Il nostro compagno Riccardo Antonini è stato per più di trent’anni un operaio delle ferrovie. Dopo la strage di Viareggio (29 giugno 2009, in cui persero la vita 32 persone) ha prestato gratuitamente la propria consulenza all’associazione familiari delle vittime, impegnandosi pubblicamente e nel sindacato per fare chiarezza su quella ecatombe di fuoco nel centro di una città, per portare a processo tutti i responsabili di quell’incidente a partire dai vertici delle società coinvolte (da Rfi e Trenitalia). Processo che, proprio recentemente, ha visto concludersi il primo grado con la condanna di Moretti e soci.
Nell’estate del 2011 Riccardo Antonini è stato prima diffidato da Rfi a porre termine alla sua attività, poi sospeso per 10 giorni ed infine, il 7 novembre 2011, licenziato in tronco “per essersi posto in evidente conflitto d’interesse con la società”. Nel 2012 è iniziato il processo contro questo ingiusto e vile licenziamento . RFI aveva anche proposto una conciliazione in cui, per la sua reintegrazione, chiedeva a Riccardo di sconfessare il suo sostegno ai familiari. Riccardo non ha accettato una simile contropartita, che avrebbe offeso la sua dignità, quella dei familiari e le stesse 32 vittime. Il 4 giugno 2013, il Tribunale di Lucca cha confermato il licenziamento. Riccardo, con l’appoggio dell’associazione familiari e di tutti noi, è quindi ricorso in Cassazione. Oggi la sentenza finale, che conferma il licenziamento perché Codice etico e conflitto di interesse obbligherebbero a tacere, a non prestare la propria opera anche se l’Azienda stessa è responsabile nella strage (come riconosciuto da uno Tribunale italiano). Non è solo una sentenza ingiusta nei confronti di Riccardo: è una sentenza sbagliata perché rischia di tappare la bocca a tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che in situazioni simili sarebbero disposti a mettere le proprie conoscenze al servizio della verità e della giustizia!
Per questo, come sindacatoaltracosa-OpposizioneCgil riteniamo vergognosa questa decisione, e ci stringiamo nuovamente in un abbraccio a Riccardo ed a tutti i familiari delle vittime.
Per questo pubblichiamo subito queste prime righe di commento di Riccardo, scritte appena avuta la notizia della sentenza.
Il ricorso presentato oltre due anni fa, dai miei avvocati in Cassazione, è stato rigettato per “infedeltà” a Moretti/Elia&company. Con 7 paginette scarne e striminzite è stata confermata la sentenza di 1° grado del 4 giugno 2013. I signori (o lorsignori, come avrebbe scritto Fortebraccio) Vincenzo Di Cerbo (presidente), Giuseppe Bronzini, Antonio Manna, Federico Balestrieri, Federico De Gregorio (consiglieri) della Corte Suprema (suprema, mah?) di Cassazione, Sezione Lavoro, e prima di loro i sigg. Luigi Nannipieri di Lucca e Giovanni Bronzini (presidente), Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio (consiglieri) della Corte d’Appello di Firenze, hanno (ri)prodotto la sentenza-d’inchino, una fotocopia ridotta di quella di 1° grado del dottor Nannipieri, giudice del lavoro di Lucca. Non hanno aggiunto niente di più e niente altro: il ricorso è stato rigettato in quanto “improcedibile” e “inammissibile”. L’udienza si è tenuta il 18 gennaio scorso al 4° piano del “palazzaccio”, assieme ad altre ventisei (26!) udienze della durata di pochi minuti ciascuna. Una vera catena di montaggio … Lo stesso giorno, 18 gennaio 2017, hanno (o avevano già) emesso la sentenza, che riporta la stessa data. Definirla una farsa (nel merito e nel metodo) è accreditarla di un complimento che, ovviamente, non merita. Tra le 7 paginette si legge: “ … emerge che il ricorrente aveva più volte sostenuto … la responsabilità della società e dei suoi vertici per aver cagionato il disastro ferroviario di Viareggio …”. Una verità già scritta e scolpita nel corso di questi anni che gli stessi giudici del Tribunale di Lucca hanno emesso con il dispositivo del 31 gennaio 2017 a 7 anni e mezzo dalla strage ferroviaria. Se questi signori, da Lucca a Firenze fino a Roma, sono soliti trattare a questa maniera gli esseri umani, è bene che nel prossimo futuro siano destinati ad occuparsi di altro, possibilmente di cose, oggetti o merci. Il danno ed i costi sarebbero utilmente minori. Gasparazzo ebbe a dire: “Ma non finisce qui”.
Sindacatoaltracosa-OpposizioneCgil
Comments Closed