per il dibattito
L’imperialismo non ha eliminato gli antagonismi fra le classi, esso ha soltanto sostituito – alle antiche – nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta che, se non controllate, possono far tremare dalle fondamenta il sistema.
Le contraddizioni del sistema capitalista fra sfruttati e sfruttatori generano costantemente conflitti. In una società divisa in classi, i conflitti latenti e ineliminabili esplodono periodicamente e si manifestano in tutta la loro violenza durante le crisi economiche.
Nelle crisi mentre pochi borghesi si arricchiscono a dismisura, alcune classi sociali sono penalizzate, altre perdono i loro privilegi. La borghesia da tempo ha tramutato il medico, il giudice, il prete, lo scrittore, il poeta, lo scienziato, in salariati al suo servizio.
La sfiducia crescente delle masse proletarie e popolari, della piccola borghesia e anche della “classe media” verso i partiti e le istituzioni è evidenziata dall’astensionismo nelle tornate elettorali.
Questo è un campanello d’allarme per il sistema, anche se finché rimane una massa amorfa, che mugugna, senza organizzazione non fa paura. Tuttavia il dissenso va controllato e incanalato nel sistema di democrazia borghese, smussandone gli aspetti rivoluzionari ed eversivi, con la nascita di nuovi partiti e rappresentanze parlamentari. E’ il caso del Movimento 5 stelle, di “Liberi e Uguali”, ma anche dei gruppi fascisti di destra, Casa Pound e Forza Nuova e camerati vari.
Riportare e incanalare questi conflitti nell’ambito della “democrazia borghese” è il compito che il sistema capitalista assegna ai partiti borghesi (di centro, di destra o sinistra) quando avviene il distacco, lo scollamento delle masse dalla politica, perché nessun cambiamento del modo di produzione nella storia è avvenuto per via elettorale
Oggi – in una società in cui la lotta di classe si fa più cruenta fra le stesse frazioni della borghesia imperialista, che però si trovano sempre d’accordo nello sfruttare al massimo la classe operaia – il proletariato non ha un suo partito di riferimento.
Nel momento in cui la situazione oggettiva e le contraddizioni interimperialiste sono al massimo livello, i pochi operai e proletari rivoluzionari, comunisti, sono costretti a lavorare nel movimento di massa, sindacale, sociale, divisi fra loro, frazionati, dispersi e annacquati fra alcune decine di organizzazioni che si definiscono “comuniste” senza alcun confronto fra loro, alcun dialogo, con gli operai spesso isolati anche nelle loro organizzazioni.
Cominciare a interrogarsi sul come uscire dal pantano in cui siamo caduti, come ricomporre la classe proletaria, la nostra organizzazione politica rivoluzionaria, è il compito di chi si batte contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, prima di tutto di chi subisce sulla propria pelle lo sfruttamento capitalista.
L’emancipazione operaia e umana può essere realizzata soltanto da una classe internazionale, l’unica che – emancipando se stessa – può emancipare contemporaneamente l’intera società umana.
Oggi serve una sola organizzazione di classe proletaria anticapitalista-antimperialista di combattimento, indipendente, non di mera rappresentanza. Un unico partito comunista realmente avanguardia della sua classe, che sappia unire le varie avanguardie rivoluzionarie nell’abbattimento del sistema capitalista dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
E’ giunto il momento in cui gli operai rivoluzionari e comunisti, che si riconoscono come appartenenti ad un’unica classe internazionale, prendano in mano direttamente il compito di costruire un’unica grande organizzazione di classe che si pone l’obiettivo del potere operaio.
Un partito che, contro la dittatura del capitale e dell’imperialismo, si batta per costruire la più ampia forma di democrazia operaia: la dittatura del proletariato in un sistema socialista.
Le avanguardie – a prescindere dalle organizzazioni in cui oggi militano – devono iniziare un confronto serio fra loro, nei luoghi di lavoro, nel territorio, nella società senza delegare ad altri, neanche ai loro “capi”, il compito di costruire la loro organizzazione.
Oggi il “che fare” è: quale deve essere il ruolo dei comunisti nel movimento di massa attuale?
Su questo vale la pena confrontarsi e scontrarsi.
Michele Michelino
Da nuova unità gennaio 2018
Ciao Michele, l’imperialismo spinge all’estremo l’antagonismo tra i padroni e gli operai. La concentrazione del Capitale in poche mani scatena una feroce guerra economica tra i capitalisti e quando subentrano gli Stati a difendere gli interessi nazionali della borghesia, la guerra economica si trasforma in una guerra militare. Questo ha effetti catastrofici sugli operai: licenziamenti, ritmi insostenibili, salari da fame, morti sul lavoro sono diventati la normalità quotidiana. Una miseria talmente estesa che colpisce circa 20 milioni di persone, un terzo della popolazione italiana: questi sono numeri che nemmeno la stampa borghese asservita può nascondere, io però ritengo che siano di molto inferiori alla realtà. Questo è ciò che il proletariato vive sotto la dittatura economica capitalista: questa triste realtà può aggravarsi ulteriormente perché i padroni possono decidere di scatenare una guerra per garantirsi il dominio e il profitto. Questa guerra, come è già successo nel passato, i capitalisti la faranno combattere agli schiavi salariati e porterà oltre alla miseria che già viviamo, morti e macerie tra il proletariato mondiale; dopo il massacro, i padroni ripartiranno con il nostro sfruttamento. Chi può impedire tutto questo? Solo gli operai organizzati in modo indipendente nel partito operaio. Michele, sono d’accordo quando scrivi che astenersi nelle tornate elettorali non è sufficiente e che il cambiamento del modo di produzione capitalista non è mai avvenuto per vie elettorali. Come uscire dal pantano in cui siamo caduti? Il volontarismo non è sufficiente, non sono sufficienti i programmi di resistenza affidati alla costruzione di micro comunità autorganizzate nel corpo putrido della società borghese: i partitini autoreferenziali, tutti quelli che ritengono il proprio orticello più rigoglioso perché protetti da solidi steccati fatti di paroloni pseudo-rivoluzionari, questi non si rendono conto che la borghesia li spazzerà via come foglie al vento. Gli unici che possono mettere a nudo la fragilità dei piedi di argilla che reggono la borghesia sono gli operai; questo i padroni lo sanno e si sono attrezzati per condizionarli e sottometterli, hanno creato un dualismo politico composto da partiti di destra e di sinistra che la borghesia utilizza a seconda della fase in cui si vive; hanno diviso gli operai con dei sindacati asserviti che a loro volta si dividono quando devono ricevere dai padroni assunzioni clientelari (che servono a rinforzare la burocrazia), quando devono avere il riconoscimento politico di chi deve rappresentare gli operai, ma che trovano l’unità quando devono ammorbidire la volontà di lotta degli operai pilotando le lotte nel modo più consono agli interessi dei padroni; sindacati che invocano tavoli e tavolini dove si siedono insieme ai padroni e politicanti che rappresentano le istituzioni borghesi e questi incontri finiscono sempre come vogliono i padroni: licenziamenti o, ben che vada, con la miseria degli ammortizzatori sociali. A questo bisogna aggiungere un apparato repressivo sempre pronto a manganellarci e nel passato anche ad ammazzarci nelle piazze, una giustizia pronta ad avvallare i nostri licenziamenti, a intimorirci con anni di galera, ma sempre disposta ad assolvere i padroni per i massacri che avvengono nelle fabbriche, veri e propri lager dei padroni; le morti sul lavoro sono morti bianche: nessuno è colpevole, il Dio profitto va salvaguardato. Operai, sotto la dittatura capitalista gli schiavi salariati non hanno nessun diritto! Che Fare? Operai, dobbiamo prendere coscienza che per noi non esiste la destra e la sinistra, esistono solo i nostri sfruttatori e per liberarci dei padroni che ci rendono schiavi salariati dobbiamo organizzarci in modo indipendente; questo è possibile solo se siamo in grado di ricomporci come classe. Questo per noi è un passaggio obbligato per costruire il PARTITO OPERAIO, unico strumento che ci permette di lottare in modo organizzato contro i padroni; le fabbriche sono il nostro territorio: dove siamo uniti e organizzati, decidiamo noi come portare avanti le lotte (vedi INNSE). Dove siamo deboli le avanguardie operaie devono decidere come muoversi per tutelarsi dalla repressione, per poter garantire l’intervento perché non possono esimersi dal veicolare fra gli operai la critica complessiva al modo di produzione capitalista; le stesse devono avere la capacita di capire quando la massa degli operai è pronta alla lotta ed è in grado di ricomporsi come classe. Le avanguardie comuniste che agiscono sul territorio devono riconoscere la centralità della classe operaia nella lotta di classe contro la borghesia, non devono rincorrere tutte le contraddizioni che la borghesia semina volutamente per distogliere l’attenzione dall’obiettivo principale che è quello di unire le lotte degli operai con le altre lotte presenti sul territorio; la loro presenza ai picchetti che gli operai praticano per resistere agli attacchi dei padroni serve per rinforzare politicamente queste lotte, nelle fabbriche e sul territorio per fare un fronte comune contro la borghesia. OPERAI NON CI SONO ALTERNATIVE: O DIVENTIAMO ARTEFICI DEL NOSTRO DESTINO O RESTEREMO SCHIAVI PER SEMPRE. ANTONIO LANZA (TONINO).