Quarto mese di presidio delle portinerie della Innse contro i licenziamenti e contro la nuova richiesta di altri 11 mesi CIGS per “riorganizzazione” che il padrone ha nuovamente richiesto.
Il “nuovo responsabile di fabbrica” che momentaneamente coordina la gestione della cassa integrazione per conto dell’azienda è un vero e proprio caporale mafioso che pensa di organizzare quel minimo di produzione che il padrone sta portando in Innse.
Questo piccolo individuo borioso sta organizzando l’entrata degli operai dalla cassa integrazione con lo stesso sistema che i caporali camorristi stanno utilizzando per la raccolta della frutta e della verdura nel settore agricolo:“rientri dalla cassa integrazione immediatamente con una semplice telefonata o con un altrettanto semplice sms al mio comando”; questa è la sua maniera di intendere e di predispone l’utilizzo della manodopera, l’applicazione di metodi da piccolo gerarchetto fascista di periferia, discriminando chi, a suo parere, ha un atteggiamento ribelle.
Il buffone di corte non ha capito che alla Innse questi metodi non attaccano, la comunicazione del rientro dalla cassa integrazione pretendiamo che avvenga in maniera “civile” utilizzando come mezzo di informazione un telegramma con scritto esattamente le date di rientro e di durata della CIGS, come accade nella maggioranza delle aziende.
Il metodo da caporalato “sudamericano” che l’azienda attraverso i propri scherani vuole applicare troverà sempre la nostra ferma opposizione.
Ricordiamo all’azienda ed ai suoi utili idioti una nota sui criteri di scelta nella CIGS ed una per quanto riguarda il diritto di assemblea:
“Il lavoratore ha, pertanto, il diritto a non essere discriminato per ragioni sindacali, politiche, religiose, di razza, di lingua o di sesso (art. 3 l. 108/90) e deve essere garantito sotto il profilo dell’eguaglianza (in ottemperanza all’art. 3 Cost.); tali diritti sono requisiti di validità dell’intera procedura (Cass. 11/05/1999 n. 4666, in Mass. Giur. Lav., 1999, 935, con nota Castelvetri; Cass. 02/03/1999 n. 1760, in Dir. & Prat. Lav., 1999, 2187).
“Pertanto, i lavoratori sospesi mantengono il diritto previsto dall’art. 20 Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), ovvero di riunirsi nell’unità produttiva in cui prestavano la loro opera (Cass. 22/12/1986 n. 7859, in Orient. Giur. Lav., 1987, 33).”
Il presidio della portineria da parte dei licenziati e dei cassa integrati va avanti costantemente tutti i giorni dal 3 marzo. La nostra battaglia per rispondere alle denunce del padrone, ora più che mai, è quella di raccogliere il maggior numero possibile di fondi per sostenere tutte le nostre spese legali che stanno diventando sempre più consistenti, siamo arrivati alla considerevole cifra di oltre 9000 euro di spese legali. Ricordiamo a tutti coloro che vogliono contribuire per sostenere materialmente la nostra lotta, che è attiva una pagina web “http://www.giulemanidallainnse.it” destinata alla raccolta di fondi per far fronte alle spese legali. L’appuntamento è per giovedì mattina , 15 giugno, dalle ore 7.00 davanti ai cancelli della Innse.
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