Negli anni fra il 1919 e il 1922 squadre di fascisti attaccavano gli operai in sciopero, bruciavano case del popolo, devastavano le sedi dei giornali socialisti, dei sindacati.
I socialisti e i sindacalisti legalitari di allora si rivolgevano al governo di Roma affinchè fermasse l’onda nera, chiedevano che le forze dell’ordine arrestassero i responsabili.
Le squadre fasciste continuarono la loro azione indisturbate.
I capi socialisti facevano appello agli operai ed ai braccianti nelle campagne perché non reagissero alle cosiddette provocazioni, sostennero addirittura che la vigliaccheria era un atto di coraggio, condannarono la reazione violenta degli Arditi del Popolo.
Risultato: il fascismo prese il potere nel 1922, con il consenso del Re e l’appoggio della maggioranza parlamentare del centro destra storico. Per incarico degli industriali e degli agrari aveva piegato gli operai e tutti coloro che li sostenevano.
La dittatura di Mussolini si concluse, a testa in giù, dopo 23 anni, il 25 Aprile del 1945, ad opera dei partigiani combattenti.
Se la storia insegna qualcosa, non è il caso per gli operai e i militanti antifascisti ripercorrano gli stessi tragici errori.
Non aspettiamo che le squadre fasciste, coperte dal Ministro dell’interno, vengano impunemente allo scoperto, che si facciano spazio in ogni città.
Non aspettiamoci che l’antifascismo di Stato, di facciata, li fermi con grandi paroloni e qualche leggera denuncia alla magistratura.
Prima che queste squadre attacchino le lotte degli operai, quelle degli studenti, dei migranti bisogna anticiparli.
Oggi è il momento di dare all’antifascismo militante una forte organizzazione unitaria.
Fabbrica Ferrero
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