Caro Operai Contro,
dopo i 1.646 licenziamenti del 2016 Almaviva torna alla carica con 65 licenziamenti mascherati da trasferimenti. Uno dei modi che i padroni si son dati per licenziare operai e lavoratori, è la formula del democratico trasferimento. Se ti trasferiscono di mille chilometri, da Milano a Cosenza ti mettono in condizioni di licenziarti. Altre aziende trasferiscono all’estero i dipendenti, da Milano a Barcellona o altrove. Il trasferimento è democratico, puoi accettarlo o rifiutarlo, nessuno ti obbliga. La democrazia dei padroni funziona così. Bisogna spazzarla via il più presto possibile
Saluti da un lettore
Mando un articolo di Lettera 43
«La presente per informarla che, in seguito al sopravvenire di oggettive esigenze aziendali di natura organizzativa e tecnico-produttiva, è stato disposto al suo trasferimento dall’attuale sede di lavoro sita presso l’unità produttiva di Milano, a quella localizzata presso l’unità produttiva di Rende (Cosenza)». Comincia così la lettera che hanno ricevuto o stanno ricevendo in queste ore 65 dei 110 dipendenti del call center Almaviva dopo la fine della commessa Eni. Per tenersi un lavoro si dovrebbero trasferire a più di mille chilometri di distanza e presentarsi nel nuovo ufficio alle ore 12 di venerdì 3 novembre 2017.
GRUPPO DA 32 MILA DIPENDENTI. Almaviva Contact spa, costola di un gruppo da 32.500 dipendenti di cui 14 mila in Italia con un fatturato nel 2016 di 733 milioni di euro, ha risposto così al no dei lavoratori all’ipotesi di accordo raggiunta con Fistel Cisl «per salvaguardare», si legge nel verbale dell’incontro tra le parti del 6 ottobre, «la sostenibilità del sito produttivo» dopo la perdita di una commessa il cui valore rappresentava circa il 25% dei ricavi complessivi.
A MILANO STESSA SORTE DI ROMA. A Milano è andato quindi in scena più o meno lo stesso copione che a Roma a fine dicembre 2016 portò al licenziamento di 1.646 persone. Ieri come oggi la bozza d’accordo è stata messa ai voti in un referendum. E ieri come oggi la maggioranza dei lavoratori ha detto no. Su 440 votanti, i sì sono stati 107, i 332 voti contrari: il 75%.
«Così», spiega a Lettera43.it Silvio Belleni, segretario generale Cisl Fistel, «l’azienda ha aperto un trasferimento collettivo per 65 lavoratori». Belleni, assicurando che il sindacato cercherà la trattativa fino all’ultimo per trovare soluzioni alternative e convocherà un tavolo al ministero dello Sviluppo economico, lascia intendere che il trasferimento in Calabria non è altro che un «licenziamento mascherato».
«MOLTI PENSAVANO FOSSE UN BLUFF». Trasferirsi per stipendi che raramente superano i 1000 euro all’altro capo dell’Italia lasciando famiglie e affetti è una condizione inaccettabile nonostante sia prevista dal contratto. Il no, continua il sindacalista, «è soprattutto il frutto di un generale malumore nei confronti dell’azienda. I lavoratori non coinvolti direttamente forse si sono sentiti più protetti e garantiti e hanno votato contro l’accordo. Molti poi pensavano che si trattasse di un bluff», in altre parole uno spauracchio della società per strappare una intesa più favorevole possibile. E non per i lavoratori. Così non è stato e due giorni dopo il referendum sono partite le prime lettere di trasferimento con raccomandata assicurata.
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