Sono passati 150 anni dalla dichiarazione aperta delle intenzioni e degli obiettivi dei comunisti, quelli espressione diretta del movimento di liberazione degli operai, non gli altri. La realtà è andata proprio in quella direzione. La vecchia famiglia patriarcale è in frantumi, cercano di puntellarla ma è soltanto un tentativo reazionario, vogliono spingere indietro la storia. Le “nuove“ famiglie non sono più tali. L’abolizione della famiglia come istituzione è matura, va solo superata la base economica su cui si fonda. La mercificazione, la proprietà privata, il profitto.
Dal Manifesto Comunista di K. Marx e F. Engels:
[…]
Abolizione della famiglia! Persino i più avanzati fra i radicali si scandalizzano di così ignominiosa intenzione dei comunisti.
Su che cosa si basa la famiglia odierna, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Nel suo pieno sviluppo la famiglia odierna esiste soltanto per la borghesia; ma essa trova il suo complemento nella forzata mancanza di famiglia dei proletari e nella prostituzione pubblica.
La famiglia del borghese cadrà naturalmente col venir meno di questo suo complemento, e ambedue scompariranno con lo sparire del capitale.
Ci rimproverate voi di voler abolire lo sfruttamento dei figli da parte dei loro genitori? Noi questo delitto lo confessiamo.
Ma voi dite che sostituendo l’educazione sociale all’educazione domestica noi sopprimiamo i legami più intimi.
Ma non è anche la vostra educazione determinata dalla società, dai rapporti sociali entro ai quali voi educate, dall’intervento più o meno diretto o indiretto della società per mezzo della scuola, ecc.? Non sono i comunisti che inventano l’influenza della società sulla educazione; essi ne cambiano soltanto il carattere; essi strappano l’educazione all’influenza della classe dominante.
Le declamazioni borghesi sulla famiglia e sull’educazione, sugli intimi rapporti fra i genitori e i figli diventano tanto più nauseanti, quanto più, in conseguenza della grande industria, viene spezzato per i proletari ogni legame di famiglia, e i fanciulli vengono trasformati in semplici articoli di commercio e strumenti di lavoro.
Ma voi comunisti volete la comunanza delle donne – ci grida in coro tutta la borghesia.
Il borghese vede nella propria moglie un semplice strumento di produzione. Egli sente dire che gli strumenti di produzione debbono essere sfruttati in comune e, naturalmente, non può fare a meno di pensare che la sorte dell’uso in comune colpirà anche le donne.
Egli non s’immagina che si tratta appunto di abolire la posizione delle donne come semplici strumenti di produzione.
Del resto, nulla è più ridicolo del moralissimo sgomento, dei nostri borghesi per la pretesa comunanza ufficiale delle donne nel comunismo.. I comunisti non hanno bisogno d’introdurre la comunanza delle donne:– essa è quasi sempre esistita.
I nostri borghesi, non contenti di avere a loro disposizione le mogli e le figlie dei. loro proletari – per non parlare della prostituzione ufficiale – trovano uno dei loro principali diletti nel sedursi scambievolmente le mogli.
Il matrimonio borghese è, in realtà, la comunanza delle mogli. Tutt’al più si potrebbe rimproverare ai comunisti di voler sostituite alla comunanza delle donne, ipocritamente celata, una comunanza ufficiale, palese. Si comprende del resto benissimo che con l’abolizione degli attuali rapporti di produzione scompare anche la comunanza delle donne che ne risulta, vale a dire la prostituzione ufficiale e non ufficiale. […]
(Editori Riuniti, Opere di Marx ed Engels vol. 6)
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