In tutti gli stabilimenti ex FCA in Italia, ora Stellantis, si respira un’aria pesante. Le nuvole all’orizzonte sono cariche di tempesta.
Per gli operai, perché la fusione con la Peugeot comporterà ristrutturazioni e chiusure di stabilimenti e un ulteriore aggravamento delle loro già pessime condizioni lavorative. Per i padroni Stellantis, perché sanno quanto è rischioso quest’ulteriore giro di vite contro gli operai. La corda è già fin troppo tesa e potrebbe spezzarsi all’improvviso. Iniziano infatti a manifestarsi dei piccoli ma significativi segnali che la gabbia di brutale assoggettamento degli operai, costruita in questi anni, comincia a scricchiolare. A Pomigliano una prima avvisaglia si è avuta in questi giorni. Nell’arco di tre mesi la cadenza della linea, già altissima, è passata da 460 auto a turno a 470 e, quasi contemporaneamente all’ultimo aumento dei ritmi, la Stellantis ha annunciato dei giorni di cassa integrazione, distribuiti in modo tale da non far maturare il rateo mensile, quindi alla riduzione salariale legata ai giorni di cassa si è aggiunto per gli operai una ulteriore riduzione delle mensilità supplementari, delle ferie e permessi. Insomma, invece di “premiare” gli operai per l’ulteriore pesante sforzo che viene loro imposto, l’azienda ha deciso di punirli con una ulteriore riduzione salariale. I soliti sindacati firmatutto hanno subito ingoiato il rospo. La Fiom, con un comunicato del 24 febbraio ha chiesto l’apertura di un confronto per trovare una soluzione diversa, spalmando i giorni di cassa fra marzo e aprile al fine di rendere possibile la maturazione del rateo. Ovviamente, come al solito l’azienda li ha ignorati. La pressione degli operai, in particolare degli iscritti Fiom, si è fatta sentire. La semplice richiesta di un incontro, per altro disatteso, non poteva bastare loro. L’atteggiamento immobilista della dirigenza Fiom comincia a suscitare malumori fra gli operai. Una avvisaglia si era già avuta quando alcuni attivisti Fiom avevano contestato il sindacato perché non aveva imposto alla azienda di cambiare il famoso cartellone elettronico che ha continuato a indicare sfacciatamente “incidenti n. 0” anche dopo il grave infortunio in cui un operaio ha perso alcune dita di una mano.
La pressione operaia ora si è fatta più grande. La loro richiesta è che la Fiom si faccia promotore di uno sciopero contro l’affronto aziendale della non maturazione dei ratei. La segreteria Fiom è in difficoltà e decide di risolvere la cosa lavandosene apparentemente le mani. Invece di fare quello che un qualsiasi sindacato dovrebbe fare, cioè indire lo sciopero e lavorare con i suoi militanti affinché riesca, fa indire alle RSA per il 3 marzo assemblee retribuite di un’ora e mezzo. Nell’ordine del giorno, fra l’altro, non c’è nessun accenno all’eventuale sciopero, ma si elencano solo due punti generici, “Avanzamento piano industriale” e “Calendario lavorativo di marzo”. Una tale indeterminatezza contribuisce a scoraggiare la partecipazione operaia all’assemblea, accanitamente contrastata da azienda e sindacati firmatutto. Nelle assemblee i dirigenti Fiom hanno buon gioco a svilire le richieste di sciopero che pur vengono avanzate dagli operai, addossando le colpe della non proclamazione dello sciopero alla passività operaia stessa. La fronda “interna” viene temporaneamente neutralizzata e lo scoraggiamento fra gli operai più critici è grande, ma per l’azienda, i firmatutto e gli immobilisti dirigenti Fiom c’è poco da rallegrarsi. Quest’ultima amara esperienza è un ulteriore lezione per gli operai della necessità di agire in prima persona, di non delegare l’organizzazione della resistenza ai vertici sindacali e di costruire l’unità operaia senza farsi dividere nelle varie parrocchie sindacali, come, in particolare negli anni passati è già purtroppo successo a Pomigliano, con lo scontro costante fra operai combattivi Fiom e operai militanti nello Slai.
Riportiamo qui di seguito una testimonianza diretta di uno degli operai partecipanti all’assemblea.
A. V.
TESTIMONIANZA DIRETTA
L’assurdo vive a Pomigliano, nello stabilimento ormai Stellantis.
Nelle ultime 2 settimane ho assistito definitivamente alla morte della classe operaia e del sindacato.
Abbiamo visto tolti 5 minuti per la sanificazione del posto di lavoro, così i 10 minuti sono passati a 5.
Abbiamo iniziato con un aumento di cadenza che, associato all’aumento di dicembre scorso, fa un +10 auto a turno; viaggiamo a 470 auto prodotte a turno.
Il tutto senza tener conto dei ritmi assurdi associati alla mascherina giustamente sempre in volto.
Ci hanno comunicato che a marzo resteremo più a casa che a lavoro; una cassa integrazione infinita che ormai va avanti da oltre 10 anni.
Il futuro è Stellantis, ma a me queste stelle non sembrano brillare tanto. Questi sono i successi della panda di cui molti si vantano e nonostante i tantissimi sacrifici siamo ancora qui a pregare il buon Dio che tutto vada bene per il futuro. Di male in peggio!
Per tutto quello elencato e non solo, la Fiom proclama 1 ora e 30 minuti di assemblea alla quale però, i miei colleghi decidono di non parteciparvi, ancora ad accettare il ricatto mentale dei sindacalisti firmatutto che, andando in giro tra le linee, invitano le maestranze a non partecipare all’assemblea. Ennesimo diritto che stanno provando a toglierci. L’assemblea mi è sembrata uno show dove la Fiom doveva uscire “pulita” da tutto quello che sta succedendo: “noi volevamo fare sciopero ma i lavoratori no”. Per carità è vero, ecco perché dicevo la morte della classe operaia, ma un sindacato che si limita a dire ai lavoratori: “se volete fare sciopero noi ci siamo”, siamo veramente convinti che stia svolgendo al meglio il suo compito?
Ai posteri l’ardua sentenza a noi a quanto pare, non ci resta che piangere.
Un operaio Stellantis Pomigliano
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