Il Foglio Bianco
Alla fine del suo mandato triennale, questa RSU si sta concentrando nella difesa del Premio di Risultato e del Conti Bonus di quest’anno. Un atteggiamento che ci sembra miope e irresponsabile.
Il PdR attualmente in vigore risale infatti al 2002. Avrebbe dovuto essere rinnovato ogni 3 anni, ma qualcuno, senza interpellare i lavoratori ha deciso di non rivendicare il suo rinnovo. Le regole sono perciò rimaste le stesse e ancora oggi non vengono messe in discussione, contando forse che risultati come quello di quest’anno possano essere la norma. PURTROPPO NON E’ COSI’. Effettivamente nella fase di crescita aziendale tra il 2002 e il 2007, l’accordo ha portato diversi buoni premi. Ma questa crescita non può essere infinita e negli anni successivi, anche per scongiurare premi molto bassi, sono stati fatti accordi ponte per cifre fisse (e peggioramenti degli orari).Il PdR è la somma di tre pezzi (i più grossi sono gli ultimi due), corrispondenti al raggiungimento di tre “obiettivi”: 1: “Livelli di qualità`”. Si tratta di mantenere una “certificazione di qualità”. Trattandosi di una multinazionale che produce in tutto il mondo, la sua “certificazione” può essere persa per ragioni che non hanno niente a che fare con la produzione del nostro stabilimento. Infatti, quest’anno è stata persa in parte per problemi della produzione nella Repubblica Ceca. 2: “Miglioramento di redditività”. Si confrontano i guadagni dell’azienda (una certa voce in bilancio) ogni anno con quelli dell’anno precedente. Se sono aumentati di oltre il 10 per cento, il premio è pieno, se sono aumentati meno del 10 per cento, si prende solo circa un terzo del premio pieno, Altrimenti una miseria, o zero se i guadagni sono diminuiti di più del 5 per cento. 3: “Miglioramento di efficienza”. Stesso identico meccanismo, applicato al valore della produzione FATTA IN MEDIA DA CIASCUN LAVORATORE. Con una differenza, non da poco: che per il premio pieno occorre un aumento del 20 per cento. E` evidente che aumenti del 10 e del 20 per cento non possono in nessun modo avvenire tutti gli anni. Il 20 per cento l’anno di aumento della produzione significherebbe, cumulando gli aumenti, produrre oltre il doppio dopo soli quattro anni! Quanti milioni di auto dovrebbero essere prodotte per assorbire una simile produzione?
Perciò, preso il premio pieno una o due volte al massimo, questo meccanismo genera automaticamente PREMI RIDOTTI, per la seconda e terza componente, a un terzo, o azzerati. Detto questo, è chiaro che la protesta nei confronti dell’azienda riguardo all’interpretazione dell’accordo e all’aggiustamento del premio di qualche centinaia di euro è solo un problema marginale, che ne nasconde uno enorme: per come è strutturato il PdR, ogni anno siamo ridotti a sperare che i conti dell’azienda vadano non solo bene, ma MOLTO MEGLIO dell’anno precedente; e saremmo costretti ad accettare, per prendere un premio decente, ritmi di lavoro CHE NON SMETTONO MAI DI CRESCERE. Per questo il premio va ricontrattato. La sua ricontrattazione deve avere come base non la crescita annuale, ma quella rispetto a un anno FISSO di riferimento, cioè LA PRODUZIONE EFFETTIVA, NON IL SUO AUMENTO ANNUALE, secondo indici non manipolabili da parte dell’azienda (come è invece la “redditività”) e non dipendenti da fattori esterni (come è la certificazione). Più una quota fissa, indipendente da qualsiasi indice, a compenso della crescita della produzione negli anni precedenti. Inoltre, chi si ammala non deve vedersi ridotto il premio. Sono queste le cose che come lavoratori dobbiamo cominciare ad aver chiare per poter rivendicare un rinnovo del PdR che garantisca un compenso sicuro, in parte fisso e in parte legato, in modo trasparente e controllabile, solo al valore effettivo della produzione, mettendo fine al meccanismo infernale dell’indicizzazione all’aumento annuale. Michela Ruffa
Area “sindacatoaltracosa” in FIOM Pisa
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