Redazione di Operai Contro,
i padroni dell’ILVA sfruttano sino alla morte noi operai
Da molti anni denunciamo gli assassini di noi operai e dei nostri figli.
La magistratura alle volte ha finto di interessarsi, ma niente è cambiato
Ora la magistratura si accorge delle colline di rifiuti industriali creati dall’Ilva
Oltre 4000 operai dell’Ilva verranno licenziati dai nuovi padroni e potranno morire di fame.
Gli operai che avranno la condanna di restare all’ILVA potranno morire di lavoro e rifiuti
Solo la rivolta di noi operai può cambiare la realtà
Un operaio dell’ILVA
Dalla Gazzetta del Mezzogiorno
TARANTO – Disastro ambientale. E’ uno dei reati che il pm del Tribunale di Taranto, Mariano Buccoliero, contesta alle 21 persone coinvolte nell’inchiesta sulle collinette di rifiuti industriali create dall’Ilva al confine con la gravina di Leucaspide, nel territorio di Statte, in parte franate in una zona di particolare pregio.
Secondo la perizia redatta dall’ingegner Giuseppe Lamusta per conto di Vito De Filippis, uno dei proprietari della tenuta Leucaspide, nella zona protetta a ridosso della gravina sarebbero stati sversati – dal 1995 a oggi – oltre 5 milioni di metri cubi di rifiuti (contenenti anche berillio, pcb e arsenico). L’avviso di conclusione delle indagini preliminari arriva al culmine di una minuziosa attività di indagine che si basa su diverse consulenze. Non è un’inchiesta nuova. Già nel febbraio del 2016 furono notificati 9 avvisi di garanzia per reati analoghi. I rifiuti – secondo l’accusa – hanno riempito la gravina, provocando danni all’ambiente circostante e all’acqua in falda e invadendo anche proprietà private.
Sono indagati ex rappresentanti del Cda di Ilva spa e Riva Fire spa e del consiglio di famiglia Riva (Fabio Arturo, Claudio, Nicola, Daniele, Cesare Federico, Angelo Massimo, Adriano ed Emilio Massimo Riva, Laura Bottinelli e Giorgio Silva); gli ex direttori del sito di Taranto Salvatore Ettore, Luigi Capogrosso, Salvatore De Felice, Adolfo Buffo, Antonio Lupoli, Ruggero Cola, l’attuale direttore Antonio Bufalini e i dirigenti di stabilimento Renzo Tommassini, Antonio Gallicchio, Domenico Giliberti e Alessandro Labile.
A vario titolo, vengono contestati i reati di disastro ambientale doloso, distruzione e deturpamento di risorse naturali, danneggiamento, getto pericoloso di cose e mancata bonifica dei siti inquinanti. Stando alle contestazioni del pm inquirente, gli indagati avrebbero consentito e comunque “mantenuto, senza metterle in sicurezza, diverse discariche a cielo aperto di rifiuti pericolosi e non pericolosi di origine industriale situate su tutto l’argine sinistro della gravina Leucaspide sino al limite del confine con l’azienda agricola di proprietà della famiglia De Filippis», determinando così la realizzazione di grandi depositi costituiti dai rifiuti dall’ altezza di oltre 30 metri sopra il piano campagna. Si tratta di discariche prive di precauzioni – sostiene l’accusa – contro lo spandimento di polveri pericolose per la salute, frane delle collinette e la dispersione di percolato nella falda. A causa delle ripetute frane dei cumuli di rifiuti, finiti in fondo alla gravina, «è cambiata – viene contestato nel capo d’imputazione – la morfologia della zona, sino a deviare il corso d’acqua esistente, inquinando l’ambiente».
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