Il nuovo protocollo governo
padroni sindacati, è una lista di raccomandazioni che nella realtà
incideranno poco nella limitazione del contagio.
I padroni hanno
pochi obblighi e anche questi vengono enunciati con una certa
approssimazione.
Tutto il documento deve dare l’impressione
che i soggetti interessati, padroni, governo e sindacalisti, abbiano
definito le cose ponendo al centro il benessere di chi lavora.
La
prima domanda da porsi è perché hanno redatto un nuovo protocollo.
Evidentemente per fornire uno scudo legale alle responsabilità
aziendali e, da parte sindacale, per dimostrare che è “stato fatto
tutto il possibile” per tutelare “i lavoratori”.
Molti,
sulla stampa, hanno sottolineato che nel nuovo protocollo ci sono
anche sanzioni per le aziende che non rispettano le regole stabilite.
E si sottolinea pure che Confindustria “ha minacciato pure di
abbandonare il tavolo” su questo. Da quello che si legge la
montagna ha partorito un topolino.
“La
mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli
di protezione determina la sospensione dell’attività fino al
ripristino delle condizioni di sicurezza.
Pertanto le Parti
convengono sin da ora il possibile ricorso agli ammortizzatori
sociali, con la conseguente riduzione o sospensione dell’attività
lavorativa, al fine di permettere alle imprese di tutti i settori di
applicare tali misure e la conseguente messa in sicurezza del luogo
di lavoro”.
In
realtà, un vero incentivo alla non osservanza del protocollo, tanto
se ci sarà un assai improbabile controllo, l’unica conseguenza
potrebbe essere il fermo produttivo per mettere in atto quelle misure
che prima si era evitato di fare, magari per risparmiare sui
costi.
Un’altra questione che non è stata volutamente
trattata è, se un eventuale contagio va trattato come infortunio sul
lavoro, in analogia a ciò che è previsto per il personale
sanitario, o semplice malattia. Se non è infortunio, non solo colui
che si contagerà andrà incontro ai tagli salariali previsti per le
malattie e al conteggio di limiti di assenze, ma le aziende avranno
buon gioco a dimostrare che il contagio non è avvenuto sul posto di
lavoro.
“Assicurare
un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con
l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e di creare gruppi
autonomi, distinti e riconoscibili”.
Negli
stabilimenti che fanno tre turni come si riorganizzano? Ma anche in
quelli che fanno due turni? Senza una riduzione della produzione, dei
turni di lavoro e, conseguentemente del numero di presenze, questa
“assicurazione” rimarrà lettera morta, oppure c’è il rischio
che spalmeranno i turni su sette giorni.
“E’
necessario il rispetto del distanziamento sociale, anche attraverso
una rimodulazione degli spazi di lavoro, compatibilmente con la
natura dei processi produttivi e degli spazi aziendali.”
Si
raccomanda il distanziamento, ma dove non è possibile, perché il
posizionamento dei macchinari e l’organizzazione del lavoro, come
quello sulle linee, non lo permette, allora non si fa . In questi
casi ritorna utile la vecchia mascherina, “qualora
il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un
metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque
necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di
protezione”, il che
fa intendere per inciso che, in altri casi, la mascherina può anche
essere evitata. Questa possibilità di lavorare senza mascherina non
è legata al risparmio delle mascherine dato che, nel protocollo, non
si specifica che debbano essere date in dotazione dal padrone.
Piuttosto invece, al fatto che tenere una mascherina per un intero
turno di lavoro diventa impossibile e crea diversi problemi di salute
all’operaio, come le esperienze fatte da chi la sta già
utilizzando negli ospedali e nelle fabbriche dimostra.
“l’azienda
assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei
locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree
comuni e di svago”.
La pulizia giornaliera non dovrebbe appartenere alla straordinarietà
e la “sanificazione periodica”, dà ampio margine all’azienda
di sanificare quando vuole. Inoltre, ricordiamo che la sanificazione
in FCA per esempio, è compito dello stesso operaio.
“Il
personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere
sottoposto al controllo della temperatura corporea”.
Potrà, ma non dovrà essere sottoposto obbligatoriamente. Qui il
protocollo lima quello che in questi giorni era diventata, nel
chiacchiericcio giornaliero sull’epidemia, una delle misure
fondamentali per evitare il contagio nelle fabbriche. Il padrone può
scegliere se misurarti la febbre, ma se un operaio per problemi di
principio si rifiutasse di farsela misurare succederebbe uno
scandalo.
Misurare la temperatura a tutti, nella testa dei
padroni, ha fatto subito intravvedere i tempi lunghi per farlo e il
rallentamento conseguente dell’inizio della produzione.A meno che il tempo
venga rubato agli operai lasciandoli in attesa nelle lunghe fila
della portineria.
“Qualora,
per prevenire l’attivazione di focolai epidemici, nelle aree
maggiormente colpite dal virus, l’autorità sanitaria competente
disponga misure aggiuntive specifiche, come ad esempio, l’esecuzione
del tampone per i lavoratori, il datore di lavoro fornirà la massima
collaborazione.”
La
gestione del tampone che ad oggi è l’unico sistema per il
controllo dell’infezione e della sua immediata individuazione che è
un compito dell’autorità sanitaria viene qui allargata
all’intervento del datore di lavoro che fornirà la collaborazione
necessaria per l’esecuzione del tampone. Questo è un compito
specifico dell’autorità sanitaria in cui il padrone non deve
mettere becco, nelle sue mani non è un semplice strumento di
protezione degli operai ma il mezzo per garantirsi una selezione fra
chi può lavorare senza protezione e chi invece deve stare a casa ed
anche da guarito non è detto che possa più servire. Chiarito questo
il tampone può essere l’unico modo per monitorare costantemente lo
stato di salute degli operai e circoscrivere immediatamente eventuali
casi di contagio. Oltre ad essere fondamentale per iniziare subito le
cure adeguate per evitare le conseguenze più gravi del virus. Ma per
essere veramente utile dovrebbe coinvolgere l’intera comunità
sociale che sta attorno agli operai e tenerla costantemente sotto
controllo.
Il problema è che i padroni si dividono in due
gruppi, quelli che non vogliono far sapere se in fabbrica ci sono
contagiati, e il tampone di massa in fabbrica, come dimostrano
diversi casi, fa scoprire di solito innumerevoli casi che prima non
si conoscevano, con gli asintomatici, o con quelli che presentano
pochi sintomi. Un numero eccessivo di contagiati diventa un problema,
un intralcio al proseguimento degli affari. E gli altri che con
quattro soldi fanno i tamponi a tutti e i “loro operai sani
possono lavorare a pieno ritmo” senza distanziamento produttivo,
mezzi di protezione allentati, tanto il tampone ha detto che sono
sani, oggi.
“La
sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta, perché
rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere
generale: sia perché può intercettare possibili casi e sintomi
sospetti del contagio, sia per l’informazione e la formazione che
il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la
diffusione del contagio”.
Sorveglianza
di che tipo visto che l’unico mezzo di sorveglianza valido è il
tampone, che si farà solo in casi eccezionali? In mancanza di questo
però, per consolare gli operai la sorveglianza sanitaria sarà
supportata dal “medico competente”, che dovrebbe essere, (il
condizionale è d’obbligo nella lettura del protocollo), il medico
aziendale, dove c’è.
Se tutti questi dispositivi vi sembrano
ancora poca cosa, il protocollo ci comunica che l’azienda “mette
a disposizione idonei mezzi detergenti per le mani”.
Uno
dei pochi punti dove si usa categoricamente l’imperativo è dove si
vietano le riunioni in azienda, cioè le assemblee dei lavoratori.
“Non sono consentite
le riunioni in presenza”.
In questo documento per gli operai non c’è niente.
Ci
sono raccomandazioni bonarie che tre amici si fanno per evitare un
guaio. In realtà è solo una pezza per coprire la linea padronale
“feroce e senza scrupolo”, come l’ha definita qualche
sindacalista.
Senza fare tamponi sistematici all’intera
popolazione dello stabilimento, almeno uno ogni quindici giorni, non
si riesce a sapere niente sullo stato di salute degli operai.
Sul
trasporto non c’è niente. Qui vale la regola arrangiatevi. Il
padrone se ne è completamente lavato le mani e ha delegato tutto ai
trasporti pubblici, insufficienti già nell’ordinario, o al
trasporto individuale attuato dallo stesso operaio. Non solo, ma una
eventuale distribuzione dei viaggiatori su più orari, già di per se
impossibile per mancanza di mezzi, avrebbe presupposto una
distribuzione su tempi diversi delle entrate in fabbrica, con
ricadute negative sulla produzione.
Per distanziare gli operai
nelle produzioni moderne, l’unico modo è diminuire la produzione e
fare turni brevi con metà del personale. Ma anche questo, insieme a
dispositivi individuali di protezione e a una sanificazione costante
dell’ambiente di lavoro a intervalli brevi di tempo nell’arco
della giornata, anche se fossero forniti e praticati in modo
impeccabile, non eviterebbero agli operai i rischi del
contagio.
Rispetto a questa evenienza il protocollo è senza
parole. La struttura sanitaria pubblica si è dimostrata
inconsistente. E maggiormente in Lombardia che da tutti veniva
definita un’ “eccellenza nazionale”.
Se gli operai si
ammalano avranno due possibilità davanti, al contrario dei ricchi, o
soffrire a casa sperando in un superamento naturale della malattia, o
morire in un sotto scala di un ospedale pubblico senza strumenti e
senza farmaci.
Invece di imporre almeno questo ai padroni,
governo e sindacati, hanno fatto una lista di buoni propositi a costo
zero per il padrone.
Appena la giostra del profitto riprenderà,
anche le quattro scemenze riportate nel protocollo verranno spazzate
via dai padroni.
Per gli operai non ci sono molte alternative:
o si ribellano o saranno destinati ad ammalarsi senza neanche avere
la possibilità di un’assistenza decente per loro e le loro
famiglie.
F.
R.
PROTOCOLLO DUE: LA LISTA DELLA SPESA DEI BUONI PROPOSITI

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