C’era una volta la Maflow, azienda metalmeccanica da 300 operai che produceva componenti per auto. I padroni l’hanno chiusa e venduta nel 2010. La notizia è che a sette anni di distanza quella che è stata ribattezzata Rimaflow – nella stessa sede dell’ex fabbrica – c’è ancora. A Trezzano sul Naviglio la Rimaflow – nella stessa sede dell’ex fabbrica dismessa – lotta perché chi ci lavora possa continuare a farlo. Una cooperativa si è presa in gestione – ovviamente senza alcun tipo di contratto o di autorizzazione – i 30mila metri quadrati di capannoni e spazi aperti che una volta ospitavano l’azienda e che oggi, senza l’occupazione degli ex operai, sarebbero uno scheletro ex industriale. Dieci giorni fa gli agenti della polizia locale sono andati a fare visita alla Rimaflow, dove oggi lavorano 80 fra artigiani, artisti, operai e professionisti, che pagano le utenze, i servizi di pulizia e un piccolo affitto, quando possono, per occupare lo spazio dove svolgono attività lavorative. “Qui nessuno guadagna niente più di quello che serve per restare appena sopra alla linea minima di sopravvivenza – spiega Luca Federici, portavoce degli operai in lotta – . Tutti abbiamo famiglie e spese da sostenere, senza avere alcun altro reddito. La scelta era se lasciarci ammazzare, o provare a resistere alla crisi, producendo reddito e dignità, in un territorio dove la disoccupazione è altissima, ma le professionalità ancora tante e vive”.
I vigili durante la loro ispezione nei grandi magazzini e nelle aree della “Cittadella dei mestieri e dell’artigianato” della Rimaflow, hanno riscontrato quello che è sotto gli occhi di tutti: “Noi lavoriamo e produciamo onestamente, ma non abbiamo le autorizzazioni, anche se abbiamo presentato tutti i progetti e i piani di fattibilità per la bonifica al Comune. Che però non li ha nemmeno presi in esame. Quindi, di fatto, stiamo lavorando in modo abusivo, senza le certificazioni, anche se a nostre spese abbiamo fatto un grande intervento di coibentazione e impermeabilizzazione nel capannone dove una volta avevamo il mercatino del mobile usato, che il Comune ci ha fatto chiudere, e dove adesso invece abbiamo un rimessaggio di camper. Abbiamo speso 5mila euro per mettere in sicurezza lo spazio e il nostro progetto antincendio è stato approvato dai vigili”.
Trezzano, viaggio nella fabbrica gestita dagli operai
Non basterà mai quello che gli operai riescono a fare con le loro forze e i loro pochi fondi da investire. Dopo l’ispezione dei vigili è scattata una denuncia con avviso di garanzia al presidente della cooperativa Rimaflow Massimo Lettieri accusato di “svolgimento di attività lavorative non autorizzate” in un sito ex industriale che non è a norma ed è anche da bonificare. “Sicuramente ci sono tanti di quegli stabilimenti non in regola qua attorno, aziende attive e non, senza che questo costituisca uno stimolo alle istituzioni a intervenire. Solo contro di noi si accaniscono, anche se noi siamo i primi a volerci mettere in regola”, spiegano gli operai. E poi, ai tanti progetti nati in questo angolo di Trezzano si sono interessati in tanti, da Legambiente al Vaticano, come se la Rimaflow diventasse sempre di più un “incubatore” di iniziative professionali, dove la necessità si coniuga con la fantasia, con l’intraprendenza, con la battaglia politica, con una strenua lotta per mantenere la “dignità” di lavoratori. Dignità, è la parola che Lettieri e Federici pronunciano più spesso mostrando quello che è stato costruito dentro al guscio vuoto dell’ex Maflow.
Questo sono andati a spiegarlo al sindaco Fabio Bottero (Pd) e al Consiglio comunale, presentandosi tutti assieme in aula durante l’ultima seduta. “Abbiamo ottenuto una tregua e nell’estate produrremo tutta la documentazione che ci è richiesta per andare a fare una nuova trattativa in prefettura, assieme all’amministrazione e alla banca che è proprietaria dei muri, sperando di riuscire ad avere un aiuto per rilevare questo spazio”. Girando per capannoni e spazi aperti, si trovano botteghe artigiane, iniziative sperimentali di riciclo di materiali di scarto, una biblioteca curata da un’associazione di disabili; un magazzino che ospita la merce di Gas milanesi e i prodotti equi di cooperative e associazioni no profit di mezza Italia. Ci sono anche vari artisti e c’è uno studio di un commercialista, un’area imballaggio per container diretti in Africa gestito da migranti. C’è anche un Cral aziendale con teatro, bar cucina e mensa. Grande amico degli occupanti è quel don Massimo Mapelli che dirige la Caritas della zona Sud di Milano e la “Masseria” confiscata alla mafia a Cisliano. Sostenitore è anche don Gino Rigoldi. “Sono bravi ragazzi e vanno aiutati – dice don Gino – . Sono onesti, pieni di energie, di voglia di lavorare. Le istituzioni li aiutino”. Come andrà a finire la partita, si vedrà a settembre.
dal corriere
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