Redazione di Operai Contro,
nei dibattiti televisivi i politici si dividono tra quelli a favore degli emigranti e quelli contrari. In realtà non denunciando l’imperialismo italiano sono tutti contro gli emigranti.
Politi a favore e politici contrari inneggiano alla politica del mazziere del Pd contro gli emigranti
I padroni italiani fanno affari in Africa per aumentare i loro profitti e per avere soldi per pagare l’aristocrazia operaia in Italia.
L’aristocrazia operaia serve ai padroni per impedire agli operai di organizzare il Partito Operaio per sconfiggere i padroni
Intanto in Africa aumenta la presenza dei soldati dei padroni italiani
I soldati sono In Africa per difendere gli interessi dei padroni Italiani
La piccola borghesia evita la lotta contro l’imperialismo perchè aspetta l’elemosina dai padroni
Gli operai sono contro l’imperialismo e dalla parte della popolazione Africana
Vi invio questo articolo di affarinternazionali
Un operaio di Torino
Africa: l’Italia in testa alle classifiche degli investimenti
L’Italia è il primo Paese europeo per valore degli investimenti diretti esteri (Ide/Fdi) realizzati nel 2016 in Africa, con un totale di 20 progetti per complessivi quattro miliardi di dollari. È uno dei dati più significativi contenuti nell’ultimo rapporto della società internazionale di servizi di revisione e organizzazione contabile Ernst&Young (EY) sull’attrattività delle economie africane, da cui emerge che a livello mondiale per valore degli investimenti l’Italia è dietro solo a Cina (36,1 miliardi di dollari in Ide nel 2016), Emirati Arabi Uniti (11 miliardi) e Marocco (4,8 miliardi). Complessivamente, secondo l’elaborazione di EY su dati fDi Markets (l’unità di analisi economica del Financial Times), gli investimenti italiani in Africa hanno rappresentato nel 2016 il 4,3% del totale degli Ide nel continente.
Una conferma di un cambiamento in corso
Il rapporto diffuso a maggio ha avuto una certo eco a livello nazionale solo quest’estate grazie al rilancio della notizia fatto dal viceministro degli Esteri Mario Giro sui social network, in un momento in cui l’immagine dell’ Africa nel dibattito politico e sociale italiano sembrava arenata solo sulla questione delle migrazioni.
Rispetto allo scorso anno, il numero dei progetti d’investimento italiani è cresciuto da 16 a 20, mentre il valore assoluto degli Ide italiani è sensibilmente diminuito rispetto ai 7,4 miliardi di dollari registrati nel 2015.
Il dato relativo all’Italia contenuto nell’ultimo rapporto di EY appare in realtà come una conferma di un cambiamento già in atto. Per capire se siamo di fronte ad una nuova tendenza ci sarà da aspettare ancora qualche anno. Ma intanto non si può ignorare che negli ultimi due anni l’Italia è tornata in cima alla classifica degli investitori in Africa.
Il dato più impressionante è quello fatto registrare nel 2016 relativo agli investimenti italiani del 2015, quando l’Italia risultava addirittura il primo investitore in assoluto. Anche in questo caso fu il rapporto di EY a far emergere la novità, passata quasi in silenzio in Italia. Il numero degli investimenti diretti esteri (Ide/Fdi) dall’Italia verso l’ Africa nel 2015 era raddoppiato rispetto all’anno precedente, passando a un totale di 16 nuovi progetti per un valore complessivo di 7,4 miliardi di dollari e consentendo in questo modo al nostro Paese di affermarsi quale primo al mondo per volume degli investimenti diretti esteri in Africa (suoi il 10,4% del totale del volume degli investimenti diretti esteri verso l’Africa in quell’anno).
Secondo i dati resi noti da EY, proprio grazie ai risultati del 2015 l’Italia è rientrata per la prima volta dopo anni nell’elenco dei 15 principali Paesi originari degli Ide verso il continente africano, occupando l’11o posto di questa speciale classifica per numero di progetti.
Le destinazioni preferite e il peso dell’Eni
Destinazione preferita dei progetti d’investimento italiani in generale è il Sudafrica, in particolare nei settori delle energie rinnovabili e dei prodotti di consumo e vendita al dettaglio. Seguono quali principali destinazioni dei progetti italiani il Marocco, l’Egitto, il Mozambico e la Tunisia.
Andando a guardare più nel dettaglio i dati, emerge con chiarezza come il netto e improvviso aumento del volume degli Ide italiani in Africa sia legato in larga parte ad alcuni progetti del gruppo Eni, a cominciare da quello per lo sviluppo del gas naturale nel giacimento di Zohr in Egitto.
Il progetto di Zohr da solo, nel 2015, aveva portato ad un investimento pari a sei miliardi di dollari, sui 7,4 totali fatti registrare dal nostro Paese quell’anno.
In realtà più che sminuire, come hanno sostenuto alcuni commentatori, il ruolo dell’Italia, i progetti dell’Eni ne rafforzano la portata. Troppo spesso ci si dimentica che l’Eni è il primo player petrolifero del Continente e che dal continente a sud del Mediterraneo proviene oltre il 50% della produzione di gas e petrolio della compagnia del cane a sei zampe.
Proprio la presenza di Eni e le nuove attività in Africa (oltre l’Egitto, l’azienda italiana detiene i diritti su un altro gigantesco giacimento di gas al largo delle coste del Mozambico) consentiranno, probabilmente, all’Italia di restare ancora per alcuni anni in testa alle classifiche degli investitori in Africa.
Agganciare un treno che sembrava ormai perso
Questo non potrà che rafforzare il peso politico di Roma nel continente e, soprattutto, consente all’Italia di agganciare un treno che sembrava perso. A partire dall’inizio degli Anni 2000, infatti, l’Italia appariva rispetto all’ Africa in totale controtendenza. Negli ultimi 15 anni, secondo i dati Ocse, gli investimenti diretti stranieri in Africa sono quintuplicati, con una media di circa 55 miliardi annui. Nel 2013, l’anno del picco, gli Ide diretti in Africa hanno rappresentato il 6% degli Ide globali.
Un trend da cui l’Italia si era autoesclusa se consideriamo che, come si apprende dal rapporto Ocse ‘Italy & Africa 2015. Deepening economic ties’, nel periodo 2009-2014 gli investimenti italiani andavano diminuendo e il nostro paese era al 17o posto, superato fra gli altri da Grecia, Spagna e Svizzera. Ecco quindi che i dati degli ultimi anni possono costituire la base necessaria a rilanciare la partnership economica tra Italia e Africa, andando anche oltre l’Eni.
Una base da cui partire per facilitare l’ingresso nel continente africano di quell’universo di Pmi italiane che cominciano a guardare con curiosità al continente. E se l’Africa sta attraendo le Pmi, le cooperative e i consorzi italiani come modello di sviluppo (perché in grado di generare posti di lavoro e ricchezza per una popolazione in crescita esponenziale), le aziende italiane potrebbero trovare a sud del Mediterraneo e oltre il deserto nuovi mercati in crescita, troppo a lungo ignorati e sconosciuti.
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