Per gli operai messi in cassa integrazione, da Covid e/o ordinaria, il salario è stato tagliato del 40%. E per essi non ci sarà neanche il premio di produzione
Gianni
è uno degli oltre 8.000 dipendenti, in grandissima parte operai, che
ArcelorMittal ha messo in cassa integrazione a rotazione, con causale
Covid-19, nello stabilimento di Taranto. “Il mio salario ha avuto
un taglio del 40% – dice l’operaio – e, di fronte alle esigenze
economiche di una famiglia di tre o quattro persone, è tanto. Ragion
per cui bisogna stringere forte la cinghia e i denti, per arrivare a
fine mese. So che il mio problema è comune a tantissimi operai in
cassa”.
Quanto
guadagna un metalmeccanico dell’ex Ilva di Taranto? Un operaio di
terzo livello guadagna 1.700 € lordi al mese (che salgono a 1.850
inclusi integrazioni e premi), che al netto si riducono però a circa
1.200-1300 € al mese. Un operaio di quinto livello guadagna
1.400/1.500 € netti, un operaio apprendista o dei livelli più
bassi arriva appena a circa 1.000 € netti.
Perciò
gli operai di terzo livello, gli operai più numerosi a Taranto, che
hanno un salario medio netto di 1.300 €, andando in cassa
integrazione ricevono dall’INPS 935 €, un taglio del 30% per tutti
i mesi in cassa che sale a oltre il 40% conteggiando le perdite sui
premi di produzione, i permessi retribuiti, la tredicesima mensilità.
Come vive un operaio con un salario di 935 € al mese? Quanti euro
ha perso andando in cassa integrazione? E quanti ne perderà ancora,
visto che ArcelorMittal ha chiesto, a partire dal 6 luglio, altra
cassa integrazione?
Arcelor Mittal ha utilizzato la cassa
ordinaria da luglio 2019 a fine marzo a blocchi di 13 settimane alla
volta, per un massimo di 1.400 operai per blocco. Poi ha fatto
ricorso alla cassa Covid da fine marzo a fine maggio per circa 5.000
operai, prorogandola per cinque settimane dal 1° giugno al 6 luglio.
Ai primi di giugno ha chiesto nuova cassa integrazione ordinaria,
annunciandola “a decorrere dal 6 luglio per un periodo presumibile
di nove settimane (…) per un massimo di 8.157 dipendenti”. Dopo
le nove settimane, a partire dal 7 settembre, ArcelorMittal, da voci
che si sentono in fabbrica, farebbe scattare una ulteriore fetta di
cassa Covid, non si sa fino a quando.
Teoricamente un operaio
potrebbe essere in cassa integrazione da un anno, con una perdita
salariale totale di almeno 7.000 €. Ma, pur considerando che non
sia stato sempre in cassa, la sua perdita salariale è stata
considerevole. Inoltre a Taranto molti operai non riceveranno il
premio di risultato, perché ArcelorMittal scalerà, cioè non
considererà, per ogni operaio tutto il periodo in cui è stato in
cassa integrazione. Vale la pena ricordare che artigiani,
commercianti, liberi professionisti, persino avvocati e notai, sono
stati risarciti dalle “perdite economiche” causate
dall’emergenza Coronavirus con 600 € al mese per marzo e aprile.
Il governo ha trovato i soldi per risarcire classi della popolazione
che fino ad ieri hanno accumulato con le loro attività guadagni ben
superiori ai salari operai, guadagni da dove poter attingere un
reddito senza problemi, mentre gli operai, all’ArcelorMittal e
altrove, hanno dovuto vivere i mesi passati e dovranno vivere quelli
futuri con la miseria della cassa integrazione. Pur sapendo che con
il salario normale si fa già fatica a tirare avanti, che gli operai
non hanno riserve nei depositi in banca dai quali attingere, a
nessuno è venuto in mente di elevare il livello salariale della
cassa, di imporre alle aziende di integrarlo direttamente. Gli operai
devono accontentarsi di vivere in miseria, le classi medie non
devono rinunciare ai loro privilegi, la piccola imprenditoria non può
rinunciare al suo buon tenore di vita. Gli operai si sono
semplicemente visti tagliare e perdere buona parte di un salario già
misero! E spesso hanno ricevuto il salario decurtato in ritardo. Alla
faccia di tutti i benpensanti che, al governo o fuori dal governo,
per mettersi l’animo in pace e tacitare il malcontento operaio,
continuano ad affannarsi a dire che “nessuno resterà indietro”!
L.R.
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