COMMEMORAZIONE DEL 25 APRILE ALLA INNSE

Riprendiamo dal sito giulemanidallainnse.it il comunicato della RSU che rimette a posto il significato di quella eroica giornata, che poteva essere il punto di partenza per la liberazione degli operai e non lo fu, oltre la retorica e le false letture che ne fanno oggi
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Riprendiamo dal sito giulemanidallainnse.it il comunicato della RSU che rimette a posto il significato di quella eroica giornata, che poteva essere il punto di partenza per la liberazione degli operai e non lo fu, oltre la retorica e le false letture che ne fanno oggi


INTRODUZIONE
Ancora l’alto numero dei contagiati e dei morti giornalieri ci ha indotto ad agire con prudenza nel commemorare gli Operai della INNOCENTI deportati e morti nei campi di lavoro in Germania.
Domenica 25 Aprile 2021 , i Delegati sindacali, in rappresentanza degli Operai e Impiegati della INNSE hanno presenziato davanti ai cancelli della fabbrica, teatro dei rastrellamenti fascisti, per rimarcare la vicinanza e il rispetto per tutti quegli Operai che, pur in un momento di enorme criticità e paura dovuta alla occupazione nazifascista, il 10 marzo 1944 non rinunciarono a scioperare per il salario e per questo quindici di loro furono imprigionati dai fascisti nelle carceri milanesi e deportati.
Dodici operai morirono per le condizioni disumane imposte dai carcerieri e solo tre fecero ritorno a casa.


COMMEMORAZIONE  DEL  25 APRILE  ALLA  INNSE
Ogni anno ci ritroviamo a commemorare il giorno della Liberazione dal fascismo , il 25 aprile 1945,  e ogni qual volta ci presentiamo davanti alla lapide degli operai della INNOCENTI deportati nei campi  di lavoro in Germania  ricordiamo il ruolo fondamentale che hanno avuto gli Operai come noi nella lotta al fascismo.
Un movimento, quello fascista, affermatosi nel biennio 1919 – 1921  durante le lotte operaie come strumento di repressione di queste lotte, finanziato dai padroni dell’industria e dell’agricoltura, poi successivamente  sostenuto da tutte le classi benestanti come l’unico elemento stabilizzatore del potere contro le classi sfruttate.
A questo punto tutti gli scioperi e le proteste  per  far aumentare i salari e migliorare le normative nelle fabbriche venivano tassativamente abolite e chi partecipava veniva bastonato e portato in galera.
Pian piano questa fiducia, complice la crisi e la guerra con le sue distruzioni si fece sempre più flebile anche in settori delle classi superiori, ma toccò agli operai rompere con il regime fascista. Dopo anni di sofferenze dovute, alle  morti in prima linea al fronte, alla fame per i miseri salari, allo sfruttamento sulle linee dell’industria bellica, gli operai nelle fabbriche iniziarono a organizzarsi, l’inizio della ribellione si ebbe a marzo del ‘43  con i primi scioperi nelle fabbriche del Nord Italia. A Torino e a Milano le grandi fabbriche si fermarono, per gli Scioperi di marzo parteciparono  circa 135 mila operai , poi gli scioperi proseguirono anche nei mesi di settembre, novembre e dicembre fino al fatidico marzo del ‘44 dove in una realtà quotidiana sempre più critica, i padroni insieme ai capi fascisti cercando di impaurire gli operai, imprigionarono e in seguito deportarono nei campi di concentramento  coloro che erano in prima fila durante le proteste, ma questo non fermò gli operai anzi li rese ancora più compatti e decisi a proseguire gli scioperi entrando con maggior vigore  nella lotta di resistenza .

E qui vogliamo ricordare i nostri compagni operai dell’ INNOCENTI arrestati la sera del 10 marzo 1944 e portati nel carcere di san Vittore. Dopo una settimana furono deportati nei campi di concentramento in Germania.
Solo tre di essi ritornarono a testimoniare i soprusi e le torture subite nei campi di lavoro.

Gli OPERAI dell’ INNOCENTI deportati:

Giacomo BANFI , anni 29 , attrezzista (morto a Mauthausen  il 18.5.1945)
Luigi COLOMBO , anni 50 , tornitore (morto a Mauthausen  l’ 11.4.1945)
Agostino CORNO , anni 48 , fonditore (morto a Gusen il 23.12.1944)
Vincenzo DE SILVESTRI, anni 42, montatore (morto a Wien/Hinterbruhl il 28.3.1945)
Giovanni DOLFI, anni 31, addetto minuteria (morto a Mauthausen il 24.3.1945)
Agostino MANTICA, anni 31, fonditore (morto a Linz il 2.8.1944)
Luigi MARZAGALLI, anni 45, saldatore (morto a Mauthausen il 22.4.1945)
Giovanni POLONI, anni 50, addetto minuteria (morto in data e luogo ignoti)
Alfredo POZZI, anni 34, addetto minuteria (morto a Hartheim il 22.8.1944)
Battista PREVITALI, anni 29, addetto minuteria (morto a Gusen il 20.8.1944)
Luigi RADICE, anni 36, manutentore (morto a Mauthausen il 31.3.1945)
Dante VILLA, anni 22, fonditore (morto a Mauthausen il 22.4.1945)
Giuseppe ARRISARI, anni 37, morì pochi giorni dopo il suo ritorno a casa per le torture subite
Giacomo COSTA, anni 34, ritornò dai campi di concentramento
Adamo SORDINI, anni 33, ritornò dai campi di concentramento.

Nell’ultimo decennio  la condizione degli operai da quella salariale a quella normativa è stata inglobata senza più nessuna resistenza in  una  precisa regola del capitale: la massimizzazione del profitto . La condizione operaia ancorata  per intero ai frenetici spostamenti di capitale da una parte all’altra del mondo  ha subìto un significativo deterioramento.  Neanche la presunta alternanza politica alla guida del paese ha determinato un inversione di marcia , di fronte alle richieste dei padroni vi è sempre qualcuno pronto a scodinzolare portando benefici  alle classi benestanti .
In questo periodo  complice ancora l’emergenza sanitaria  assistiamo al più grande  sodalizio di presunte forze politiche eterogenee, infatti al grido mai con Tizio o con Caio, si è giocato l’asse di briscola e cosi è passato tutto in second’ordine.
Non passa in second’ordine il decreto sicurezza voluto da Salvini durante il governo giallo verde e mai abolito completamente dai  governo giallo rosso, infatti  rimangono  inalterate tutte le norme per colpire gli operai in prima linea durante le proteste.
Formalmente non viene toccato il diritto di sciopero e di manifestazione, ma viene snaturato il loro contenuto e la loro precisa funzione diventando  cosi una semplice folkloristica passerella.
Non passa in second’ordine l’affermazione della Corte Costituzionale di una provata disparità di giudizio  tra i licenziamenti per giusta causa (ma quale giusta causa?) e i licenziamenti economici introdotti dal jobs act  e la legge Fornero. Anni, anni di incostituzionalità non hanno fermato i padroni nel loro progetto reazionario, quello di sbarazzarsi degli operai più intransigenti e sindacalizzati.
Non passa in second’ordine che quest’ultimo anno per tutti gli operai  sia stato un anno difficile e complicato .
La parte degli operai che ha proseguito il lavoro  in fabbrica, che siano, logistiche, alimentari, metalmeccaniche o siderurgiche ha  dovuto subire  le prime ondate della pandemia  e non sono bastate le “annunciate” protezioni e regole inserite nei pirotecnici protocolli aziendali a salvarli dal contagio.   Gli ultimi dati dell’INAIL  parlano di 157 mila denunce di contagiati nell’ultimo anno , ma l’esperienza ci porta a pensare che siano molti di più.
E qui tiriamo in ballo le normative per la salute degli operai sui posti di lavoro, le quali sono sempre più viste come un ostacolo di libertà all’esercizio padronale.
La parte degli operai, dal primo lessico  “non essenziali” , che   è stata  relegata in cassa integrazione a zero ore , ha subìto le prime ondate di pandemia con un salario più che  dimezzato cercando di non contagiarsi, adesso da “ non essenziali”  si passa  a “non tecnologici” e subisce  oramai allo stremo la pandemia  che continua ad imperversare, infatti i pochi soldi della cassa integrazione hanno vita breve nell’economia familiare .
E qui tiriamo in ballo il salario, elemento cardine del proletariato, oramai ridotto ad una virtuale conquista  visto il suo veloce sgretolamento. Questa voglia incondizionata da parte della società moderna di legarlo in pieno alla produttività è nient’ altro che il “vecchio” cottimo  pronto  ad essere resuscitato.
Intanto le piazze , al grido di libertà, libertà, vengono riempite dalle classi sociali più vicine alla piccola borghesia messa in ginocchio dalle chiusure  e che ora non avendo precisi riferimenti politici si lascia cullare da formazioni di Destra d’ispirazione fascista diventando un blocco sociale con chiari riferimento al passato.
I primi a  muoversi al grido di libertà , libertà, furono i padroni delle industrie, i quali da subito in pieno lockdown  dovuto all’emergenza sanitaria mondiale, mobilitarono partendo dai vertici nazionali fino a quelli locali tutte le istituzioni per evitare le chiusure garantendo il normale flusso delle merci al mercato  continuando cosi a garantirsi il profitto .
E  qui mancano all’appello gli Operai, una classe sociale quella salariata forse disorientata  e  delusa dagli ultimi settantasei  anni, tanti sono passati dal giorno della LIBERAZIONE , una liberazione da una forma di potere fascista che doveva aprire la strada alla liberazione dal potere dei padroni che gli stava dietro. Non è stato così, come operai perdemmo l’occasione storica ma nessuna ci leva dalla testa  che il grido di libertà , libertà degli operai il 25 Aprile 1945 era una forza di rottura  indescrivibile e tale forza può essere sempre riprodotta per rendere liberi gli Operai dallo sfruttamento dei padroni.

RSU INNSE                                                         25 Aprile 2021

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