Caro Operai Contro,
gli schiavi in bicicletta ovvero i “ciclofattorini” che consegnano cibo a domicilio, hanno scioperato ancora contro le miserabili condizioni in cui lavorano ed i salari da fame: “Vogliamo rompere il muro del silenzio delle piattaforme e che questo lavoro venga riconosciuto con tutti i suoi diritti e le tutele. Chiediamo un’inquadratura contrattuale coerente con la nostra posizione di lavoratori subordinati, un salario dignitoso che venga portato sugli otto euro netti l’ora, indennità in caso di maltempo e lavoro festivo, considerando anche che lavoriamo in ore notturne, ma questo per i nostri datori di lavoro non fa differenza”. I ciclofattorini denunciano “un generale inasprimento delle condizioni di lavoro”, come la decurtazione del minimo orario da parte di Glovo, che ha abbassato la retribuzione da 6,40 a 4,40 euro netti, “in direzione del cottimo come unica forma di retribuzione”, e l’intensificazione dei ritmi di lavoro, dove chi è più bravo – ovvero chi ha un “ranking” più alto, come avviene per Glovo, può accaparrarsi più turni”.
A Bologna i ciclofattorini sono circa 200 ma quanti sono in tutta Italia? Devono ringraziare la Fornero ed il Jobs act di Renzi, i quali abolendo la giusta causa nei licenziamenti e introducendo nuove norme, costringono i giovani e quanti non più giovani sono stati espulsi e licenziati dalle precedenti occupazioni, ad accettare lavori e condizioni inaudite. I ciclofattorini sono ovviamente solo un aspetto della precarietà del lavoro causato dalla Fornero col governo Monti, e dal Jobs act voluto e varato da Renzi e il suo governo. E pensare che certa gente è ancora in giro a chiedere voti.
Saluti da un operaio non votante
Invio articolo del Fatto Quotidiano
Bologna 23 febbraio 2018. Mai più consegne senza diritti”. I rider del cibo, che a Bologna lavorano per società come Just Eat, Deliveroo, Glovo, Sgnam, sono tornati a incrociare le braccia. Due ore di stop, dalle 19 alle 21, in una serata di neve (come avvenne il 13 novembre 2017 sotto lo slogan “una pizza non vale il rischio”, anche se stavolta lo sciopero era già in programma) in cui i fattorini hanno battuto le strade della città in bicicletta facendo tappa davanti ai locali bolognesi che solitamente hanno più richieste di consegne a domicilio, come Hamerica’s, McDonald’s, American Graffiti. “Vogliamo rompere il muro del silenzio delle piattaforme e che questo lavoro venga riconosciuto con tutti i suoi diritti e le tutele. Chiediamo un’inquadratura contrattuale coerente con la nostra posizione di lavoratori subordinati, un salario dignitoso che venga portato sugli otto euro netti l’ora, indennità in caso di maltempo e lavoro festivo, considerando anche che lavoriamo in ore notturne, ma questo per i nostri datori di lavoro non fa differenza”.
In città i rider sono circa duecento, un gruppo eterogeneo fatto di studenti, stranieri, ma anche persone di 40-50 anni rimaste fuori dal mercato del lavoro che hanno trovato un’ancora nella “gig economy”, la cosiddetta “economia dei lavoretti” (ma che per molti è tutt’altro che un hobby o un secondo lavoro) che fa a meno di contratti a tempo indeterminato o prestazioni continuative sostituendoli con il lavoro a chiamata. Per ogni turno, che dura in media tre ore, i ciclofattorini arrivano a macinare fino a cinquanta chilometri sui pedali. Per ogni consegna hanno circa mezz’ora di tempo da quando il cliente fa partire l’ordine, per una paga oraria che non supera i sette euro e che non contempla indennità in caso di maltempo o lavoro festivo. Non sono previste ferie, malattia, né tariffe differenziate tra consegne notturne e diurne, anzi, la tendenza, dopo mesi di iniziative e pressioni collettive da parte di “Riders Union” (tra cui un tavolo di confronto aperto con il Comune di Bologna) per il miglioramento delle condizioni di lavoro e sicurezza, “è un generale inasprimento delle condizioni di lavoro”, dicono i ciclofattorini, come la decurtazione del minimo orario da parte di Glovo, che ha abbassato la retribuzione da da 6,40 a 4,40 euro netti, “in direzione del cottimo come unica forma di retribuzione”, e l’intensificazione dei ritmi di lavoro, dove chi è più bravo – ovvero chi ha un “ranking” più alto, come avviene per Glovo, può accaparrarsi più turni.
“Le piattaforme assumono un numero di persone superiore alle reali necessità che vengono messe in competizione”, spiega Giorgio di Just Eat, “Sappiamo che il nostro lavoro viene stimato in base alla nostra velocità, all’esito positivo della consegna e alla disponibilità data, soprattutto nel weekend. Se non accetti di lavorare sabato e domenica, difficilmente ti verranno assegnati turno la settimana successiva”. Per questo, “vogliamo rompere il muro del silenzio delle piattaforme e che questo lavoro venga riconosciuto con tutti i suoi diritti e le tutele. Un’inquadratura contrattuale coerente con la nostra posizione di lavoratori subordinati, un salario dignitoso che venga portato sugli otto euro netti l’ora, indennità in caso di maltempo e lavoro festivo, chiarezza sulla privacy e sull’assegnazione dei turni”.
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