LA PICCOLA BORGHESIA OSCILLA. LA LEGA DAL 17,4 AL 34,3. I 5 STELLE DAL 32,7 AL 17

Elezioni europee del 26 maggio,  l’astensione è il primo partito in ascesa. Lo definisco partito perché è comunque una scelta di parte. Quelli che sono andati a votare sono scesi dal 70% del 2018 al 56% di oggi. Anche facendo un confronto con le passate elezioni europee del 2014 si è passati dal 58% al 56%. Con questi dati il peso reale dei voti va tutto riconteggiato sulla metà dei suffragi raccolti. Tanto per renderci conto di quanto contano effettivamente, come forza di rappresentanza, i partiti più votati.  Quando si sciacquano la bocca dichiarando che parlano a nome della  […]
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Elezioni europee del 26 maggio,  l’astensione è il primo partito in ascesa. Lo definisco partito perché è comunque una scelta di parte. Quelli che sono andati a votare sono scesi dal 70% del 2018 al 56% di oggi. Anche facendo un confronto con le passate elezioni europee del 2014 si è passati dal 58% al 56%. Con questi dati il peso reale dei voti va tutto riconteggiato sulla metà dei suffragi raccolti. Tanto per renderci conto di quanto contano effettivamente, come forza di rappresentanza, i partiti più votati.  Quando si sciacquano la bocca dichiarando che parlano a nome della  maggioranza degli italiani ci rendiamo conto di quanto falsifichino la realtà.

Poi, i votanti sono cittadini in carne ed ossa, vivono in determinate condizioni economico sociali e territoriali, è solo il fatto di mettere un segno su una scheda che li fa tutti uguali, elettori, ma è un attimo. Ognuno è arrivato al seggio come espressione di un determinata posizione sociale e così se ne torna a casa. Così la media e l’alta borghesia vota per i suoi partiti, la piccola borghesia per i suoi, gli operai non avendo un partito proprio o si fanno portare a spasso dalla piccola borghesia o non vanno a votare. In un paese come l’Italia è la piccola borghesia che la fa da padrona, bottegai, artigiani, piccoli padroncini e poi impiegati della pubblica amministrazione,  e loro figli in attesa di salire socialmente formano la massa dei votanti, e votano.  La crisi economica, mettendo in crisi la loro stabilità economica, ne ha messo in movimento anche il cervello e cercano il partito capace di difendere i loro interessi compromessi,  e oscillano. In un solo anno hanno capovolto i rapporti fra i due partiti, che grazie al loro voto, andarono al governo nel Marzo del 2018. La Lega ha guadagnato: la sua politica a difesa della piccola proprietà, dell’ordine poliziesco, la sua comprensione verso i piccoli e medi evasori, la sua azione per ripulire le strade da immigrati e poveri  ha avuto come effetto la conquista di una parte importante della piccola borghesia meschina e gretta della provincia. Non è un caso che invece nelle grandi città non sfonda.

I 5 stelle, che raccolgono i consensi della stessa classe ma che è dislocata diversamente sul territorio, principalmente nel Sud, hanno dimezzato i loro consensi. Una parte ha abbandonato Di Maio per Salvini, sono sempre gli stessi piccoli imprenditori, commercianti  e artigiani ai quali la Lega ha promesso ordine e sicurezza. Un altro gruppo non ha voluto più dare il voto ai 5 stelle e non è andata a votare, è una piccola borghesia meridionale con lavoro precario, disoccupata ed anche lavoratori in miseria che si sono pentiti di aver votato un partito che si è alleato  con un Salvini che ha sempre sostenuto che la condizione sociale della piccola borghesia e dei poveri in meridione fosse il risultato  di un atteggiamento da “terroni” nei confronti del lavoro. Dal 32,7% al 17% il crollo è evidente.

La piccola borghesia cerca una soluzione alla paura di perdere qualche privilegio, cerca una via d’uscita per riprendere a fare affari, per sopravvivere alla caduta sociale verso gli operai e i poveri, anche perché sa che fra gli operai, con la disoccupazione, c’è poco posto. La via d’uscita che va per la maggiore oggi è quella di prendersela con  i migranti, gli irregolari, con chi protesta, nel rispetto dell’ordine costituito. Uno Stato di polizia efficiente. Mentre nel rapporto con lo le finanze dello Stato vogliono più mano libera, nessun vincolo agli affari, assoluta libertà di impresa, specialmente della piccola impresa.  Ma non basterà un Salvini, come non è bastato un Di Maio, a risolvere il problema della crisi economica, non saranno semplici decreti di un governo ad affrontare licenziamenti di massa, salari miserabili, sovrapproduzione nei mercati globali. La piccola borghesia continuerà ad oscillare e una parte di essa, se, sempre se, gli operai daranno vita ad un movimento profondo di rivoluzione dei fondamenti economici che hanno prodotto questo declino sociale, potrà oscillare verso di essi. Altrimenti la massa della piccola borghesia, per salvare se stessa, è disposta a sostenere qualunque avventura le chieda il grande capitale, qualunque involuzione reazionaria dello Stato.

E.A.

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