Marchionne contro Mimmo Mignano, chi poteva vincere la causa? Naturalmente Marchionne, più in alto si va e più è compatto il potere.
La Cassazione sa di cosa parla: del potere del padrone sui suoi operai, sui suoi schiavi salariati e non poteva dare un segnale che incrinasse questo potere che deve essere assoluto ed indiscutibile. Non poteva reintegrare gli schiavi che hanno osato sbeffeggiare il padrone inscenando il suo funerale pubblico per richiamare l’attenzione su tanti operai messi in cassa dalla Fiat che partecipavano ai funerali veri di numerosi compagni di lavoro che presi dalla disperazione si suicidavano.
Le sentenze si giudicano, si impugnano, si combattono. Forse la Fiat ha accettato la sentenza del tribunale di Napoli che reintegravano i 5 operai: no, è ricorsa in Cassazione e per 4 anni non li ha rimessi a lavorare nei loro posti di lavoro. È ricorsa in Cassazione perché qui era sicura di ottenere un giudizio a proprio favore. Qui non ci sono smagliature, le leggi e la loro interpretazione devono servire a salvaguardare le fondamenta di questo sistema, la sottomissione degli operai alla disciplina di fabbrica va garantita.
In modo particolare oggi alla Fiat. Il gruppo di operai licenziati non è stato fermo, ha organizzato scioperi e proteste, si è opposto al regime di fabbrica instaurato da Marchionne nelle sue fabbriche-galere. Oggi ancora di più di fronte al piano industriale che prevede ancora Cigs e licenziamenti di massa, il ruolo di questi compagni diventa fondamentale per la ripresa della lotta degli operai.
Poteva la Cassazione non interpretare i bisogni del management della Fiat di essere liberato da queste schegge capaci di bloccare l’ingranaggio del nuovo piano?
La corte di Cassazione è politicizzata nel significato più profondo del termine, non è controllata da questo o quel partito, ma interpreta una sola parte politica, quella della classe che domina la società, la classe dei padroni.
Marchionne non pensi di avere con la sentenza, saldati i conti con gli operai ribelli della Fiat. La sentenza non è il pronunciamento neutrale, obbiettivo, è un pronunciamento fatto per conto del padrone e come parte avversa lo respingiamo.
La lotta continuerà contro i licenziamenti, i salari da fame, la morte sul lavoro. Il terreno su ci confronteremo non saranno le aule dei tribunali, ma le linee di montaggio, le piazze.
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