Più si sprecano parole sulla sicurezza dei lavoratori, più aumentano i morti sul lavoro. E’ la dimostrazione che la morte operaia non è né un problema di cultura, né di informazione ma solo di corsa ai profitti, che va combattuta con tutti i mezzi necessari.
Sono principalmente gli operai dell’industria, dell’agricoltura, dell’edilizia e dei servizi che muoiono ammazzati sul lavoro. “Dal 1951, anno in cui sono iniziate le statistiche degli operai morti, assicurati solo dall’INAIL, al novembre 2009 sono 156.469 i lavoratori morti ammazzati mentre lavoravano per i profitti dei padroni. Nello stesso periodo sono 57 milioni gli operai gravemente feriti., Negli ultimi 15 anni, sempre secondo INAIL il numero degli operai resi invalidi dal lavoro è di 27 al giorno. (Operai Contro 03/2010 n. 131).
Diversi governi borghesi di destra e di sinistra, negli ultimi vent’anni, si sono alternati nella gestione dello stato, anche “il nuovo che avanza” rappresentato dalla piccola borghesia penta stellata ha raggiunto le massime cariche governative. Che influenza poteva determinare e ha determinato, questo avvicendarsi di partiti borghesi e piccolo borghesi, sulla strage quotidiana di operai?
Nessuna, non poteva essere altrimenti e così è stato! Partiti borghesi e piccolo borghesi non possono che rappresentare e difendere interessi concreti diversi da quelli operai.
Il numero degli operai morti e feriti nella guerra unilaterale e sotterranea, per garantire il profitto dei padroni grandi e piccoli, è in continuo aumento nella totale indifferenza delle altre classi sociali.
Quale altra classe o segmento sociale è del resto trattato in questa maniera?
Tra i soldati dell’esercito dei padroni italiani, per esempio, nel periodo che va dal 1950 (Eritrea) alle ultime “missioni di pace”, sono 186 i militari italiani caduti (Ministro della difesa Guerini 12/10/2019). Eppure si tratta di donne e uomini pagati profumatamente, che sono entrati armati in un paese che non li ha invitati e la cui popolazione gli è comprensibilmente ostile.
Cosa rende quindi un’officina, un cantiere edile, un magazzino logistico o un campo di pomodori più pericoloso di un paese occupato militarmente, da causare queste vere e proprie stragi?
È la competizione per il profitto tra i padroni che viene scaricata sugli operai attraverso appalti e subappalti al ribasso, aumenti dei ritmi e dei carichi di lavoro collettivi e individuali. Turni a scorrimento che alterano i ritmi biologici individuali e le relazioni sociali.
Nel 2017 i morti ammazzati sul lavoro sono stati 1029, nel 2018 sono 1450 (+ 9,7%), nel 2019 morti 997 (-4.7%) Al settembre 2020 i soli morti denunciati da INAIL risultano essere 823 (+20,1)
Come si può rilevare il numero di operai ammazzati sul lavoro resta estremamente alto, premesso che la salvaguarda vera della salute di chi lavora può arrivare solamente dalla conquista del potere da parte degli operai, come viene organizzata intanto la difesa dell’incolumità dei lavoratori dalle organizzazioni sindacali che li rappresentano?Le dichiarazioni ai media dei segretari di CGIL, CISL E UIL sono roboanti e perentorie: Landini segretario CGIL: “Si continua a morire su lavoro e si muore come si moriva tanti anni fa. Questo non è più accettabile, dobbiamo perciò investire sulla prevenzione e formare una nuova cultura della sicurezza sul lavoro, al centro – ha proseguito Landini intervenendo a Bolzano – non sia più il profitto, ma la qualità della vita delle persone. Anche in Alto Adige ci sono problemi di sicurezza sul lavoro, di precariato e di qualità del lavoro e c’è il problema dei subappalti. Un territorio come questo, che è stato un laboratorio di integrazione, potrebbe essere anche un laboratorio dalla tecnologia digitale alla trasformazione ambientale”. (ANSA Bolzano 06/02/2020, 2 operai morti per incidente ferroviario).
Re David (segretario Fiom): “Per la prima volta dopo gli anni delle grandi conquiste sociali e sindacali, la salute e il lavoro tornano centrali. Non può esserci ripartenza senza una diversa organizzazione del lavoro, dei tempi e delle relazioni sindacali”. (24/04/2020 intervista a L. Campetti)
Furlan segretario CISL: “E’ una strage e dobbiamo tutti fermarla. La sicurezza deve diventare la nostra priorità anche nel 2020” (03/01/2020 operaio schiacciato alla Sevel di Atessa (CH). “Agghiacciante la morte di due operai oggi in un cantiere a Roma. È una interminabile scia di sangue e di vite stroncate nei luoghi di lavoro. Dove sono i controlli sulla sicurezza? La Cisl farà sentire la sua voce insieme agli altri sindacati: dobbiamo fermare questa strage quotidiana” (20 luglio 2020). “Sono troppi morti sul lavoro, le imprese siano più responsabili” (Corteo 1 maggio 2018).
Barbagallo (segretario UIL): “Istituire il nuovo reato di omicidio sul lavoro” (19/05/2018, Manifesto intervista ad A. Sciotto). “Forse come sindacati abbiamo fatto qualcosa in meno di quanto avremmo potuto e oggi siamo qui proprio per recuperare”. (corteo 1 maggio 2018)
Le dichiarazioni dei sindacalisti più rappresentativi sono assolutamente patetiche, con un linguaggio che alterna appelli al buon cuore dei padroni, a minacce senza nessuna azione che miri ad organizzare concretamente la difesa dell’incolumità degli operai. Nei comunicati, nelle interviste, nei rituali e prudenti scioperi locali i segretari di CGIL, CISL e UIL, sottolineano continuamente che la strage degli operai, il tema della sicurezza nei posti di lavoro è e sarà il tema centrale, al primo posto della loro azione sindacale.
Nella realtà la collusione tra Confindustria e sindacalisti filo padronali, che subordinano produttività e profitto dei padroni alla salute degli operai, è confermata oggettivamente dal costante numero dei morti ammazzati con il passare degli anni. Le dimensioni della strage smascherano inequivocabilmente il fiume di parole di circostanza del sindacalismo compiacente di Landini, Furlan e Barbagallo.
Anche il sindacalismo di base, concentrato soprattutto in competizioni parrocchiali pare non ritenga utile costruire una coalizione operaia che inizi a ragionare sulla difesa della propria sopravvivenza. Nella mozione finale della assemblea nazionale “Lavoratorie lavoratrici combattivi/e” svoltasi a Bologna il 27/09/20, non si riesce ad andare oltre un generico “con il tragico ripetersi di continui infortuni e morti sul lavoro”.
Lo sciopero alla FCA di Cassino, convocato da CUB Flmu il 30/09/20per l’anniversario dell’infortunio mortale dell’operaio Fabrizio Greco, è stata una occasione persa. CUB Flmu preoccupandosi principalmente di coinvolgere inutilmente le istituzioni locali, piuttosto che tentare di costruire la coalizione degli operai ribelli FCA, ha contribuito a rendere minoritaria la sacrosanta mobilitazione per l’operaio morto ammazzato un anno fa. Il variegato universo del sindacalismo alternativo ai confederali non è quindi finora riuscito a proporre agli operai ribelli una mobilitazione generale su una semplice e concreta parola d’ordine unitaria: la strage degli operai deve finire. La strada è questa.
M.C.
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