L’Istat ha “esploso” la classe operaia

Caro Operai Contro, nel Rapporto annuale presentato l’altro giorno, l’Istat fondamentalmente rileva che: 1)“la classe operaia ha perso il suo connotato univoco”, frammentata, “ ha abbandonato il ruolo di spinta all’equità sociale. 2) Un non meglio specificato “ceto medio” – prosegue Istat – ha perso il ruolo “di guida al cambiamento e all’evoluzione sociale”. 3) All’interno di queste due dinamiche dice l’Istat, “c’è la perdita dell’identità di classe, precarietà, e frammentazione dei percorsi lavorativi creano più disuguaglianze, “le classi sociali esplodono”.  “Esplodono” potrebbe anche significare che disintegrandosi non esistono più. Ed è proprio questo concetto che viene rilanciato da […]
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Caro Operai Contro,

nel Rapporto annuale presentato l’altro giorno, l’Istat fondamentalmente rileva che: 1)“la classe operaia ha perso il suo connotato univoco”, frammentata, “ ha abbandonato il ruolo di spinta all’equità sociale. 2) Un non meglio specificato “ceto medio” – prosegue Istat – ha perso il ruolo “di guida al cambiamento e all’evoluzione sociale”. 3) All’interno di queste due dinamiche dice l’Istat, “c’è la perdita dell’identità di classe, precarietà, e frammentazione dei percorsi lavorativi creano più disuguaglianze, “le classi sociali esplodono”.

 “Esplodono” potrebbe anche significare che disintegrandosi non esistono più. Ed è proprio questo concetto che viene rilanciato da tivù e giornali che titolano: “Addio agli operai”, ed anche: “La classe operaia è andata in pensione”, e via di questo passo. Un messaggio teso a scoraggiare gli operai, farli sentire isolati senza speranza di potersi ribellare, alla quotidiana schiavitù del lavoro, cui sono costretti per un pezzo di pane. Traendo le conclusioni di questo messaggio si ha: “operai se proprio volete contare qualcosa o mettere un freno al vostro sfruttamento, dovete affidarvi alle altre classi, ai loro sindacati, ai loro partiti. Dovete smetterla di ambire ad una vostra organizzazione indipendente, ad un vostro partito”.

 Istat dice che “ le classi esplodono”, ma in realtà si caratterizzano sempre di più come “classi sociali” nel vero senso del termine. Se al loro interno sono più frammentate e disgregate, non cambia il fatto che ogni individuo sociale, sia collocabile in un segmento di una data classe.

 Ad un certo punto del suo Rapporto, l’Istat chiarisce cosa intende per classi sociali che esplodono: “La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi”.

Se fra gli operai di una categoria e l’altra, o di un settore e l’altro aumenta la distanza della condizione salariale, di lavoro e di vita, dipende da vari fattori, tra cui il primo, la mancanza di una organizzazione politica degli operai. Dire che le classi sociali “esplodono”, come fa l’Istat, è quantomeno fuorviante. Un invito a dire che gli operai non esistono più, o sono integrati nel sistema dei padroni. Un invito alle classi sociali che vivono sullo sfruttamento degli operai, a mettere in campo tutti i mezzi per impedire che gli operai si ribellino, si organizzino.

 Forse “l’esplosione delle classi sociali”, serve all’Istat per presentare la sua nuova interpretazione della società, suddividendo le classi sociali in nove nuovi raggruppamenti, all’interno dei quali gli operai (a parte quelli in pensione) vengono nascosti in 4 dei 9 nuovi gruppi creati dall’Istat.

 I nuovi nove gruppi sociali creati dall’Istat.

Gruppo “famiglie di impiegati”.

Gruppo “famiglie degli operai in pensione”.

Gruppo “famiglie a basso reddito con stranieri”.

Gruppo “famiglie a basso reddito di soli italiani”.

Gruppo “famiglie tradizionali della provincia”.

Gruppo “anziane sole e giovani disoccupati”.

Gruppo “giovani blu collar”. (precari del territorio).

Gruppo “famiglie pensioni d’argento”.

Gruppo “famiglie classe dirigente”.

 (Da rilevare fra l’altro, che gli operai “stranieri” non vengono censiti con quelli italiani. La democratica politica dell’accoglienza risalta anche nella Statistica ufficiale)

Saluti O. V.

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