Fra Stati Uniti ed Europa, fra Russia e Cina, i padroni italiani non sanno ancora a chi appoggiarsi. Salvini chiamato alla corte di Trump non sa che pesci prendere, ha aperto verso Putin. La storia si ripete, fu possibile passare dalla triplice alleanza alla triplice intesa in pochi giorni.
Anche l’elezione del cinese Qu Dongyu, 55 anni, biologo di formazione e viceministro per l’Agricoltura nel suo Paese, al vertice della Fao (l’organizzazione contro la fame nel mondo) non aiuta a collocare la borghesia italiana nelle alleanze internazionali.
Il Corriere (24/6/2019) scrive: «Tra i primi a congratularsi con il nuovo direttore generale, il primo ministro italiano Giuseppe Conte e il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio. Auguri dovuti, certo: la Fao ha sede a Roma. Ma forse anche rivelatori di un approccio meno scontato del nostro governo quanto ai suoi “obblighi” d’alleanza» . Già, perché Qu Dongyu è stato eletto con 108 voti, surclassando ampiamente i 71 voti finiti alla francese Catherine Geslain-Lanéelle candidata della Ue, ma anche degli Usa. Il sospetto è che al candidato della Cina tra i 108 voti su 191, oltre a quelli di tanti paesi al mondo sensibili al ruolo di leader internazionale della Cina, ci sia anche quello dell’Italia. Insomma uno schiaffo alle cancellerie della Ue, sicuramente a Macron ma anche agli Stati Uniti di Trump, da parte del governo italiano.
Più chiaro, sulle ragioni dell’appoggio della borghesia italiana alla Cina, il ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio non poteva esserlo: «Siamo soddisfatti di questo risultato che ne ha decretato l’elezione al primo scrutinio. Il rapporto di amicizia che lega Italia e Cina, consolidato da relazioni durature e rinvigorito in maniera più che proficua dai recenti accordi bilaterali in materia di scambi commerciali, export, agroalimentare e turismo, troverà senz’altro nuova linfa». Se quindi la borghesia dell’agroalimentare italiana ha pensato bene di intrattenere così amorosi rapporti con la Cina, e il ministro della lega Centinaio, di sopraffina intelligenza, se ne è fatto solerte portavoce, chissà gli altri settori industriali cosa ne pensano. Di certo in un colpo solo, e nuovamente, le alleanze storiche sono andate a farsi benedire per interessi particolari di una fazione della borghesia e il corrispondente pugno di voti al politico di turno, e questo è solo un esempio.
Il leader della lega, Matteo Salvini, una settimana fa si è recato negli Usa, come tutti i politici italiani che, appena pensano di avere il grande consenso della borghesia italiana, si recano alla corte dell’imperatore americano. Trump invero non l’ha ricevuto, il protocollo prevede che l’imperatore in persona riceva solo i capi di Stato e Salvini avrà anche grandi presunzioni per il futuro, ma per il momento è solo un vice. Il ministro dell’Interno si è dovuto “accontentare” di accreditarsi alla corte Usa con il segretario di Stato Mike Pompeo e il vicepresidente Mike Pence, due figure importanti nelle strutture di governo americane. Pertanto non ha potuto esimersi di dire la sua opinione sulle relazioni Italia-Usa. Sono così emerse le differenze con l’altro vice, Di Maio, che nella sua visita a Washington il 28 marzo scorso si era meno prestato al far diventare l’Italia il cuneo americano nelle politiche europee. Forse per piaggeria alla prima potenza, forse per insipienza ideologica nei confronti della Cina “comunista”, se si sta alle dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa, Salvini auspica una svolta completa della politica estera, con annessi risvolti economici e militari.
Conte e Di Maio hanno aderito alla via della Seta, Salvini, invece, ha parlato di «prepotenza cinese». La ministra della Difesa, Elisabetta Trenta (M5S) ha fermato il programma basato sul l’acquisto del costoso e problematico caccia aereo F-35 dalla americana Lockheed Martin, Salvini dice che «Per me va bene così», promette agli Usa di continuare la collaborazione industriale. Va precisato a questo proposito che, a gennaio, di tutt’altro tenore fu la decisione della Germania di fermare gli acquisti di F-35 in favore del caccia Eurofighter prodotto dal consorzio europeo Airbus; un chiaro segnale del definitivo affrancamento della borghesia tedesca post guerra e post unificazione dagli Stati Uniti, anche in campo industrial-militare.
La stessa scelta di campo, evidentemente, non appartiene alla borghesia italiana che sta dietro a Salvini. Vuoi per la frammentazione di interessi propri della piccola e media borghesia, il non prevalere di una frazione vincente sull’altra, che non può che ripercuotersi sui partiti che li rappresentano, nuovamente in Italia si ripalesa la incapacità a decidere con chi allearsi.
D’altra parte è tale la cialtroneria di questi esponenti politici che sono capaci di sostenere alleanze internazionali diverse non solo stando nello stesso governo, ma anche nello stesso partito, come dimostrano le dichiarazioni di Salvini e Centinaio nei confronti della Cina, ambedue della Lega. Cosa dire poi della loro (in)coerenza che li costringe a saltare da un alleato all’altro in un momento. Questa volta è toccato al leader della lega. Incalzato dai giornalisti americani sulla sua posizione nei confronti di Putin, balbetta un «Penso che sia meglio trattare con la Russia, piuttosto che regalarla alla potenza della Cina». Solo un anno fa era giunto ad affermare “legittima l’annessione della Crimea da parte della Federazione russa”, ora da Trump si trova in imbarazzo.
Potremmo andare avanti a lungo sull’incapacità a decidere con chi stare dei padroni italiani odierni, e di conseguenza dei loro politici. Probabilmente è tale la frammentazione dei loro interessi, basati sulla piccola e media industria, che nessuno interesse unificante su base nazionale riesce a emergere e prevalere. Come non ricordare che tale prerogativa della borghesia italiana è storica e la si è ritrovata spesso nei momenti più significativi e tragici del secolo scorso, in cui cambiare alleanze, anche in corsa, è stato il gioco preferito dei padroni italiani. Lo si è visto sia nella prima che nella seconda guerra mondiale.
Infatti, se spesso la storia si ripete e deve servire da insegnamento, come non rammentare una borghesia italiana che nel 1882 stringe un trattato difensivo con la Germania, e l’Austria-Ungheria, la “triplice alleanza” appunto. Lo scopo è di affermarsi in Europa al pari delle altre potenze e contrastare la Francia che con la Russia aveva “la duplice intesa”, divenne “la triplice intesa” con l’inserimento della Gran Bretagna. L’Italia si riconosce nella “triplice alleanza” con l’Austria per quasi 30 anni, i suoi trattati vengono rinnovati per ben 5 volte. Nell’agosto 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Austria-Ungheria alla Serbia, l’Italia dichiarò la propria neutralità nel conflitto, che immediatamente divenne mondiale, avvalendosi proprio di un articolo del trattato della “triplice” che la prevedeva in caso di dichiarazione di guerra nei confronti di una quarta nazione. Ma un anno dopo, a guerra mondiale avanzata (maggio 2015), il governo della borghesia italiana dichiara guerra all’Austria passando dalla “triplice alleanza” alla “triplice intesa” nel volgere di pochi giorni. Venne alla luce solo alla fine del 1917, dopo la rivoluzione russa, con la pubblicazione da parte del governo operaio di tutti i trattati segreti dell’”intesa”, che l’entrata in guerra dell’Italia fosse stata concordata nel patto di Londra 26 aprile 1915 in cambio di territori nei Balcani. Ma la guerra dei padroni europei per dividersi il bottino costò agli operai in Italia centinaia di migliaia di morti.
R.P.
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