NEL REGNO DEI MITTAL GLI OPERAI SONO SUDDITI E CHI NON SI PIEGA VA PUNITO

A Genova, alla AM per un fatto simile licenziarono un operaio spiato su facebook. Il blocco totale dello stabilimento costrinse l'azienda a fare marcia indietro. E' l'unica risposta che si può dare.
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A Genova, alla AM per un fatto simile licenziarono un operaio spiato su facebook. Il blocco totale dello stabilimento costrinse l’azienda a fare marcia indietro. E’ l’unica risposta che si può dare.


 

Arcelor Mittal ha paura non solo della forza organizzata degli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto ma persino della voce critica di uno, due o alcuni di essi. Perciò reprime, sospende e licenzia chi esprime un parere proprio, anche fuori dalla fabbrica, sui social, per mettere il tappo alla bocca di tutti. Intimorisce per zittire. E lo fa organizzando un preventivo sistematico spionaggio dei suoi operai.
L’ultimo episodio è la sospensione di alcuni operai per aver condiviso sul proprio profilo facebook un invito a vedere la miniserie televisiva “Svegliati amore mio” che racconta le conseguenze di un’acciaieria inquinante, la Ghisal, sulla vita degli abitanti di una città senza nome e in particolare la vicenda di una bambina che si ammala di leucemia, e per aver fatto un parallelo fra la Ghisal e la fabbrica di Taranto, scrivendo “in nome del profitto la vita dei bambini di Taranto non conta… assassini”. L’accusa della dirigenza di Arcelor Mittal Italia agli operai, che si sono visti recapitare  una contestazione disciplinare con immediata sospensione dell’attività lavorativa (anticamera del licenziamento), interdizione ai luoghi di lavoro e richiesta di giustificazioni entro cinque giorni, è di “aver denigrato l’azienda stessa e il suo management, anche attraverso affermazioni di carattere lesivo e minaccioso”. In pratica di aver leso l’immagine aziendale.
Non è la prima volta che Arcelor Mittal Italia punisce operai a Taranto dopo averli spiati sui social. A marzo del 2020, quando, in pieno lockdown, gli operai erano obbligati ad andare a lavorare, aveva licenziato un operaio per aver pubblicato sulla propria pagina facebook un post in cui diceva che in fabbrica non c’erano né gel igienizzanti né dispositivi di protezione individuale. L’operaio aveva solo detto la verità, conosciuta anche dalle organizzazioni sindacali che, però, invece di mobilitare gli operai si erano limitati a una nota unitaria in cui chiedevano proprio dpi e amuchina, ma venne licenziato “per il venir meno del rapporto di fiducia tra proprietà e dipendente”. Una giustificazione assolutamente arbitraria, quella del presunto rapporto di fiducia, un vincolo mai codificato da un atto firmato da qualsivoglia operaio.
Entrambi gli episodi sono espressione non solo del clima di intimidazione e repressione che si vive nell’ex Ilva, ma anche del sistematico controllo spionistico esercitato dalla dirigenza sugli operai con l’arroganza propria del padrone verso i suoi schiavi. Che diventa poi libertà di decidere del destino di tali schiavi. I cinque giorni sono passati e della sorte degli operai non si sa nulla. Quello che è certo è che, davanti a un episodio così grave, nessun sindacato ha organizzato neanche un’ora di sciopero. Come al solito i sindacati si sono limitati a proteste verbali di facciata, l’Usb ha addirittura invocato l’intervento del governo con i ministri Giorgetti e Orlando! La verità è che il sistema di spionaggio di Arcelor Mittal fa comodo anche a loro per togliere di mezzo gli operai che non vogliono pensare da schiavi.
L. R.

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