Mentre ci sono sempre più giovani che criticano la situazione in fabbrica e l’inerzia dei sindacati confederali, vecchie anime, che, in cambio di qualche privilegio, hanno scelto di stare dalla parte di questi burocrati, vorrebbero ridurli al silenzio. Ma non ci riusciranno.
In passato, grazie a un patto fra Marchionne e Renzi, furono assunti a Melfi centinaia di giovani operai. Servivano braccia forti e fresche per reggere ai ritmi massacranti della fabbrica che ha già storpiato tanti della vecchia guardia. Marchionne attese per assumerli che fosse approvata la legge sui licenziamenti facili, il Jobs Act, in modo da poter meglio ricattarli. E così questi giovani operai furono assegnati a lavoro con le famose tutele crescenti. Molte di queste assunzioni furono gestite e indicate al padrone dalla burocrazia sindacale, da politici, dagli agenti del padrone ma anche dalla stessa aristocrazia operaia attraverso tante RSA. I giovani assunti, anche in base alle indicazioni giunte, furono assegnati in fabbrica alle diverse mansioni. Alcuni di questi operai furono assegnati a lavori più leggeri, altri operai, senza santi importanti in paradiso, a lavori più pesanti e sulla linea di montaggio. Quando gli operai entrano in fabbrica pur consapevoli di essere stati “raccomandati” o “indicati” da vari soggetti compiacenti e legati al padrone, vivono sulla propria pelle una situazione particolare che solo noi operai possiamo capire e che tende a peggiorare sempre di più. Alcuni di loro hanno iniziato così ad alzare la testa, hanno iniziato a farsi sentire, all’inizio soprattutto esprimendo il proprio pensiero, cosa che all’inizio, ricattati, non facevano. Ma questa cosa a moltissimi elementi dà fastidio e non piace allo stesso padrone. Molte volte in alcune fabbriche basta che un operaio assunto da un’agenzia interinale esprima un proprio pensiero in assemblea, criticando il sindacato o gli agenti del padrone, per non vederlo più in fabbrica. Anche solo la “lamentela” e la “denuncia” fatta dagli operai, dà a molti fastidio. C’è chi invece di sostenere gli operai nei ragionamenti che mettono al centro gli interessi operai, cerca di denigrarli per dare forza e servire la propria parrocchia sindacale. Se andiamo a scavare più a fondo, ma molte volte, basta anche solo chiedere agli operai, si arriva a capire che proprio quelli che tentano di denigrare gli operai che hanno un’autonomia mentale e il coraggio di alzare la testa ed esprimere un proprio pensiero critico, sono proprio quelli che all’interno di un sistema corrotto e di servitù hanno avuto piaceri e assunzioni in famiglia e promesse di eventuali altre assunzioni. Elementi culturalmente servili che nel corso del tempo e della storia che si perpetua di volta in volta hanno fatto assumere dal padrone parenti e amici e si sono fatti piazzare in postazioni migliori. Se fosse possibile questi elementi farebbero assumere nel servizio di vigilanza anche il cane che hanno a casa o in campagna.
Molti di questi personaggi, per dimostrare il proprio servilismo, arrivano a provocare gli operai più combattivi affinché essi ci caschino e questa cosa possa servire al padrone per metterli fuori dalla fabbrica. Una brutta cosa è il servilismo e l’opportunismo operaio con cui bisogna lottare. Stanno con i sindacati più filopadronali, non danno nessuna risposta alle denunce fatte dagli operai eppure per motivi strettamente strumentali provocatoriamente chiedono agli operai più sfruttati di non lamentarsi e fare invece proposte.
La faccio io una proposta a nome anche degli altri operai sfruttati: sulla linea che vogliono fermare si producessero motozappe per mandare a lavorare nei campi incolti tutta quella massa che vive beatamente sulle spalle di noi operai. Sarebbe un inizio, non troverebbe d’accordo sicuramente i servi, ma gli operai che vivono determinate condizioni sicuramente sarebbero d’accordo. Non ci può essere accordo fra interessi così diversi e contrapposti e quello che sto scrivendo sicuramente non piacerà a tutti.
Alcuni operai giovani dello stabilimento Stellantis e Indotto sabato 15 maggio, mettendo da parte bandiere e bandierine, hanno organizzato autonomamente una riunione presso la fabbrica Stellantis. Questa riunione è stata voluta dagli operai perché da voci sempre più insistenti si prospettano cose non buone, fra cui il fermo di una linea, il ricorso sempre maggiore alla cassa integrazione con il taglio del salario, il continuo aumento dei ritmi e carichi di lavoro e gli operai hanno invitato tutti a partecipare. La burocrazia sindacale delle federazioni di categoria invece di rispondere all’appello non ha partecipato, così come anche la stragrande maggioranza della Rsa, legata mani e piedi alla propria parrocchia sindacale.
L’iniziativa operaia è stata un’iniziativa autonoma e indipendente da ogni sigla sindacale e su questo non ci sono dubbi. E’ vano il tentativo di chi, per screditare l’assemblea, ha fatto leva sui soliti comunicati di adesione di piccole parrocchiette sindacali, per catalogarla come organizzata da congreghe concorrenti. L’azione autonoma degli operai fa capire che sta finendo l’epoca delle divisioni fra parrocchie, fra chi vuole mettersi la medaglietta e chi vuole calunniare, tutti a fare la gara per la propria tifoseria.
La burocrazia sindacale confederale, tallonata e spronata dagli operai ad agire contro i piani aziendali, ha organizzato una manifestazione nello stesso posto sabato 22 maggio con striscioni, bandiere, cappelli e cappellini di diversi colori a seconda delle parrocchie, guardandosi bene dal porre i problemi su cui gli operai avevano discusso nell’altra assemblea e chiedendo in pratica solo altri soldi per il padrone. Visto il numero di tesserati e di delegati di questi sindacati, l’assemblea ha visto una scarsa partecipazione. La divisione per parrocchie ancora è presente in fabbrica, ma le iniziative autonome di questi operai danno il segnale che il clima sta cambiando.
Crocco, operaio di Melfi
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