Vent’anni fa i “fatti di Genova”. A Genova, in quei giorni, ci furono anche alcuni compagni legati a Operai Contro, e diversi furono i volantini e gli articoli che furono prodotti. A vent’anni di distanza dagli avvenimenti, il giornale ripubblica quegli scritti. Utili per conoscere una posizione di parte operaia su quello che successe a Genova.
Vent’anni fa i “fatti di Genova”. I giorni delle contestazioni al G8, i giorni della “macelleria messicana” dove migliaia di giovani disarmati e pacifici furono sistematicamente massacrati dalle “forze dell’ordine” al servizio dei padroni del mondo.
I personaggi politici che ebbero un ruolo allora, dalla parte dello stato, sopravvivono ancora bene, anche se le loro carriere di uomini di potere hanno rispecchiato la loro mediocrità e meschinità.
Delle cosiddette “forze dell’ordine” che agirono all’epoca, un muro di omertà ha salvato quasi tutti da conseguenze penali nei vari processi che si sono intentati per le violenze di piazza, a Bolzaneto, nella scuola Diaz. Solo qualcuno ha subito condanne di poco conto. La maggior parte ha continuato a ricoprire cariche importanti nello stesso settore, o addirittura a fare carriera ad un livello superiore. Chi li doveva condannare? Lo stesso stato che aveva detto loro di reprimere senza pietà i giovani che manifestavano?
A Genova l’idea che tutti uniti, indipendentemente dalle differenze di classe, si potesse marciare in modo pacifico e protestare contro gli aspetti più appariscenti dei guasti dell’attuale società, ambiente, fame, sottosviluppo, e riuscire a cambiare le cose con questa semplice mobilitazione, si è dimostrata fallimentare.
A quell’appello risposero però, migliaia di giovani, in gran parte studenti, ma anche molti giovani operai. Era il loro primo approccio alla politica ed ebbero una lezione terribile, che molti di loro non dimenticheranno più. Era questo l’intento della “macelleria messicana” organizzata dallo stato: dare una lezione definitiva a quei giovani, terrorizzarli.
La responsabilità fondamentale di quelli che organizzarono quell’appuntamento, i capi politici del movimento di allora, fu proprio questa: esporre una generazione che dava segni di risveglio dopo anni di lavaggio di cervello berlusconiano, alla rappresaglia feroce del sistema repressivo dei padroni, portandoli inermi in piazza con l’illusione che il mondo potesse essere cambiato con i “buoni propositi”.
“Il movimento nella sua vecchia forma è finito”, dichiarammo a caldo in quei giorni. Abbiamo avuto ragione. L’epoca delle manifestazioni oceaniche e pacifiche interclassiste era finito e non solo perché oramai impotenti a condizionare lo stato, ma anche perché la violenza repressiva dello stato e la rabbia sociale degli oppressi immancabilmente trovavano lì occasione di manifestarsi. L’ultimo tentativo di riesumare questa pratica, il 15 ottobre 2011 a Roma col movimento degli “indignati”, sfociò infatti in violenti scontri di massa.
Non accettammo allora di accodarci con chi voleva separare i manifestanti “buoni” da quelli “cattivi”. Affermammo che “a Genova ha manifestato un nuovo movimento che non si fa imbrigliare da vecchie gabbie politiche, voleva protestare e lo ha fatto accettando lo scontro”. E così concludemmo: “Dei combattenti di strada di Genova e per primo di Carlo se ne assume la responsabilità politica la classe degli operai. La classe degli operai o è rivoluzionaria o non è niente, così diceva un teorico del secolo passato, e una classe rivoluzionaria può abbandonare in mano ai borghesi una gioventù che ha protestato contro la prepotenza dei padroni del mondo e si è scontrata con la loro forza armata? Mai”.
A Genova, in quei giorni, ci furono anche alcuni compagni legati a Operai Contro, e diversi furono i volantini e gli articoli che furono prodotti.
A vent’anni di distanza dagli avvenimenti, il giornale ripubblica quegli scritti.
Utili per conoscere una posizione di parte operaia su quello che successe a Genova.
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