Articolo del sostituto procuratore di Napoli Henry John Woodcok dal Fatto quotidiano del 7 maggio 2019.
Legittima difesa. Se la proporzionalità è presunta ogni intrusione potrà essere respinta con la forza.
Non vorrei fosse un’esagerazione, ma temo che vi sia un aspetto, anche se certamente estremo, che è stato trascurato nel dibattito sulla riforma appena varata della legittima difesa. Si tratta dei riflessi che essa potrebbe avere anche nelle vertenze operaie.
C’è infatti una forma di lotta sindacale, efficace quanto simbolica, cui é spesso ricorso il movimento operaio. Si tratta dell’occupazione delle fabbriche, una misura la cui liceità è stata oggetto di un tormentato dibattito, tra chi la colloca a tutti gli effetti tra le espressioni legittime del diritto di sciopero e chi la considera tout court illegale. Ma essa è comunque rimasta nella pratica sindacale e mantiene ancora oggi intatta la sua forza.
Ebbene, leggendo la nuova formulazione dell’articolo52 del codice penale, laddove si allarga per cosi dire la sfera di operatività della legittima difesa, non solo alla tutela della incolumità fisica di un essere umano, ma anche alla difesa dei beni, parrebbe proprio che, di fronte a un gruppo di operai armati di cesoie e bastoni, che forzino i cancelli della fabbrica e entrino per occuparla, sia legittimo sparare, e anche ucciderli. La proporzionalità è “presunta” per legge. E non c’è dubbio che sarebbe un atto compiuto “per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica,da parte di una o più persone”.
Non è certo una novità, nella storia del movimento sindacale, che operai in lotta vengano falciati dal fuoco di fucili e mitraglie durante gli scioperi e le manifestazioni. Si sperava, pero dovesse restare un ricordo del passato. Quello del generale Bava Beccaris, “il feroce monarchico Bava”, del massacro degli spartachisti, o del Cile di Pinochet. Qui poi c’è l’ulteriore novità che il fuoco non verrebbe dalla forza pubblica, ma da vigilantes privati, qualcosa che fino a oggi sembrava appannaggio esclusivo delle grandi fazendas centroamericane, e dei feroci impiegati delle multinazionali della frutta.
E che cosa possiamo dire di questa delega che lo Stato fa dell’uso della forza ai privati cittadini? Che si tratta di una forma esasperata di federalismo? Un federalismo spinto oltre ogni limite conosciuto?Ognuno “padrone a casa sua”, letteralmente, con diritto di vita o di morte su chi entra. Ricorda certi romanzi apocalittici di fantascienza o i castelli che provvedevano da sé alla propria difesa nei periodi più oscuri della nostra storia.
Una sorta di pena di morte, comminata ed eseguita senza altra procedura che non sia quella di premere il grilletto, una specie di esecuzione extragiudiziaria, come quella che certi Stati condividono con Cosa Nostra e le gang latino-americane della droga.
Ho paura che questa riforma della legittima difesa non sia stata una buona idea. E credo che non servirà nemmeno a dissuadere troppo i criminali. I dati storici forniti dallo Fbi dimostrano che, negli Stati Uniti, il tasso di omicidi è stato, negli Stati che hanno mantenuto la pena capitale, superiore a quello registrato negli Stati che l’hanno abolita. Dunque, altro che dissuasione!
D’altronde la criminologia e il pensiero scientifico, fin dai tempi di Cesare Beccaria, lo hanno sempre saputo.
Un effetto però la pena di morte lo ha sicuramente, quello di imbarbarire ancor più i delinquenti. Non vorrei – ma lo temo – che ciò accadesse anche con questa pena di morte “privata” appena introdotta nel nostro ordinamento.
Non vorrei, per dire, che chi decidesse di rubare in casa altrui (e non si lasciasse dissuadere dalle nuove norme), ci andasse bene armato, sapendo che lo è probabilmente anche il proprietario. E state certi che sarà lui a sparare per primo…
È così che si faceva nel Far West, in quella idilliaca – per qualcuno – stagione in cui ognuno era “padrone in casa sua” e provvedeva da sé alla propria difesa.
Henry John Woodcok
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