Non abbiamo per vocazione quella di ospitare tutti i migranti espulsi dall’Algeria. Così il ministro degli interni nigerino Mohamed Bazoum in seguito all’arrivo di centinaia di migranti ospitati nel centro OIM di Agadez. Originari del Mali, della Guinea e di altri paesi del Sahel, arrestati nella capitale e in altre città dell’Algeria, sono poi deportati nel deserto e abbandonati al sole di vento. Lui differenzia tra originari del Niger e gli altri che sono catalogati tra le non-persone, come scriveva anni fa l’amico Alessandro Dal Lago. Così, tra le categorie sociali, si può tracciare un confine: persone da una parte e non-persone dall’altra, che fingono di vivere nello stesso mondo. Una finzione che si traduce nella sconfessione del principio di sovranità umana. Le persone possono spostarsi e le non-persone invece destinate alla cancellazione, senza tracce se possibile, come un delitto perfetto. Dall’America di Trump all’Israele della terra poco promessa per eritrei, somali, sudanesi e assimilati criminali, si passa alla civilissima Francia di Macron, portavoce autorizzato della divina separazione tra rifugiati, degni di rimanere nel paese dei diritti e gli altri. I migranti economici, così designati, indegni di essere trattati da persone. Per questi ultimi la Francia, afferma il presidente, non ha per vocazione a diventare terra di soggiorno. Una spiritualità politica nella quale la parola vocazione, una volta intesa come chiamata al servizio del bene comune, ora profuma di respingimento. La presa di possesso e lo stupro delle parole non è che l’effetto e la causa della deriva della civiltà dei lumi, che funzionano grazie all’uranio del Niger. L’Italia si inserisce da par suo nella stessa prospettiva imperiale di seconda o terza generazione, vedi la Libia. Lo spettro che ossessiona il mondo, diverso da quello di Marx e Engels del Manifesto, è oggi quello rap-presentato dai migranti. Non si spiegherebbe che, persino il compassato Osservatore Romano, scriva sulle non-persone s-comparse nel Mediterraneo. Si, comparse con una S davanti alla tomba fatta d’acqua e di sale. La frontiera più mortale del mondo è alle porte del Sahel e del Mare Nostro, una sponda che ne unisce un’altra, dalla sabbia del deserto a quella del mare. Tra il 2016 e il 2017 i morti hanno superato il numero di dodicimila. Proviamo ad aggiungere gli altri s-comparsi nel deserto o nei campi di detenzione ed eliminazione e avremo la cifra di una guerra che di silenzioso ha solo la viltà della codardia. Quest’ultima imprime le medesime politiche negli Emirati Uniti e nel Sudafrica dello scomparso e tradito Mandela. Gli eritrei sono venduti da Israele e forse esportati nel Rwanda del dittatore Kagame, attuale presidente dell’Unione Africana dove alcuni rifugiati del Congo sono stati uccisi dalla polizia di questo paese. La lista delle non-persone si allunga senza fine. Non contano ma sono scontate. Le non-persone non hanno un volto ma biometrie digitalizzate. Non hanno età ma enrano nelle statistiche di ripopolamento nei paesi senza futuro. Non hanno frontiere ma disegnano i nuovi confini del mondo. Le non-persone non sono rappresentati alle Nazioni Unite eppure formano lo stato di Utopia che il buon Thomas More immaginava. Non inventano nulla di nuovo ma sono portatori sani, come scrive l’amico massimo Angelini, di un’altra maniera di vivere. Le non-persone sono messi da parte ma rendono importanti chi si occupa di loro. Ad Agadez e a Niamey ci sono loro. Gruppi di giovani assunti dall’OIM, che delle Migrazioni Vincenti (per chi li paga), fanno il loro cavallo di battaglia. Hanno magliette rosse e la carta di riconoscimento tipica delle ONG. Passano nei quartieri poveri dove le non-persone, espulse, deportate e sconfitte, si trovano a vivere. Con l’album delle foto di migranti torturati e svenduti in Libia e pestati altrove, fanno campagne di convincimento presso i migranti per tornare ai paesi di origine, anche nelle stazioni dei bus. Si chiamano mobilizzatori di comunità e distribuiscono gratuitamente depliants. Le non-persone sono povere ma arricchiscono molti.
Mauro Armanino, Niamey, febbraio 017
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