CAMPAGNA ELETTORALE. UNA BALLA AL GIORNO

Si avvicinano le elezioni europee, non passa giorno che ognuno dei capi dei partiti di governo spari una balla che poi viene superata da un’altra ed un’altra ancora. La televisione gli fa da palcoscenico. Le hanno dette durante le scorse elezioni e hanno vinto. Grazie a promesse e impegni Di Maio e Salvini, ognuno per la sua parte, sono riusciti a incanalare il malcontento della piccola borghesia, dei lavoratori e anche di parte di operai schiacciati dalla crisi. Ma non bastava per governare perché né il rappresentante della piccola borghesia del nord, né quello del sud avevano abbastanza voti. […]
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Si avvicinano le elezioni europee, non passa giorno che ognuno dei capi dei partiti di governo spari una balla che poi viene superata da un’altra ed un’altra ancora. La televisione gli fa da palcoscenico.

Le hanno dette durante le scorse elezioni e hanno vinto. Grazie a promesse e impegni Di Maio e Salvini, ognuno per la sua parte, sono riusciti a incanalare il malcontento della piccola borghesia, dei lavoratori e anche di parte di operai schiacciati dalla crisi. Ma non bastava per governare perché né il rappresentante della piccola borghesia del nord, né quello del sud avevano abbastanza voti. Per rimanere al potere allora si sono accordati, si sono inventati il “contratto”, il “governo del popolo”, il governo del cambiamento. Con loro al governo la situazione sarebbe cambiata, il grande capitale, i “poteri forti” si sarebbero dovuti piegare ai bisogni di chi aveva pagato di più la crisi: “prima gli italiani bisognosi– dicevano -,  fuori gli stranieri che ci rubano il lavoro, contro le ingerenze i vincoli di bilancio imposti dalla comunità europea, dal sistema finanziario internazionale, no alle opere inutili ma soldi spesi per quello che serve, basta precarietà, ripristino dell’art. 18 e via la Fornero”. Questa era la ricetta: “crescita e benessere per tutti”. Quante ne hanno dette.

Poi hanno  iniziato con il decreto dignità che doveva abolire la precarietà, ma senza abolire la libertà di licenziamento.  Hanno promesso di punire le aziende che approfittano degli aiuti statali eppoi delocalizzano, ma le aziende hanno continuato a prendere ammortizzatori sociali e a delocalizzare. Hanno varato un decreto “spazzacorrotti”, eppoi hanno liberalizzato gli appalti senza gara. Cade il ponte di Genova, muoiono 43 persone, e loro promettono che Autostrade deve pagare, che il ponte sarà restituito alla città entro un anno. Autostrade non ha ancora pagato un centesimo, il ponte lo stanno ancora smantellando e chissà quando sarà pronto,  lo sta costruendo la Impregilo-Salini, società al centro dei più grandi scandali di corruzione. No alle opere inutili ed ecco il Sì alla TAP e il forse alla TAV. In un paese dove vengono uccisi 4 operai al giorno sul lavoro, il governo per incentivare le imprese ad assumere cosa taglia? Taglia il premio INAIL!

Poi gli immigrati.  “Prima dobbiamo pensare ai milioni di italiani poveri e disoccupati, difendendoli dai troppi reati commessi da immigrati clandestini, poi salveremo anche il resto del mondo” (Salvini). Il decreto sicurezza, la guerra all’immigrato clandestino usata come collante per la propria base sociale (piccola borghesia, imprenditori medi e piccoli, bottegai, ceti professionali). L’immigrato presentato come nemico per i disoccupati, i ceti poveri, la piccola borghesia immiserita su cui dirottare la propria rabbia, il tutto usato strumentalmente per garantire ai padroni grandi e piccoli che chi protesta contro di loro vada subito in galera.

Poi il “reddito di cittadinanza”. Partito come reddito garantito a tutti, ridotto a reddito di disoccupazione con l’obbligo ad accettare un impiego e che doveva coinvolgere 5 milioni di italiani poveri (visto che si è trovato il modo di fare fuori dai benefici tutti gli stranieri) e che alla prova dei fatti, se verranno confermati i dati, riguarderà circa 500.000 famiglie con un reddito medio di 500 euro a famiglia.

Quota “100”, spacciata come abolizione della Fornero che avrebbe liberato posti per i giovani, è una semplice pensione anticipata, con perdite anche del 30%, che non libererà nessun posto ai giovani ma servirà solo alle aziende per liberarsi dei lavoratori più anziani e più costosi. La flat tax venduta come semplificazione per tutti servirà solo a garantire meno tasse ai più ricchi, mentre, eliminando tutte le deduzioni e detrazioni, porterà ad un aumento della pressione fiscale per i redditi bassi e, se si farà, dovrà passare attraverso l’aumento dell’IVA, che il governo aveva sempre assicurato di non voler fare. Insomma, finora niente di quello che è stato dichiarato, promesso è stato realizzato. Anzi alla fine è arrivato anche il DEF, con cui il governo smentisce se stesso su tutto. In particolare sulla crescita, “soluzione a tutti i mali”, che non c’è e che certo non verrà garantita da reddito di cittadinanza e quota 100 che avrebbero dovuto dare  qualche miliardo in più di consumi e invece  ora prevedono verranno  bruciati dall’aumento dello spread. Si devono trovare le coperture per evitare lo sforamento del deficit e, come detto, dovranno quasi sicuramente aumentare l’IVA. La piccola borghesia al governo è stato costretta a fare i conti con la dura realtà delle leggi dell’economia capitalista. Pensavano, si illudevano, ci volevano illudere – poco importa – che con loro alla guida si sarebbe potuto dirigere l’economia, dove loro indicavano, pensavano di poter cambiare a loro piacimento le partite di bilancio, ma non funziona così. Si stanno rompendo le corna. Un bagno di realtà si dice, i padroni chiedono che si dia finalmente avvio alle misure che veramente servono. Di Maio: “Messi in sicurezza i più deboli, ora la crescita”. Ora, invece, è il momento per il piccolo borghese al governo di tornare con la coda tra le gambe dal padrone, dal grande capitalista che apprezza lo sforzo (come ha fatto ultimamente Confindustria che ha notato un atteggiamento più collaborativo del governo). I padroni li aspettano al varco. Il governo è “nudo” – si dirà-, si sono smascherati da soli, ma la farsa non può finire, ci sono le elezioni europeee, i nostri piccolo borghesi al governo si devono garantire la poltrona. La macchina della propaganda non si ferma e con gli spiccioli del reddito di cittadinanza per l’uno e i porti chiusi ai profughi di guerra e la caccia al rom per l’altro, oltre a farsi opposizione a parole su tutto, sperano di farla franca. Solo dopo le elezioni, finito il polverone elettorale si vedrà come esattamente stanno le cose e sarà possibile una resa dei conti con questi cialtroni.

P.S.

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