Riceviamo e
pubblichiamo questo materiale su lotte e solidarietà operaia a
Milano. Le lotte che vengono raccontate sono lotte forti condotte da
operai forti, fuori e oltre la solita sottomissione, il compromesso a
perdere, il sindacalismo firmaiolo di qualunque porcata antioperaia.
Qui non si fa niente di terribile, non si gioca a fare i
rivoluzionari, qui si resiste soltanto, ma in questa scelta di
resistenza non ci si fa mettere sotto i piedi dai padroni untori che
usano il coronavirus per licenziare, ridurre i salari, aumentare gli
orari di lavoro, far fuori gli attivisti sindacali.
Ma il
messaggio non è solo questo, c’è anche il riconoscimento che la
concorrenza fra orticelli sindacali, fra capi che tentano di emergere
gli uni sugli altri, fa male alla coalizione operaia, all’unità di
lotta degli operai contro il comune nemico, il padrone. E se uno fra
questi responsabili riconosce pubblicamente questo limite la
situazione va veramente migliorando.
Non c’è bisogno qui di
ripetere che la nostra scelta è stata quella di saltare ogni scalino
intermedio, ogni ingarbuglio politico-sindacale, e porre il problema
che gli operai hanno bisogno di un loro partito politico
indipendente, e mettersi al lavoro per costruirlo, ma questo semmai
favorisce il fatto che gli operai si uniscano e solidarizzino per
difendersi dalle condizioni in cui la loro forza lavoro viene
utilizzata e consumata dal padrone.
Se è possibile che operai,
oltre le sigle sindacali di riferimento, si accordino su come
affrontare le lotta in una fase come questa, dove o ti adegui alle
necessità del padrone o c’è il manganello della polizia, la cosa
è benvenuta e per quello che possiamo aderiamo in pieno. Certo senza
nascondere a noi stessi ed agli altri che queste lotte riguardano la
forma della schiavitù operaia non la sua abolizione. Ma fra lottare
contro la forma brutale che assume la schiavitù e mettersi sulla via
della sua abolizione il passo è sempre possibile.
La
redazione

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