Il primo atto ufficiale del governo Conte, in materia di rapporti di lavoro tra operai e padroni, ha portato chiaramente in luce, la superficialità ed il pressapochismo della piccola borghesia al governo, nei confronti della condizione operaia. Il “Decreto dignità” conferma la legislazione vigente del lavoro operaio subordinato al profitto, e ne aggrava le condizioni, rafforzando la monetizzazione dei licenziamenti facili, che nega e sostituisce il reintegro al lavoro.
Tutte le fasce del capitale che impiegano operai: nell’industria, nell’agricoltura, nei servizi, sono rassicurate dal “Decreto dignità”. Una rassicurazione che come ciliegina sulla torta, lascia intatti il Jobs act, la legge Fornero sui licenziamenti, il lavoro precario.
“Stiamo abolendo il Jobs act”, aveva più volte strillato Di Maio, e altre dichiarazioni simili. Ora che il “Decreto dignità” è stato approvato, le promesse di Di Maio costituiscono un campionario di sproloqui, una presa in giro per gli operai, che in massa non sono andati a votare, ma che il Jobs act lo subiscono.
Una piccola borghesia che, nel tentativo di consolidare il consenso dei propri elettori, ha fretta di varare sgravi fiscali, agevolazioni, sovvenzioni pubbliche, e che, pur d’insediarsi al governo, lo ha fatto in compagnia e accettandone le linee guida, della grande borghesia che al governo dei padroni è di casa.
Alla piccola borghesia come ai suoi alleati di governo, interessa tenere sotto controllo la questione operaia, con la carota e col bastone: con le promesse alla Di Maio di abolire il jobs act, e col manganello di Salvini.
Di Maio ha più volte ribadito sorridente e soddisfatto, che con il “Decreto dignità” finisce lo sfruttamento degli operai. Finalmente gli operai possono lavorare con dignità, scanzonati e felici, come i sette nani nella favola di Biancaneve: “Andiam, andiam, andiamo a lavorar”.
La prima cosa da ricordare a Di Maio è: finché esistono operai e padroni, non vi può essere alcuna dignità per gli operai, se non quella di lottare e organizzarsi per seppellire questo sistema sociale, con i suoi sfruttatori e parassiti.
Mentre a parole Di Maio dice di smantellare il jobs act, in realtà rafforza il licenziamento senza giusta causa, perché non richiede la riassunzione al lavoro dell’operaio ingiustamente licenziato, bensì stabilisce un innalzamento del risarcimento massimo da 24 a 36 mensilità. Qualche mensilità in più sarebbero per Di Maio il “giusto prezzo”, per licenziare gli operai e spedirli con “Dignità” in mezzo alla strada? (Il numero delle mensilità è in rapporto all’anzianità aziendale del dipendente. Per il massimo di mensilità bisogna avere 20 anni di anzianità aziendale).
Con il “Decreto dignità” restano inoltre in vigore, il contratto a tempo determinato e le altre forme di lavoro precario. Non saranno certo le “causali” per il rinnovo dei contratti a termine, e le “penali” per le delocalizzazioni a spaventare i padroni.
Saluti Oxervator
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