“Robbery economy” e non “Green economy”, economia di rapina e non economia verde caratterizzano l’intervento dell’ENI in Africa, altro che sviluppo delle comunità locali.
Nel suo sito leggiamo: Energia pulita e diversificazione sono le chiavi per uno sviluppo dell’Africa a lungo termine. La mancanza di accesso all’energia in Africa rinforza la povertà e incoraggia le migrazioni, privando il Paese di alcune delle migliori persone. Il settore privato può ampiamente contribuire allo sfruttamento di risorse per lo sviluppo locale attraverso investimenti, competenze e tecnologia.
Paradossale come il termine “sviluppo” venga usato lasciando intendere che il termine sia riferito al benessere delle popolazioni africane.
Tralasciamo il significato letterale di “Green economy” per andare al sodo del problema.
Negli ultimi due secoli il capitalismo è stato il principale colpevole dell’inquinamento dell’aria e l’impoverimento del sottosuolo, oltre al disboscamento ed alle monocolture. La ricerca del profitto ad ogni costo, non ha pensato minimamente ai danni che stava creando. L’Africa negli ultimi cinquant’anni ha subito un impoverimento del suolo che non ha confronti con il passato.
Tutto questo accompagnato da un aumento della povertà ed una diminuzione della vita media. Se nei paesi occidentali le statistiche parlano di un allungamento della vita, dobbiamo invece constatare che in Africa la tendenza è al contrario. I 2/3 della popolazione subsahariana vive senza energia elettrica. Eppure il sottosuolo è ricchissimo di fonti di energia.
I giacimenti non hanno le dimensioni del medio oriente però la qualità è più alta, motivo per cui l’ENI sta cercando di accaparrarsi la maggiore quantità di pozzi disponibili. Ultimamente, gli altri stati occidentali hanno diminuito la loro influenza a causa di azioni di boicottaggio creati da gruppi armati locali indipendenti o legati ai governi che in tema di corruzione non si fanno mancare nulla.
Chiaramente le borghesie locali mal sopportano che le imprese occidentali si impossessino di tutti i guadagni derivanti dall’estrazione del petrolio, e quindi con azioni a volte armate, a volte politiche cercano, loro stesse, di mettere le mani sui profitti petroliferi.
L’OPEC per contrastare l’abbassamento del prezzo del petrolio dovuto all’aumento dei barili estratti, ha costretto gli stati africani all’abbassamento della produzione, tranne la Nigeria e la Libia a causa di conflitti interni. E’ chiaro dunque come per i governi dei paesi africani la via migliore sia quella di fare accordi con stati che cercano di scavalcare l’accordo dell’OPEC, ed ecco che l’ENI resta coinvolta in vari scandali, tra cui uno di corruzione internazionale per essere diventata proprietaria segretamente di un enorme giacimento di gas nel Congo francese.
Tra l’altro l’ENI dichiara di essere la meno colpita da azioni di boicottaggio in Nigeria, tanto da incrementare a differenza degli altri stati la sua penetrazione nel paese. Difficile pensare che i cosiddetti “terroristi” risparmino l’ENI e si accaniscano su francesi e americani, per scelte politiche.
Il WWF ha denunciato che nel Congo vengono dati permessi per l’esplorazione delle foreste, con danneggiamenti e distruzione di flora e fauna locale, oltre alla vendita di combustibile diesel di pessima qualità e altamente tossico ad alcuni stati africani, naturalmente da compagnie petrolifere europee.
Altro che Green economy, il capitale col suo bisogno di profitto continuo a scapito degli operai che vengono sfruttati e muoiono nei giacimenti è il responsabile principale dell’aumento dell’inquinamento negli ultimi cinquant’anni in Africa.
(Le notizie sono state prese da alcune inchieste dell’Espresso nel 2018)
S.D.
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