Redazione di Operai Contro,
Il Marocco viene presentato come il paese del Nord Africa dove la democrazia impera. Non è vero. Vi invio un articolo
dalla Stampa
In questi giorni nel Paese più stabile del nord Africa, il Marocco, torna ad agitarsi minaccioso un vecchio fantasma: il Rif. Quella regione berbera del nord con una ferita mai risanata, è scesa con migliaia di manifestanti nel cuore di Al Hoceima contro corruzione, repressione e disoccupazione. La marea umana che ha marciato pacificamente il 18 maggio nella capitale della regione, non avrà certamente fatto dormire sonni tranquilli al monarca Mohammed VI, che ha seguito passo dopo passo il battito della rivolta berbera, rinunciando all’appuntamento con Trump in Arabia Saudita.
L’onda del malcontento del Rif ha radici lontane e storiche ma nell’attualità recente ha una data e un fatto di cronaca preciso: l’incidente con le forze di polizia che ha causato, più di sei mesi fa, la morte del venditore di pesce Mohcine Fikri. Una morte così brutale, filmata e divulgata nel web, che ha raccolto l’indignazione di tutti i marocchini da nord a sud, dentro e lontano dalle frontiere del Paese. Lo strapotere del Makhzen era finalmente dentro l’occhio del ciclone, e la storia triste dell’ambulante berbero è divenuta l’occasione giusta per riportare i riflettori su una regione del Marocco fin troppo trascurata per infrastrutture, interessi, vecchie ostilità e diffidenze.
Quell’incidente – nonostante le autorità si siano presentate tempestivamente alla porta della famiglia per garantire un’inchiesta sui colpevoli – servì a far esplodere un malessere che si covava da tempo, fotografato dalla coesione dei manifestanti di Al Hoceima, e non solo, che hanno continuato a ribadire le loro istanze sfidando il Makhzen e rivolgendosi direttamente al Monarca, perché un cambiamento lo vorrebbero, e radicale.
Dunque, più che la questione del Sahara occidentale a sud, che da sempre ha impegnato risorse ed energie della monarchia marocchina, dovrebbe invece preoccupare il nord, che in quest’ultima manifestazione ha rispolverato anche un capo, un leader con un seguito non indifferente tra i rifi della regione, ma anche tra quelli della grande diaspora all’estero, da dove provengono la maggior parte delle risorse.
L’astro nascente, leader della rivolta berbera e del movimento di contestazione popolare “Hirak Chaabi”, si chiama Nasser Zefzafi, 39 anni che – destino beffardo – lo vuole legato per famiglia storia militante e ideologia al condottiero Abdelkrim El Khettabi. Colui che nel 1921 ha proclamato la Repubblica confederata delle tribù del Rif e per lungo tempo ha destabilizzato, non poco, la legittimità della monarchia Alaouita. Non a caso, per il defunto padre di Mohammed VI, il Rif e la sua gente erano quasi in esilio e fuori dalle sue grazie per investimenti.
Mohammed VI cambiò strategia, ma non stravolse le condizioni precarie della regione, il peggior errore per far tornare vigoroso un fantasma del passato.
Questa volta invece delle tribù riunite nella figura di El Khettabi, ci sono quelle del web che Zefzafi ha saputo raccogliere a suon di video caricati su Youtube, con monologhi in arabo classico che denunciano lo strapotere, la corruzione e l’ingiustizia che vive la sua regione.
Il volto è severo e orgoglioso di chi è incorruttibile alla causa della propria gente. È intransigente, non vuole compromessi e si rivolge direttamente al Re, come parte responsabile dell’abbandono della regione più indipendentista della storia del Marocco. È l’unico con il quale è disposto a parlare e non attraverso mediatori, già rispediti al mittente. La partita della stabilità nel Paese nord africano, questa volta si gioca dalla sua roccaforte più problematica e ostile, bisogna vedere se in questa occasione il monarca saprà rispondere adeguatamente alla sfida. Sarà anche un modo per superare i vecchi fantasmi e conflitti del passato.
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