Ora tocca all’Europa, Trump ha minacciato di alzare i dazi per i prodotti europei a partire da Airbus. Fa pagare alle borghesie europee gli affari appena stipulati con i nemici di sempre, i padroni cinesi.
Gli Stati Uniti hanno predisposto il 12 aprile una nuova lista di prodotti, questa volta europei, a cui verranno applicate delle tariffe doganali aggiuntive per un valore stimato di 11 miliardi di dollari. Nella lista c’è un po’ di tutto e colpisce merci importate negli Usa da tutti i 28 paesi della UE, ma in particolare gli elicotteri, aerei e parti di aerei (fusoliere, ali, serbatoi, ecc.) a uso civile prodotti in Spagna, Regno Unito, Germania. Infatti l’obbiettivo dichiarato è di avere soddisfazione di un contenzioso che risale al 2004 nei confronti della europea Airbus, concorrente della americana Boeing. L’accusa americana a Airbus è di avere ricevuto sussidi dagli stati dei rispettivi paesi europei in cui ha le sue fabbriche che l’avrebbero favorita sul mercato, con corrispondente danno per Boeing. Il contenzioso si trascina da anni e anche Airbus si era rivolta all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) contro Boeing, in particolare “per un pacchetto di agevolazioni fiscali da parte dello Stato di Washington”, con verdetto favorevole del 28 marzo scorso.
Così tra accuse e controaccuse emerge l’ovvio. Ovvero che in ogni paese i governi, nel tentativo di fronteggiare la crisi, ai padroni industriali forniscono continuamente agevolazioni fiscali, commesse dello Stato, in sintesi gli aiuti di Stato. Tanto vituperati se è il concorrente dell’altro paese che se ne avvantaggia, tanto invocati se si tratta di rilanciare l’industria nazionale. Non sono forse dello stesso genere le richieste dei capitalisti italiani, di Confindustria Italia? Con i ministri che, ogni volta che dal bilancio dello Stato riescono a stornare fondi per appagare gli appetiti della borghesia industriale, se ne fanno vanto politico.
Con Trump, che con “America first” ha toccato e tocca, in vena nazionalista, la sensibilità economica delle varie anime della borghesia industriale statunitense, i contenziosi commerciali sono passati velocemente dai tavoli delle istituzioni internazionali, come il WTO, a quello dei dazi e successive ritorsioni. Dalle minacce di introdurre dazi, all’applicazione di questi è stata una questione di mesi. Dalle accuse al paese “nemico” come la Cina, che cerca di proteggere la propria industria per svilupparla, ad accusare alleati storici come Europa e Canada della stessa colpa il passo è stato altrettanto breve. Gli Stati Uniti sono passati in pochi anni dall’essere il primo paese capitalista che promuove il libero mercato nel mondo, a quello che viene accusato da multinazionali cinesi come Huawei di violare le stesse leggi americane quando si tratta di assegnare appalti, favorendo quelle americane. Senza fare il conto di quando hanno usato la forza della magistratura e della polizia per arrestare con pretestuose accuse il manager della concorrenza, la figlia del fondatore di Huawei.
Un rimescolamento delle carte tale che inevitabilmente ha portato, e porterà sempre più, a ridisegnare rapporti commerciali e alleanze consolidate. Così il recente viaggio del leader cinese in Europa, dichiaratamente per stringere nuovi rapporti commerciali tra Cina ed Europa, che sono da una parte anche l’inevitabile sfogo della guerra dei dazi tra Usa e resto del Mondo, è diventato il via per la nuova tornata di dazi contro i prodotti dei 28 paesi dell’Unione Europea. E la vecchia vicenda Airbus, pendente dall’ottobre 2004 in sede WTO, è subito diventata giustificazione (pretesto) per una nuova lista di merci di 5 pagine che colpiranno anche l’agroalimentare italiano (dal formaggio pecorino che è appena stato sovvenzionato dallo Stato italiano, al prosecco). “Secondo Coldiretti, almeno metà delle esportazioni dei prodotti agroalimentari verso gli Stati Uniti, cresciute l’anno
scorso a un livello record di 4,2 miliardi verranno penalizzate con le nuove tariffe”. Ma la storia non finisce qua, poiché appena Bruxelles ha annunciato di aver pronta a sua volta una lista per 12 miliardi di euro in ritorsione, Trump ha immediatamente “minacciato dazi sulle auto [tedesche], e ha accusato gli europei di essere «un partner commerciale brutale»”. Una guerra a colpi di dazi, per ora.
R.P.
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