Il fallimento della sanità lombarda nelle testimonianze di medici ed infermieri. Il materiale medico che manca e non arriva. La gente abbandonata a morire a casa. Si sceglie chi curare e chi no sulla base dei posti disponibili.
Caro Operai Contro,
l’orario di lavoro di medici e infermieri non ha limite, praticamente vivono in ospedale, per loro non esiste il metro come distanza di sicurezza. Il malato è lì a pochi centimetri, ha il coronavirus ma per curarlo lo devono toccare, testare, intubare, fare i prelievi per verificare l’ossigeno nel sangue, seguirlo costantemente. Intervistato in tivù sembra impossibile che questo personale medico, regga tutte quelle ore di lavoro, in quelle condizioni di rischio e stress, senza che l’attenzione venga meno: non lavorano “pezzi” qualsiasi, ma persone che cercano di strappare alla morte.
A 2 mesi dallo stato di emergenza sanitaria emanato dal governo Conte bis il 31 gennaio, nella decantata “eccellenza” della sanità lombarda, è venuto a galla tutto il marcio su cui galleggiava. Medici e infermieri a diretto rischio contagio negli ospedali, aspettano ancora mascherine, respiratori, ventilatori e materiale sanitario che non arriva. Non è stata pianificata una preventiva campagna di tamponi, nemmeno per questo personale in prima fila. Tra i medici contagiati in Italia, 39 sono morti, 25 di questi in Lombardia, fra i quali anche medici di famiglia, abbandonati a se stessi dal sistema sanitario lombardo. Non si hanno dati dei decessi del personale infermieristico e paramedico, incluso quello che opera sulle ambulanze. E proprio grazie “all’eccellenza” sanitaria lombarda, il Tg3 del 18 marzo ha ufficializzato che mancando i letti attrezzati, man mano che arrivano i ricoverati, e non sempre sono vecchi, vengono sedati e accompagnati alla morte, inoltre 59 pazienti coronavirus, sono stati trasferiti dalla Lombardia in altre regioni.
Il Coronavirus arrivando in Lombardia, prima che in altre regioni d’Italia, ha messo a nudo pubblicamente lo scempio compiuto dalla giunta regionale lombarda. Mentre sul piano nazionale (e quindi anche locale) la sanità subiva un taglio dei finanziamenti del 37%, Formigoni presidente della regione Lombardia per ben 18 anni, dall’aprile 1995 al marzo 2013, ha utilizzato il finanziamento pubblico amputato del 37%, spartendolo con la sanità privata. A Formigoni è seguito Maroni e attualmente Fontana, il risultato è che tra i tagli a livello centrale e quelli della regione Lombardia, i posti letto negli ospedali sono scesi dai 5,8 per mille abitanti del 1998, ai 3,6 del 2017, un taglio che sfiora il 40%.
Oltre ai tagli ufficiali, la sanità lombarda è stata terra di rapina della banda Formigoni e successori. Prima finanziando altri ospedali (privati) equiparandoli a quelli pubblici, cioè allargando la spartizione della torta dei finanziamenti pubblici già di per sé tagliati del 37%, poi lasciando un buco di circa 300 milioni in cassa, il tutto con l’immancabile unguento delle mazzette. Giusto per ricordare, il 16 febbraio 2016 il braccio destro di Maroni presidente di regione Lombardia, Fabio Rizzi viene arrestato insieme ad altre 21 persone, coinvolte in tangenti nella sanità lombarda. Il 17 settembre 2019 la Corte dei Conti condanna Formigoni e soci, a restituire 47,5 milioni di euro, sottratti alla sanità per finanziare indebitamente l’ospedale san Raffaele di Milano. Per la cronaca, Formigoni è uscito dal carcere, pur non avendo alcun appiglio legale che glielo consentirebbe. In carcere ci restano invece i poveri cristi, che sono stati costretti a delinquere, perché schiacciati da una condizione sociale insostenibile.
Tutto il carrozzone mediatico che hanno messo in piedi ha la sola funzione di mostrare il presunto efficientismo della sanità. Temono che ad un certo punto la paura del Covid-19 possa trasformarsi in odio e rabbia contro la politica che è andata oltre ogni limite nei tagli alla sanità. A ciò si aggiunge che tanti sono rimasti senza salario e senza cassa integrazione, perché non gli è stato rinnovato il contratto. Altri cominciano a chiedersi quando arriverà l’assegno della cassa integrazione, poco più della metà del solito salario. E allora la rabbia potrebbe montare e trasformarsi in protesta, per ora cova sotto la cenere.
Che l’eccellenza della sanità lombarda fosse una bufala, ben lo sapevano tutti coloro che, prima del Covid- 19, per un esame o una visita, si vedono fissare appuntamenti a mesi di distanza. Negli ospedali privati ma convenzionati col servizio sanitario nazionale, spesso ci si sente rispondere che le prenotazioni sono chiuse, fino ad una tal data, quando arriva la data, se non sei tra i primissimi al mattino, a telefonare o presentarti allo sportello, in poche ore il numero delle prenotazioni si esaurisce. Ti viene ricordato che privatamente c’è posto subito, a 100 e passa euro a visita, oppure l’intramoenia, paghi più del ticket, ma meno della tariffa privata.
Chiusi in casa dal coprifuoco sanitario, ci si chiede se la sanità lombarda non fosse stata ridotta a malasanità, si sarebbero potuto fermare, prevenendola, l’ondata di continui ricoveri che travolge gli ospedali, magari attrezzando gli ambulatori dei medici di famiglia, col sostegno di altro personale (a cominciare da quegli 8 mila medici che, su base volontaria hanno risposto al tardivo appello). In questo modo con uno preventivo screening si evitava il propagarsi dei contagi, isolando i positivi al coronavirus dagli altri. Si sarebbe evitato che la gente, senza cure morisse abbandonata a casa. Si sarebbe evitato che nonostante l’abnegazione ed il sacrificio del personale medico e infermieristico, gli ospedali lombardi venissero travolti dalla malasanità di chi criminalmente, li ha governati.
Saluti Oxervator
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