Si è svolto da poco il Festival dell’Economia a Trento. Un’occasione per decine di operatori economici commentatori e giornalisti del settore, per incontrarsi e tessere le lodi del sistema economico dominante, ma soprattutto affrontare l’argomento principe del festival: la fabbrica 4.0. In proposito è intervenuto il presidente dell’INPS, nonché responsabile del quotidiano economico on line “la Voce”, Tito Boeri che ha raccontato una strana storia sui pulcini.
“Da piccolo – ha sussurrato – ho cercato, invano, di allevare un ghiro e accarezzato qualche pulcino. Ma credo che nessun bambino vorrebbe mai svolgere un mestiere, oggi molto ricercato, in cui si prendono in mano milioni di pulcini.”
Questo mestiere, per chi non ne fosse al corrente, è svolto da lavoratori che si chiamano i sessatori e sono coloro che devono separare i pulcini femmine dai pulcini maschi alla velocità di almeno 20 batuffolini gialli al minuto e non possono assolutamente sbagliarsi: il margine di errore non deve superare il 2-3%.
Secondo alcune stime, per diventare competente ogni sessatore che si rispetti deve imparare le configurazioni di un migliaio di orifizi, un compito reso ancora più difficile dal fatto che deve riconoscere il sesso del pulcino quasi «al volo». Non ha tempo per riflettere. Se esita anche solo un paio di secondi, la sua presa sul pulcino può rendere l’orifizio di una pollastrella perfettamente uguale a quello di un galletto. E gli errori si pagano cari.
È un mestiere duro, faticoso che si tramanda di generazione in generazione, dotato di un proprio albo e ben retribuito. Gli operatori che lo svolgono godono di molti privilegi dovuti proprio alla loro abilità e alla difficoltà del mestiere.
“Tuttavia – afferma Boeri – è un lavoro alienante, spietato (i pulcini maschi vengono per lo più uccisi) e ripetitivo. Per fortuna interverrà la tecnologia che fra qualche anno spazzerà via questo residuo di mestiere feudale che intoppa la velocità di separazione tra i sessi e impedisce di incrementare la produttività. “C’è da scommettere che fra qualche anno verrà interamente rimpiazzato da un qualche robot industriale, meno costoso, più rapido (si parla di 60-70 pulcini al minuto) e in grado di ridurre ulteriormente gli errori”.
Dopo questa illuminazione sugli orifizi, il Presidente si lancia in una riflessione quasi sanitaria: “La tecnologia – dice – può elevare il lavoro e creare tempo libero. Ma la sua avanzata si accompagna al consumo diffuso di ansiolitici.”
Certo, ogni volta che le macchine sostituiscono gli operai, creano tempo libero ma non per loro. Il tempo che viene liberato finisce tutto nelle tasche del loro padrone sotto forma di atomi di plusvalore. Per gli operai liberati comincia allora il calvario della ricerca di una nuova occupazione che oggi potrebbe essere saltuaria o magari a livelli salariali inferiori. La fortuna di aver perso un lavoro alienante ma stabile si trasforma nel calvario dell’insicurezza, della preoccupazione di arrivare dalla propria famiglia senza la possibilità di garantire una vita serena. Per questo Boeri parla di “incremento di consumo di ansiolitici”.
Ma non preoccupiamoci troppo di quei lavoratori che perdono il posto, sono solo un piccolo effetto collaterale del grande progresso a cui siamo destinati. Il progresso si sa, è come una bomba intelligente che ogni tanto colpisce un asilo, ma possiamo forse per questo perdere la guerra?
Però non dobbiamo essere pessimisti, “Ogniqualvolta si assiste ad un’accelerazione del progresso tecnologico, – afferma Boeri – le tesi secondo cui le macchine sostituiranno interamente l’uomo prendono piede”. Ma lui sa bene che non è così. Infatti “La fine del lavoro è stata decretata centinaia di volte, con un pessimismo tecnologico che trascende gli anni di crisi ma “nelle economie di tutto il mondo si continuano a generare milioni di posti di lavoro e il tasso di occupazione (il rapporto fra occupati e popolazione in età lavorativa) è cresciuto nel corso del XX secolo pressoché ovunque.
È la famosa teoria della compensazione elaborata dai teorici dell’800 come Mill, Senior e Torrens: Anche se la disoccupazione può aumentare bruscamente durante le recessioni, ed è oggi insopportabilmente alta in alcuni paesi, tra cui il nostro, non c’è traccia di una crescita di lungo periodo della disoccupazione”.
Quindi possiamo tirare un sospiro di sollievo. Non importa se qualcuno perde momentaneamente il posto di lavoro e vada in miseria, per Boeri “Automazione significa distruzione di lavoro, sostituzione di lavoro svolto dall’uomo con macchinari, ma l’automazione in genere porta con sé anche un aumento della produttività e dei salari nei lavori che le macchine non riescono a sostituire. A questo ragionamento il suo volto si illumina: – questa creazione di valore del lavoro comporta, a sua volta, creazione di lavoro”. E quindi tutto si compensa.
Come si può vedere, anche i pensieri contorti di Boeri non si sottraggono alla regola che vuole il sacrifico della correttezza teorica sull’altare di chi alimenta il suo portafoglio. Così il semplice dato di fatto per nulla nuovo che le macchine liberano l’operaio dai suoi mezzi di sussistenza diventa per il Presidente dell’Inps, che le macchine liberano mezzi di sussistenza per l’operaio. Si vede che tutto si riduce al modo di esprimersi, o per dirla con Marx, “ Nominibus mollire licet mala: è permesso mitigare i mali dando loro altri nomi”.
Ma forse Boeri ha le idee un po’ confuse. Automazione non significa “distruzione di lavoro”, semmai significa riduzione della forza lavoro e intensificazione dei ritmi di quella che rimane. Questo meccanismo porta a modificare la composizione organica del capitale spingendo in alto i profitti. L’aumento della produttività che se ne ricava poi non porta all’incremento dei salari come pensa Boeri. Al contrario essi subiscono una ulteriore svalutazione. E lo stesso incremento dell’occupazione non è così scontato e comunque non riguarderà certamente i lavoratori espulsi da quel macchinario.
A questo punto un’ombra oscura il pensiero del Presidente dell’Inps. Si sente preoccupato per il reddito dei lavoratori che saranno sostituiti dalle macchine 4.0. Forse intravede possibili esborsi da parte dell’Ente che presiede per futuri sussidi di disoccupazione da dover tirar fuori per via di questi maledetti effetti collaterali. E la coperta si sa è corta: “Il progresso tecnologico porta con sé nuovi problemi distributivi che i nostri sistemi di protezione sociale non sembrano ancora in grado di gestire. Sono stati introdotti con l’obiettivo di contenere i costi sociali delle fluttuazioni cicliche, ma non sembrano oggi in grado di affrontare problemi strutturali, di lungo periodo, come quelli legati al futuro di chi di colpo ha visto il proprio capitale umano deprezzarsi grandemente”.
Forse Boeri non lo sa, ma possiamo ricordarglielo noi. Il compito storico di questo sistema sociale è quello di portare al massimo sviluppo le forze produttive. Dopo di che il tempo delle elemosine sarà terminato. Sarà allora compito nostro mandarlo all’inferno accompagnato da tutti i sicofanti che ne hanno goduto tessendone le lodi.
F.A
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