Agli operai di diverse fabbriche di Torino che hanno inviato alla redazione del nostro giornale un articolo in cui scrivono di aver incominciato a studiare ed approfondire il contenuto dell’opuscolo di K.Marx sul lavoro salariato e capitale .
È un lavoro utile, ma ci permettiamo di fare alcune osservazioni.
Il vostro lavoro contiene degli errori che vanno assolutamente corretti. Scrivete: “il borghese compera il nostro lavoro con il denaro”.
Il borghese non compera affatto il lavoro dell’operaio ma compra la sua forza-lavoro.
Il vostro errore nel confondere “lavoro” con forza-lavoro apre lo spazio ad ogni menata sul valore del lavoro. Questo vostro grossolano errore porta fino alla “dignità” del lavoro che voi in fondo dite di voler combattere.
Fate rientrare dalla porta quello che vorreste gettare dalla finestra, e non rendete giustizia alla critica al sistema dello sfruttamento degli operai fatta da Marx.
La teoria marxista è una cosa seria e non può essere trattata con superficialità ed approssimazione.
Chiarisce Friedrich Engels in una importante introduzione all’opuscolo “Lavoro salariato e capitale” del 1891, opuscolo che riprendeva la serie di articoli apparsi sulla Neue Rheinische Zeitung a partire dal 4 aprile 1849, e basati sulle conferenze che Karl Marx aveva tenuto nel 1847 alla Associazione degli operai tedeschi di Bruxelles:
“Possiamo voltarci e rigirarci come vogliamo, non usciremo da questa contraddizione fino a tanto che parleremo di compra e di vendita del lavoro e di valore del lavoro. Ed è appunto ciò che è accaduto agli economisti. L’ultimo prodotto dell’economia classica, la scuola ricardiana, fallì in gran parte per non aver saputo risolvere questa contraddizione. L’economia classica si era cacciata in un vicolo cieco. Chi trovò la via per uscirne fu Karl Marx.
Ciò che gli economisti avevano considerato come costo di produzione del “lavoro”, erano i costi di produzione non del lavoro, ma dello stesso operaio vivente. E ciò che questo operaio vendeva al capitalista non era il suo lavoro. “ Appena il suo lavoro comincia realmente — dice Marx — esso ha già cessato di appartenergli e quindi non può più essere venduto da lui”. Egli potrebbe dunque tutt’al più vendere il suo lavoro futuro, cioè assumersi l’obbligo di compiere una determinata prestazione di lavoro in un tempo determinato. Ma in questo modo egli non vende lavoro (che si dovrebbe ancora fare), ma pone a disposizione del capitalista per un certo tempo (salario giornaliero) o per una determinata prestazione di lavoro (salario a cottimo) la sua forza-lavoro, contro una determinata paga; egli cede, cioè vende, la sua forza-lavoro. Questa forza-lavoro è però unita insieme con la sua persona e inseparabile da essa. I suoi costi di produzione coincidono dunque con i costi di produzione dell’operaio: ciò che gli economisti chiamavano costi di produzione del lavoro, sono appunto i costi di produzione dell’operaio e quindi della forza-lavoro. E così possiamo risalire dai costi di produzione della forza-lavoro al valore della forza-lavoro, e determinare la quantità di lavoro socialmente necessario che si richiede per la produzione di una forza-lavoro di qualità determinata, come ha fatto Marx nel capitolo sulla compra e vendita della forza-lavoro.”
La redazione di Operai Contro
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