NEL PORTO DI GENOVA LA CONFINDUSTRIA SI ROMPE LE CORNA

Venerdi 5 marzo, il porto di Genova viene bloccato dagli operai della Compagnia Unica, i sindacati promuovono il presidio davanti ad ogni ingresso e una manifestazione davanti alla Confindustria.
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Venerdi 5 marzo, il porto di Genova viene bloccato dagli operai della Compagnia Unica, i sindacati promuovono il presidio davanti ad ogni ingresso e una manifestazione davanti alla Confindustria.

Qui non c’è bisogno dello sventolio di bandiere per coprire i buchi di partecipazione e per la solita concorrenza fra sigle sindacali, il porto è bloccato perché è la massa operaia che sa cosa c’è in ballo e sa quel che vuole. Oggetto del contendere è una lettera inviata dai padroni dei terminal, associati a Confindustria, all’autorità portuale. Oggetto: le tariffe dovute alla Compagnia Unica e concordate ogni anno sostenendo che andrebbero riviste al ribasso. Ma la cosa più eclatante è il ricordare a tutti che, siccome “una giornata di lavoro è un privilegio”, loro sono coloro che questo privilegio rendono praticabile facendo lavorare la gente sulle banchine.

La Confindustria genovese ha fatto male i calcoli, ha trovato di fronte degli operai che ancora sono capaci di lottare per questioni di principio, che non si fanno mettere sotto i piedi da un cravattino qualunque, che sanno che il lavoro non è un privilegio ma una pesante attività che produce sicuramente privilegi e ricchezze per chi lo impiega. La Confindustria ha fatto male i calcoli perché ha trovato sindacalisti che non potevano passare sotto silenzio questo attacco se non suicidandosi e rovinare definitivamente il loro rapporto con gli operai già stanchi di tanti accordi al ribasso, oltre che la Compagnia Unica non poteva accettare di ridiscutere accordi sulle tariffe già sottoscritti fra le parti.

La Confindustria a livello nazionale pensava di avere ormai in mano la situazione, di aver mano libera su orari e salari, di aver trovato e comprato in ogni luogo di lavoro sindacalisti collaborazionisti, di aver sciolto con la forza dei licenziamenti per rappresaglia tutti i focolai di resistenza, ma il blocco del porto di Genova con la richiesta di ritirare la lettera, giudicata dagli operai offensiva, è un segnale che la situazione non è come la immagina Bonomi e i suoi associati, che gli operai uniti, agendo in massa, possono aprire una nuova fase di scontro con i padroni ed i loro sostenitori.

Il segnale dal porto di Genova è chiaro per gli operai. Si può reagire, basta mettersi d’accordo, superare la paura dei ricatti e muoversi collettivamente, i sindacalisti compromessi saranno costretti o a seguire o farsi travolgere dalla massa. Il segnale del blocco di venerdì del porto di Genova è chiaro per tutti: la corda è abbastanza tesa e si può rompere in ogni momento, ed allora non ce n’è più per nessuno.
E.A.

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