Oggi fuori dall’ingresso B dello stabilimento si è svolta l’assemblea, un’iniziativa promossa dagli operai stessi senza sindacalisti, nè bandierine. Un’ottantina di operai sono venuti da paesi lontani per confrontarsi sulla situazione dello stabilimento e cosa fare. Siamo solo all’inizio.
Ci sono giorni che valgono anni. Oggi, 15 maggio 2021, è stato uno di questi e i prossimi promettono di essere della stessa qualità.
Oggi a Melfi, fuori dall’ingresso B dello stabilimento Stellantis, si sono riuniti un gruppo di una ottantina di operai dello stabilimento e dell’indotto.
Nessun sindacato aveva programmato questo incontro. Nessun funzionario sindacale era presente. E’ un’iniziativa partita da un gruppo di operai di Melfi, organizzata con il passaparola in rete. Fino a poco tempo fa era impensabile che un’iniziativa del genere potesse riuscire. Di sabato, a fabbrica chiusa. Nella piana di Melfi che con gli stabilimenti chiusi è un vero e proprio deserto, dove i paesi più vicini sono a notevoli distanze, raggiungibile solo con mezzi propri. Eppure gli operai c’erano.
E’ il segnale che gli operai non credono più alle parole apparentemente rassicuranti dell’azienda e alla pressione di facciata dei sindacati. Gli operai vedono quello che hanno davanti agli occhi: dopo anni di sacrifici che hanno fatto intascare agli azionisti miliardi di euro di profitti, loro sono punto e a capo. Con i salari falcidiati con la cassa integrazione. Con la prospettiva di migliaia di esuberi tra indotto e stabilimento centrale. Con una sola linea di produzione che l’azienda “sta studiando” di attuare, con la quale presumibilmente farà più produzione con meno addetti. La fabbrica è una pentola a pressione dove le valvole di sfogo non reggono più.
L’assemblea di oggi è il primo effetto. Giovani operai che stanno facendo un percorso di apprendistato accelerato sulla strada della consapevolezza operaia. Qualche operaio più anziano che finalmente vede una nuova leva operaia che comincia ad alzare la testa. Molti sono intervenuti. Negli interventi è stato sottolineato che i soldi sono pochi e gli operai sono stanchi di subire i contraccolpi della crisi, mentre gli azionisti, senza lavorare, si dividono comunque utili miliardari.
Diversi interventi hanno posto apertamente la questione che i soldi che si perdono con la cassa integrazione vengano integrati dal padrone. Si è sottolineato che è inammissibile che mentre gli operai si impoveriscono con la cassa integrazione il padrone punti ad un aumento di produzione con più pesanti carichi di lavoro.
In tutti gli interventi era chiaro il disincanto nei confronti dei sindacalisti, completamente assenti nell’occasione e completamente insufficienti nel contrastare nella fabbrica le politiche contro gli operai attuate dal padrone. Dopo anni di bocconi amari, di repressione, di superlavoro, finalmente gli operai cominciano a muoversi, ad alzare la testa contro il padrone più forte ed agguerrito sulla scena nazionale. Non è poco.
Oggi erano ottanta, ma le condizioni materiali spingono gli operai a muoversi. I padroni nella crisi, per salvare i loro profitti e la bella vita che fanno spingono sempre di più gli operai verso la miseria. Gli operai per non soccombere, sono costretti a mettersi in movimento.
Ottanta sono solo la punta dell’iceberg. Dietro di loro c’è una moltitudine che comincia a muoversi.
Partito Operaio
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