WHIRLPOOL E DI MAIO

Nello stabilimento della Whirlpool a Napoli, la caduta del governo assume un altro significato, gli operai guardavano al nuovo Cesare, Matteo Salvini, ed al sempre sorridente Di Maio, non come venivano presentati dai media in questo mese di crisi di governo, ma come l’ultima spiaggia per la loro crisi, una crisi molto più preoccupante di quella del governo, una crisi che rischia di non fargli più portare lo stipendio a casa. Come al solito, chi dovrebbe rappresentarli e guidarli contro il padrone, li ha spinti in un vicolo cieco. Il sindacato non ha trovato di meglio che puntare ad […]
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Nello stabilimento della Whirlpool a Napoli, la caduta del governo assume un altro significato, gli operai guardavano al nuovo Cesare, Matteo Salvini, ed al sempre sorridente Di Maio, non come venivano presentati dai media in questo mese di crisi di governo, ma come l’ultima spiaggia per la loro crisi, una crisi molto più preoccupante di quella del governo, una crisi che rischia di non fargli più portare lo stipendio a casa.

Come al solito, chi dovrebbe rappresentarli e guidarli contro il padrone, li ha spinti in un vicolo cieco. Il sindacato non ha trovato di meglio che puntare ad una trattativa con il padrone, le regioni e il ministro dello Sviluppo Economico Di Maio. La solita strada istituzionale, come ultimo obiettivo. Come se gli operai venissero salvati dallo stato, oppure, vista da un altro lato, se non vi può salvare lo stato non vi può salvare nessuno.

Qualche mese fa è venuto fuori che il ministro era già a conoscenza che la multinazionale aveva già in mente di chiudere lo stabilimento e quindi aveva già percorso la strada di trovare un nuovo acquirente. Il ministro invece, naturalmente smentendo queste cose, rilanciava dicendo che avrebbe bloccato i regali promessi al padrone, circa diciassette milioni di euro destinati dal “decreto imprese”.

A questo punto il padrone si infuria, quei sedici milioni sarebbero un buon incentivo per il nuovo acquirente. Insomma, la solita lotta tra padrone e stato, dove ognuno dei due pensa al proprio interesse. Il padrone a prendere i soldi dallo Stato, e i politici a conservare le poltrone.

Infatti Di Maio, ha aspettato le elezioni europee per confermare che la Whirlpool voleva chiudere lo stabilimento. Pochi giorni fa invece, il padrone, scavalcando tutti, sindacato, regione e ministro, fregandosene di tutto quello che aveva detto nei tavoli delle trattative, ha dichiarato le sue intenzioni. I soldi che il ministro ci ha promesso non ci interessano, non sono sufficienti per un intervento “strutturale”.

Siamo al ridicolo, il padrone per garantire quel misero stipendio con cui gli operai non arrivano neanche a fine mese, vuole i soldi dallo stato per un intervento “strutturale”. La solita storia che in Italia per decine di anni si è ripetuta alla Fiat ed altre aziende. Finché i profitti sono alti, lo stipendio lo paga il padrone, come inizia la crisi, il padrone vuole che intervenga lo stato.

Il sindacato invece prosegue sempre con i soliti tavoli istituzionali, chiede interventi alle regioni ed al ministro dello Sviluppo Economico. Adesso, il sindacato cosa farà? Il sorridente Di Maio ha pensato bene di farsi sostituire e sedersi su una poltrona più comoda, gli Esteri. E le sue promesse? I suoi regali? La Whirpool ha dichiarato quindi che il sito di Napoli non è più sostenibile, gli “interventi non sono sufficienti a garantire la profittabilità dello stabilimento di Napoli nel lungo periodo e la competitività di Whirlpool nella Regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). L’Unica soluzione percorribile è dare una nuova produttività al sito”.

Uno schiaffo e uno sberleffo al sindacato.

Il padrone, se non c’è una forte presa di posizione da parte degli operai fa quello che vuole, se ne frega delle istituzioni. Anche perché i politici sono i rappresentanti dei poteri forti, sono i burattini dei padroni.

Ma quando impareranno gli operai a fare per conto proprio?

SD

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