Il 7 aprile in tutte le principali città del Sudafrica ci sono state nuove manifestazioni per chiedere le dimissioni del presidente Jacob Zuma, che da diversi mesi riceve critiche e contestazioni per diverse ragioni. L’ultima crisi è iniziata quando a marzo Zuma ha mandato via il ministro delle Finanze Pravin Gordhan e il viceministro delle Finanze. Gordhan era un ministro molto rispettato, in Sudafrica e all’estero, perché stava cercando di mettere ordine nella malmessa economia sudafricana, limitando la spesa pubblica del paese e cercando di combattere l’estesa corruzione. Il licenziamento di Gordhan è stato accolto con grande scetticismo sia dagli osservatori internazionali – e infatti i titoli di stato del Sudafrica ne hanno risentito parecchio: ora valgono pochissimo – sia da diverse fasce della popolazione, che temono una nuova crisi politica ed economica.
Cosa sta succedendo
Zuma ha 74 anni, è presidente del Sudafrica dal 2009 ed è anche presidente dell’African National Congress (ANC): è il partito di Nelson Mandela ed è al governo ininterrottamente dal 1994, cioè dalla fine dell’apartheid. Nelle elezioni amministrative dell’agosto 2016 l’ANC ha però ottenuto i suoi risultati peggiori di sempre, e sembra che nelle prossime elezioni locali possa fare ancora peggio. Teoricamente, il mandato di Zuma scade nel 2019.
Da diversi mesi Zuma è accusato dall’opposizione (ma anche da una parte del suo partito) di non aver fatto nulla per fermare la corruzione e di aver peggiorato la situazione economica e finanziaria del Sudafrica, in cui il 90 per cento della ricchezza è concentrato nel 10 per cento della popolazione. Dal 2009 a oggi il tasso di disoccupazione in Sudafrica è cresciuto dal 23,6 al 27 per cento – una percentuale altissima, simile a quella della Grecia – e il debito del paese è raddoppiato. La cattiva situazione economica, anche in seguito al licenziamento di Gordhan, è stata certificata proprio ieri, quando l’agenzia di rating Fitch Ratings è diventata la seconda dopo Standard & Poor’s ad assegnare ai titoli di stato sudafricani una valutazione bassissima: in gergo economico si dice che ora i suoi titoli siano junk, spazzatura, cioè valgano pochissimo.
Gordhan si era opposto alla crescente corruzione all’interno del governo e ad alcune politiche di carattere populista proposte da Zuma. Nel suo periodo da ministro delle Finanze, ad esempio, aveva cercato di controllare la spesa dello stato, la gestione delle aziende statali e la gestione dell’agenzia delle entrate, in modo da far riprendere l’economia sudafricana. Le sue proposte però non piacevano a Zuma, che tra le altre cose avrebbe voluto aumentare la ridistribuzione della ricchezza. Un’altra cosa per cui Zuma e Gordhan si sono scontrati sono stati i piani per la costruzione di centrali nucleari nel paese: Zuma era favorevole, ma secondo Gordhan il Sudafrica non poteva permettersele.
Già nel novembre 2016 c’erano state alcune grandi manifestazioni per chiedere le dimissioni da presidente del Sudafrica di Zuma, per via di una serie di scandali legati ai rapporti tra lui e i Gupta, una ricca famiglia di imprenditori indiani.
Le manifestazioni di ieri
Le più rilevanti manifestazioni contro Zuma sono state a Cape Town, Durban, Johannesburg e Pretoria, la capitale amministrativa del Sudafrica. Alcuni membri della vecchia ala militare dell’African National Congress si sono invece radunati a Johannesburg davanti alla sede del partito, per evitare che chi manifestava contro Zuma ci si potesse avvicinare. In alcune città la polizia ha usato proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro alcuni manifestanti, e i giornali sudafricani hanno parlato di alcuni scontri tra manifestanti pro e contro Zuma. Karen Allen, corrispondente di BBC da Pretoria, ha detto che nonostante una massiccia presenza di polizia, le manifestazioni sono state pacifiche.
Alle manifestazioni contro Zuma hanno partecipato anche esponenti del SACP, il partito comunista sudafricano, alleato dell’African National Congress. Hanno poi ovviamente partecipato molti esponenti di Alleanza Democratica (DA), il principale partito di opposizione, guidato da Mmusi Maimane, che riferendosi a Zuma ha detto: «Una persona non può tenere in ostaggio l’intero paese».
I membri dell’ala militare dell’ANC davanti alla sede del partito (AFP PHOTO / JOHN WESSELS )
E ora?
Il comitato esecutivo dell’ANC – formato da 80 membri con diritto di voto – è l’organo più potente del partito e ha la facoltà di ordinare a Zuma di dimettersi da presidente del paese, ma non da capo dell’ANC. Nonostante una crescente opposizione interna, Zuma è sempre riuscito a ottenere la maggioranza dei voti del comitato esecutivo. I principali giornali sembrano dare poco credito a possibili dimissioni di Zuma o a un possibile voto contro di lui. Il New York Times ha scritto: «Zuma sembra aver rafforzato la sua posizione e la sua influenza. I critici interni al partito sono stati costretti a scusarsi e il governo è ora pieno di lealisti [oltre ad aver cambiato ministro delle Finanze ha ridistribuito molti altri incarichi] e il suo nuovo primo ministro è un alleato di vecchia data, che sembra propenso a dare al presidente e ai suoi alleati un facile accesso alle riserve monetarie dello stato». Il Guardian ha scritto però che nel 2019 ANC potrebbe rischiare di perdere le elezioni e che anche una vittoria risicata – cioè con meno del 50 per cento dei voti – sarebbe vista come un fallimento.
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