”. Cosa vorrà dire Roger Abravanel, l’articolista, con “legittimare le riforme? Ce lo racconterà forse una prossima volta. Invece “renderle attraenti agli occhi di chi vota”, si capisce benissimo che significa, presentarle con un bel trucco che appaiano un bello specchietto per allodole per prendere voti.
Non potendo ignorare l’esplosione dei movimenti della piccola borghesia, l’articolista ne riassume fermenti e rivendicazioni, quali “alternative populiste” e meno male che precisa, “molto diverse tra loro”!
Bocciate le “alternative populiste” ad Abravanel non resta che orientare il lettore a rimettere la propria fiducia “nei riformatori falliti del mondo occidentale”.
Abravanel sostiene che Renzi con il suo governo, aveva cominciato bene attaccando il tabù dell’articolo 18 e con il Jobs act che, udite udite: “ha ridotto l’apartheid tra gli ultraprotetti e superprecari”. Questo è più renziano di Renzi.
Saluti Oxervator
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