Un ragionamento in 4 punti sulla solidarietà che come operai dobbiamo al proletariato palestinese che combatte per le strade di Gerusalemme ed al popolo palestinese massacrato dai bombardamenti dell’aviazione israeliana.
1. La borghesia italiana per bocca dei suoi esponenti politici si è subito schierata a fianco della borghesia israeliana. La ragione sta nei razzi sparati da Hamas contro Israele. Come operai sappiamo che è solo una lurida giustificazione per coprire l’oppressione di un popolo. La borghesia israeliana ha oppresso i palestinesi come popolo da più di 70 anni, ne ha rubato il territorio, li ha dominati con la forza dell’esercito. La borghesia israeliana è imperialista, i palestinesi sono un popolo oppresso ed i suoi rappresentanti politico-militari hanno tutte le ragioni per usare qualunque mezzo per difendersi. Niente più oppressione niente più razzi.
2. Tutti i governi dei paesi ricchi, imperialisti, hanno avuto interesse a mettere in primo piano la guerra dei razzi e la reazione, per loro legittima, dei bombardamenti delle città, anche se comporta il massacro di donne e bambini a Gaza. L’obiettivo della propaganda è coprire la vera novità: la guerra civile in Israele. Da una settimana è in atto, è stata innescata dallo sfratto forzato di famiglie palestinesi dalle loro case a Gerusalemme Est. Chi combatte per le strade sono i giovani palestinesi, operai degli strati più bassi, disoccupati e poveri. La borghesia israeliana se la deve vedere prima di tutto sul suo territorio, nelle sue città, con una forza sociale radicata e ramificata che può chiedere ed avere il sostegno anche dal proletariato ebreo che vive le stesse condizioni di miseria ed oppressione.
3. Questa novità, di una lotta di classe nella stessa Israele, è stata di fatto messa in secondo piano da uno scontro sul piano militare che si presenta come guerra fra due governi, due stati. Uno imperialista, l’altro oppresso, ma sempre due entità nazionali, uno scontro che spinge necessariamente all’unità di tutte le classi contro il comune nemico. Così il proletariato israeliano sotto i razzi di Hamas si schiera tendenzialmente col proprio governo, così il proletariato palestinese si mette nelle mani di Hamas e dietro questo nelle mani dei suoi padrini, la borghesia iraniana, egiziana e turca. Per noi operai che sappiamo che ogni popolo, ogni nazione è divisa in classi sociali di cui una ne sfrutta un’altra non possiamo fare a meno di puntare all’unificazione, in un unico patto d’azione, degli operai palestinesi e dei loro fratelli israeliani.
4. Per questo, come operai, siamo a fianco dei palestinesi che combattono per le strade di Israele contro un governo fascista che li deporta da una zona all’altra, siamo a chiedere la solidarietà dei proletari ebrei contro la polizia che carica i manifestanti palestinesi. Siamo convinti che gli operai, anche quelli di religione ebraica, possono capire che opprimere un popolo produce reazioni che non devono essere accollate a chi resiste a questa oppressione ma a chi la esercita. I razzi di Hamas su Israele sono il prezzo che il governo israeliano fa pagare ai propri cittadini per l’oppressione che ha esercitato per decenni sul popolo palestinese. Come operai salutiamo la nuova coscienza che si fa strada nelle città in rivolta, saranno i proletari arabi e i proletari di Israele che, uniti nella lotta contro il comune sfruttatore, il governo e lo stato guidato da Netanyahu, potranno risolvere il problema palestinese. Non certo gli appelli del papa o le manovre diplomatiche internazionali e tantomeno le generiche e stanche attestazioni di solidarietà ai palestinesi che non costano nulla e salvano la coscienza di tutti.
Nella guerra dei razzi la superiorità militare dello Stato israeliano, usata per massacrare la popolazione civile a Gaza, è schiacciante, ma nella guerra civile che si combatte nelle città di Israele, nelle sommosse dei proletari palestinesi la situazione può essere rovesciata. Il sostegno a questo movimento è per noi operai il primo fondamentale compito.
E. A.
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