I grandi padroni italiani favorevoli all’interscambio, quelli USA e gli altri europei temono la concorrenza. I piccoli nazionalisti non sanno con chi stare.
Oggi arriva in Italia Xi Jinping, il presidente cinese. Sabato ci sarà la firma del MoU (memorandum of understanding), la lettera d’intenti sulla collaborazione dell’Italia alla “Belt and Road Inziative” (BRI), la nuova “via della seta”, il progetto infrastrutturale di collegamenti terrestri, marittimi e commerciali tra Asia ed Europa, lanciato dalla Cina nel 2013. Promettono progresso e sviluppo economico per tutti gli stati coinvolti nei due continenti.
Sabato si firmeranno anche ulteriori 50 accordi tra istituzioni ed imprenditori italiani e cinesi che riguardano i porti di Trieste e Genova, Fincantieri, Ferrovie, Cassa Depositi e Prestiti, Terna, ENI, SNAM, Italagas, Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Ieri il “Corriere della Sera”, ha salutato con tutti gli onori l’arrivo del presidente cinese ospitando su due pagine intere un suo intervento: “Un patto strategico insieme all’Italia”, “una cooperazione di mutuo vantaggio che corrisponda agli interessi di tutti”.
L’interesse di tutti? Non si direbbe dalle reazioni. Lo stesso governo italiano, sotto le pressioni internazionali degli Stati uniti che chiedevano garanzie contro eventuali rischi alla sicurezza e agli interessi dell’alleanza atlantica, e sotto le pressioni degli stati europei che criticavano l’Italia per aver trasgredito le regole comunitarie sulle politiche commerciali, ha visto Salvini e Di Maio schierati su fronti opposti per settimane.
Salvini dichiarava che, in nome della difesa della sovranità nazionale, avrebbe firmato solo se c’erano garanzie, per i padroni italiani, che “le chiavi di casa le devono possedere gli italiani”, intendendo con questo che i cinesi non potevano avere il controllo di attività strategiche in Italia. Di Maio rispondeva che invece l’accordo con la Cina garantiva l’interesse nazionale tutelando e garantendo nuovi sbocchi commerciali al “made in Italy” e alle esportazioni italiane. Solo l’altro ieri è stata trovato una mediazione con Salvini che si è accodato a Conte il quale, per rassicurare gli alleati, ha garantito che l’accordo rispetterà tutte gli standard e le regole europee, non metterà in discussione la posizione dell’Italia all’interno dell’alleanza atlantica e che l’obiettivo dello stesso sarà unicamente economico, quello della riduzione del deficit commerciale tra Italia e Cina.
Il governo, con questi accordi, spera di potersi fregiare del risultato di una risposta alla crisi economica. Si vedrà se sarà davvero così, visto anche come hanno reagito gli Stati Uniti e gli altri stati europei nelle scorse settimane. In realtà, tutti i capitalisti, in un una fase di crisi come quella attuale in cui la sovrabbondanza di capitali e merci rende difficile trovare sbocchi profittevoli alle proprie merci, chiedono sia che la concorrenza dei capitali stranieri venga combattuta proteggendo il mercato interno, sia che gli vengano forniti strumenti per espandersi nei mercati internazionali a scapito degli altri capitalisti. Ogni stato cerca di ritagliarsi una propria sfera di influenza a scapito degli altri. Ma in questo modo non può esserci accordo che tenga e che non si trasformi in altro motivo di conflitto. Il BRI è lo strumento che la seconda potenza mondiale si è data per allargare la sua sfera di influenza. L’accordo Italia-Cina, non resterà isolato, altri accordi verranno sottoscritti con altri stati europei per garantirsi posizioni di maggior favore. Ma con gli stessi Stati Uniti, la Cina, nonostante sia stata duramente penalizzata con politiche protezionistiche ed estromessa da investimenti miliardari nelle infrastrutture digitali (il caso Huawei – 5G), sta cercando di arrivare ad un nuovo accordo che, se dovesse andare in porto, penalizzerà a sua volta l’Europa nel suo insieme. Insomma, i governi, in nome e per conto dei capitalisti, per garantire i loro profitti, si accordano per poi farsi la guerra. La concorrenza tra capitali non viene frenata. La crisi non viene frenata, anzi è aggravata dai questi tentativi di difendere i propri capitalisti, i propri capitali, i propri profitti gli uni contro gli altri anche se la chiamano cooperazione, sviluppo economico.
Da questa guerra tra capitalisti per garantirsi e realizzare sempre maggior profitti gli operai cinesi, italiani, tedeschi, francesi, americani hanno da guadagnarci solo maggior miseria e maggior sfruttamento. Questo è il progresso sociale che ci promettono.
P.S.
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