in nome della sicurezza e prevenzione sul lavoro, il 1° maggio è stata un’occasione per il sindacalismo dell’aristocrazia operaia, di lanciare una campagna per la cultura del lavoro.
I sindacalisti non potevano tacere dell’impennata che stanno avendo i morti sul lavoro, né potevano ignorare l’alto livello di sfruttamento, dalle fabbriche ai nuovi lavori.
Si sono inventati la “cultura del lavoro”, di quel lavoro che sempre più chiaramente emerge per quello che è: un rapporto di schiavitù salariale.
Lo sfruttamento operaio, i morti sul lavoro, non sono “casualità”, “fatalità” “infortuni”, ma sono connaturati con il rapporto di lavoro degli operai.
La cultura del lavoro è una grossa mistificazione che riconosce e vuole perpetrare nel profitto il fondamento di questo sistema sociale.
Se il profitto è la ragione dello sfruttamento operaio e delle morti sul lavoro, gli operai devono lottare per abolire il profitto, e con esso il padrone con tutti i rapporti di produzione e rapporti sociali che ne derivano, sopra i quali si fonda l’attuale sistema sociale.
L’aristocrazia operaia insieme ai padroni e ai parassiti che se la spassano sopra il lavoro salariato, propagano falsità sugli operai, del tipo che “il lavoro emancipa”, e anche “il lavoro crea dignità”.
L’unica dignità per gli operai è organizzarsi per una lotta coerente contro i padroni, per seppellire il lavoro salariato ed il sistema sociale dei padroni sul quale si regge. Solo così gli operai potranno parlare di emancipazione.
Saluti per il partito operaio
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